A vedere Bruno Petkovic che si gira e di sinistro al 118esimo riagguanta il Brasile, aprendo la strada per la semifinale alla Croazia non può non scappare un “Ti ricordi?”. Già, perché parlando di calciatori croati che nella loro esperienza di club in Italia non sono stati granché fortunati per poi diventare eroici con la nazionale ai mondiali non si può non pensare ad Aljosa Asanovic.
Petkovic in Italia ha una lunga esperienza, a parte la parentesi col Trapani in Serie B non ha impressionato. Per Asanovic invece solo pochi mesi col Napoli in Serie A tutt’altro che positivi, sebbene con diverse attenuanti.

Spalatino doc Asanovic, diversamente da Petkovic, nasce nel 1965 e inizia subito a giocare a calcio nelle giovanili dell’Hajduk, che però prima di farlo esordire lo manda a farsi le ossa nella seconda squadra cittadina, il Radnicki. Torna alla casa madre nell’84 e nell’87 vince una storica Coppa di Jugoslavia battendo in semifinale la ben più attrezzata Stella Rossa e in finale il Rijeka, mettendo a segno il primo di una serie interminabile di undici rigori che consegnerà la vittoria all’Hajduk. È un centrocampista massiccio (un metro e 85) ma con ottima tecnica e un grande sinistro: quando inizia la diaspora dalla Jugoslavia dei campioni anche Aljosa parte, accasandosi al Metz, dove disputa un’ottima stagione da 13 gol in 35 partite risultando miglior marcatore della squadra. Passa al Cannes nella stagione successiva, con la squadra che però retrocede pur con l’apporto di Aljosa che segna sei gol e resta in Division 1 col Montpellier, dove disputa due stagioni. Intanto, dopo aver debuttato con la Jugoslavia, diventa un punto fermo della nuova nazionale della Croazia, segnando un gol che rimarrà della storia: il primo dei biancorossi in una gara ufficiale, l’amichevole contro gli Stati Uniti.

Dopo l’esperienza francese rientra in patria, all’Hajduk, dove vince il campionato croato e la Coppa di Croazia rivelandosi ancora una volta decisivo, segnando in finale sia all’andata che al ritorno. È un calciatore tuttavia troppo forte per restare nel campionato croato, così vola prima in Spagna, per una breve esperienza nel Valladolid e poi in Inghilterra nel neopromosso Derby County. Titolare fisso nella prima stagione, nella seconda trova meno spazio e a novembre del ’97 accetta la corte del Napoli, inguaiatissimo in Serie A e già al terzo allenatore, Galeone. Il croato arriva con la benedizione dei compagni di squadra italiani al Derby, Baiano ed Eranio, che rassicurano sulle sue qualità, e di Galeone che afferma di seguirlo da ragazzino e che a parte qualche chilo in più Asanovic rappresenta un lusso assoluto per quella squadra che è già inesorabilmente ultima in classifica.

Qualche giornale esagera, con previsioni di gol per ogni punizione calciata col sinistro. La realtà è che Asanovic arriva fuori forma e in una barca in pieno naufragio più che in tempesta: non segna, né su punizione né in altro modo (ci va vicino contro la Lazio, ma nulla di più) e quando Galeone viene esonerato finisce in panchina. L’esperienza napoletana gli è utile per preparare i mondiali del ’98 in Francia, i primi della storia della Croazia, dove la musica per Asanovic cambia radicalmente. Nel girone con Argentina, Giamaica e Giappone, Suker e compagni rispettano il pronostico qualificandosi come secondi, con Asanovic sempre tra i migiliori, in coppia con Boban a centrocampo. Agli Ottavi contro la Romania è decisivo: si conquista il rigore che Davor Suker trasformerà per due volte, portando la squadra ai quarti contro la Germania.

Ed è memorabile la notte di Lione per la Croazia: Jarni, ex compagno di Asanovic all’Hajduk, segna il gol del vantaggio, Vlaovic e Suker completano l’impresa e Aljosa è ancora una volta tra i migliori. Sogna il popolo croato quando Asanovic nella semifinale contro i padroni di casa della Francia si inventa un passaggio filtrante per Suker che si ritrova a tu per tu con Barthez e lo fredda, gelando Saint Denis. Una doppietta di Thuram vanificherà gli sforzi dei croati, che vinceranno la finalina per il terzo e quarto posto contro l’Olanda. Dal Napoli Asanovic passa al Panathinaikos dove resta per due stagioni, per poi passare all’Austria Vienna, avere una breve parentesi in Australia, al Sidney, e chiudere la carriera nel 2002 all’Hajduk Spalato. È stato a lungo secondo dell’amico e collega Slaven Bilic e oggi è commissario tecnico dello Zambia. E chissà se guardando Petkovic girarsi avrà ripensato a quel lancio per Suker 24 anni fa.

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