Tempo scaduto. L’isola di fronte alla baia di Nerano e al fiordo di Crapolla, nelle acque di Massa Lubrense, comune della città metropolitana di Napoli, cambia proprietà. Ancora una volta. Fino alla fine degli Anni Quaranta del Novecento di Vittorio Astarita, figlio di uno dei più grandi banchieri e industriali napoletani tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. E poi di Eduardo De Filippo e quindi del figlio Luca. Infine dei titolari dell’Antica Sartoria di Positano, sulle cui intenzioni riguardo al futuro utilizzo dell’area non esistono certezze. Quello su cui non esiste più alcun dubbio è che la compravendita perfezionata lo scorso settembre diventa esecutiva. Dopo che sono trascorsi i sessanta giorni che il vincolo apposto dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Napoli alla fine dello scorso settembre concedeva allo Stato e alla Regione per esercitare il diritto di prelazione. Un vincolo più che motivato. Sia dal punto di vista naturalistico che da quello storico-archeologico. I 30mila metri quadrati sui quali è presente l’edificio abitativo da 350 metri quadrati sono caratterizzati da una vegetazione mediterranea di particolare pregio e provvisti di diverse cavità naturali marine, tra cui una di grandi dimensioni. In aggiunta qui nidifica il gabbiano corso. Non solo. Rimangono i resti di una villa maritima di età romana, documentati dalla locale sede dell’archeoclub, ma noti già dagli anni Quaranta del Novecento.
Artefice di questo estremo tentativo il sindaco di Massa Lubrense, Lorenzo Balducelli, che già in precedenza, a novembre 2021, insieme al Presidente dell’Area protetta Punta Campanella, Lucio Cacace, aveva provato a trovare una soluzione differente alla questione. Scrivendo al Ministero dell’Ambiente perché finanziasse l’acquisto esercitando il diritto di prelazione assicurato dalla legge sui parchi, dal momento che l’isola si trova in zona B dell’Area Marina Protetta. Costo dell’operazione: 10,5 milioni di euro. Che però il Ministero sostiene di non avere nella sua disponibilità. Nonostante l’informazione, anche nazionale, dia visibilità alla questione che è sostenuta a gran voce da diversi comitati, non solo locali. “Una identità quella dell’isolotto d’Isca, che va salvaguardata da qualsiasi tipo di possibile, futura speculazione”, sostiene Laura Cuomo, Presidente dell’Associazione “La Grande Onda”.”Un bene naturalistico così importante come l’isolotto de l’Isca deve essere patrimonio di tutti”, argomenta Francesco Gargiulo, Presidente del movimento civico sorrentino “Conta anche Tu”. Dello stesso avviso Enrico Aprea, responsabile dell’associazione “Cittadinanza Attiva Terre delle Sirene”, secondo cui “cambiare la destinazione d’uso di un bene storico-culturale con emergenze archeologiche è da impedire a tutti i costi per evitare un ulteriore massacro del territorio”. Appelli caduti nel nulla. Quindi, partita chiusa? Neppure per idea. Il vincolo offre allo Stato e agli Enti territoriali il diritto di prelazione. Così il sindaco di Massa Lubrense scrive ancora. Questa volta al Ministro Dario Franceschini, al Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ed al sindaco della Città Metropolitana Gaetano Manfredi, facendo presente che il Comune che amministra non ha i fondi necessari per acquistarla ma chiede in modo accorato che l’Isca, l’Isola di Eduardo, “sia annoverata tra i beni pubblici, patrimonio non solo di Massa Lubrense ma dell’Italia e del mondo intero”. Invece, niente da fare. Il tempo è scaduto. L’isolotto che forse ispirò Eduardo nella traduzione de “La tempesta” di Shakespeare, e più recentemente è stato utilizzato come ambientazione di alcune sequenze del film di Paolo Sorrentino “E’ stata la mano di Dio” rimane “privato”. La sensazione è che lo Stato abbia perso un’occasione per trasformarlo in un Bene Comune.