Giustizia & Impunità

Pestaggi nel carcere di Sollicciano, agenti condannati per lesioni aggravate. Reato di tortura derubricato

La decisione è del giudice per l'udienza preliminare, Silvia Romeo, che ha condannato, in abbreviato, un’ispettrice della penitenziaria e altri otto agenti a pene fino a 3 anni e 6 mesi. Caduti alcuni episodi di falso e calunnia

L’8 gennaio dell’anno scorso gli arresti con l’accusa di tortura, ma questo reato è stato derubricato in lesioni per gli agenti in servizio nel carcere di Sollicciano (Firenze). La decisione è del giudice per l’udienza preliminare, Silvia Romeo, che ha condannato, in abbreviato, un’ispettrice della penitenziaria e altri otto agenti a pene fino a 3 anni e 6 mesi. Caduti alcuni episodi di falso e calunnia. Assolto un agente, che aveva chiesto l’abbreviato, e prosciolti due medici in servizio nel carcere, accusati di aver raccontato un’altra versione su due detenuti aggrediti. La procura aveva chiesto otto anni per l’ispettrice, ritenendola l’istigatrice dei pestaggi, e pene tra 1 e 7 anni per gli altri imputati. Secondo l’accusa l’ufficio dell’ispettrice penitenziaria sarebbe stato usato come luogo di violenze per punire detenuti con pestaggi e umiliazioni.

La procura, che aveva ottenuto nove misure cautelari per gli indagati, aveva ricostruito che il 27 aprile 2019 un detenuto di origine marocchina, colpevole di aver risposto male a un agente, sarebbe stato condotto nell’ufficio e picchiato con violenza da almeno sette agenti. Prima sarebbe stato colpito con pugni, schiaffi e calci fino a impedirgli di respirare, poi in due gli sarebbero saliti sulla schiena e lo avrebbero ammanettato, per poi portarlo in una stanza di isolamento. Qui l’uomo sarebbe stato costretto a togliersi i vestiti e a rimanere nudo davanti agli agenti per circa tre minuti, prima di essere portato in infermeria. Sempre secondo le ricostruzioni del pm, per coprire il pestaggio avvenuto davanti a lei nel suo ufficio, l’ispettrice avrebbe redatto una relazione in cui dichiarava che i colleghi erano stati costretti a intervenire perché il marocchino aveva cercato di aggredirla sessualmente. In un’altra circostanza, non collegata a questo episodio, parlando di un altro detenuto, straniero, gli agenti lo avrebbero definito “un cammello”, che deve essere “trattato come un cammello”. Inoltre, sempre dagli atti, nel dicembre del 2018 un altro detenuto, italiano, sarebbe stato immobilizzato da otto agenti nell’ufficio del capoposto e picchiato fino a perforargli un timpano.