Lo scorso 18 novembre vi avevamo annunciato la nostra folle iniziativa, nella speranza che una squadra etichettata come sfavorita potesse "tradire il canovaccio prestabilito". Per questo abbiamo seguito passo dopo passo la prima nazionale africana ad arrivare fino alla semifinale della Coppa del Mondo, emozionandoci insieme alla comunità marocchina in Italia
A quanto pare siamo gli unici a non aver ricevuto mazzette dal Marocco. Scherzi (e inchieste) a parte, siamo stati sicuramente gli unici a credere fin dall’inizio nell’avventura della nazionale marocchina ai Mondiali in Qatar. “Ilfattoquotidiano.it tifa Marocco”: lo scorso 18 novembre vi avevamo annunciato la nostra folle iniziativa, nella speranza che una squadra etichettata come sfavorita potesse “tradire il canovaccio prestabilito”. Sì, così avevamo scritto e così è andata: il Marocco ha scritto la storia del pallone, diventando la prima nazionale africana ad arrivare fino alla semifinale dei Mondiali. Noi lo abbiamo seguito passo dopo passo, emozionandoci insieme alla comunità marocchina in Italia, che ha dimostrato di aver apprezzato la nostra iniziativa. Perché, come ci ha detto Saif Abouabid, esponente delle seconde generazioni in Italia, è “qualcosa che fa sentire gli ‘stranieri’ meno stranieri, che li fa sentire parte di una comunità, oltre i pregiudizi”. Nel mezzo di una Coppa del Mondo caratterizzata dai diritti negati, dagli operai morti, dalla corruzione arrivata fino al Parlamento europeo (anche per mano dei servizi segreti marocchini), questa è stata la nostra piccola vittoria.
L’iniziativa è stata un gesto di “pura ribellione calcistica” e di servizio verso una comunità. È bene ricordarlo subito: il nostro sostegno ha riguardato esclusivamente la nazionale di calcio del Marocco, non di certo i suoi governanti (le mazzette in Ue sono lì a dimostrarlo). Tant’è che abbiamo voluto sfruttare l’occasione per riaccendere un faro sui diritti negati del popolo Saharawi e sulla violenta repressione che il Marocco porta avanti nel Sahara occidentale. Ma anche per raccontare i marocchini in Italia oltre quel velo di pregiudizi che si portano dietro fin dagli anni 80, nonostante siano diventati la comunità straniera con il maggior numero di imprenditori. Nel frattempo vi avevamo subito avvisati, prima della partita d’esordio contro la Croazia: il Marocco può stupire, non c’è solo il talento di Hakimi e Ziyech. Nessuno ci credeva, noi abbiamo atteso fiduciosi i primi 90 minuti: è arrivato un ottimo pareggio senza gol, che però nella narrazione dei giornali è stato annacquato dalle vittorie di Arabia Saudita e Giappone contro Argentina e Germania. Per gli altri erano loro le possibile sorprese del Mondiale.
Mentre anche i tifosi marocchini ci aiutavano a sconfiggere i pregiudizi pulendo gli spalti dopo la partita, noi ci siamo messi a studiare la sfida al Belgio. E prima di tutti vi abbiamo presentato il ct dei Leoni dell’Atlante, quel Walid Regragui che ora viene osannato da mezzo mondo ma che in realtà era finito sulla panchina marocchina appena due mesi prima solo grazie a un “no” di Walter Mazzarri. E ancora la storia di El Khanouss, il talentino 18enne che poteva giocare per il Belgio ma ha scelto il Marocco: non è mai sceso in campo in questi Mondiali, ma incarna lo spirito di una nazionale che conta su 13 giocatori nati all’estero. Il blocco “europeo” unito alla solidità difensiva data da Regragui ha subito portato i suoi frutti proprio contro il Belgio: un incredibile 2 a 0 che di fatto ha eliminato i Diavoli Rossi e lanciato i Leoni dell’Atlante verso nuove prospettive.
La vittoria del Marocco ha provocato i brutti incidenti a Bruxelles, ma anche i primi caroselli per le vie di Milano. Oltre alla violenza (sempre da condannare), abbiamo però spiegato quel ruolo importante di emancipazione sociale che svolge il calcio in Marocco e in generale in tutti Paesi che sono state vittima delle colonizzazioni europee. Pensate che il Wydad e il Raja, le due squadre più forti che militano nel Botola, simboleggiano la resistenza marocchina fin dal loro nome: se Wydad significa “amore” in arabo, Raja vuol dire “speranza“. Abbiamo raccontato anche, molto prima di tutti gli altri, come l’exploit dei Leoni dell’Atlante non fosse il frutto del caso, ma di una programmazione che prosegue da anni grazie a un’Accademia giovanile all’avanguardia, che ha prodotto tra gli altri il 22enne Azzedine Ounahi, finito adesso sul taccuino dei dirigenti di mezza Europa. Nel frattempo, eravamo lì a fare i calcoli per capire quali combinazioni avrebbero permesso al Marocco di passare il turno. Non ce n’è stato bisogno: il 2 a 1 al Canada ha sancito uno straordinario primo posto nel girone più difficile dei Mondiali.
In quel momento, mentre a Milano l’entusiasmo cresceva, ancora in pochi erano disposti a salire sul carro del Marocco, anche perché nel frattempo la Spagna con una strana sconfitta aveva evitato la Croazia per finire agli ottavi proprio contro la squadra di Regragui. Per questo ci siamo concessi anche una parentesi culinaria, spiegandovi cosa sono i Fekkas, tipici “biscotti” marocchini. Tutti davano il Marocco per spacciato, noi inseguivamo il sogno di un’altra sorpresa e quello del nostro nuovo amico, Yassin. Un italo-marocchino partito per il Qatar insieme a tre amici per un incredibile viaggio dopo aver concluso da pochi mesi la chemioterapia. Ci ha chiesto aiuto per raccogliere i soldi necessari ad acquistare i biglietti per gli ottavi di finale: il Marocco aveva già fatto la storia solo arrivando fin lì, non voleva mancare. E così è avvenuto il doppio miracolo: in campo i Leoni dell’Atlante hanno addormentato il tiki-taka spagnolo, vincendo ai calci di rigore dopo una stoica resistenza. Sugli spalti Yassin ha potuto coronare il suo sogno, ringraziando con un video tutti i lettori de ilfattoquotidiano.it che lo hanno sostenuto.
Mentre in molte città italiane, da Milano a Torino, esplodeva la festa, anche nella redazione de ilfattoquotidiano.it crescevano l’orgoglio e la soddisfazione per la qualificazione ai quarti di una squadra che solo noi avevamo previsto tra le possibili outsider. La festa dei marocchini, già, ha creato anche qualche malumore. Eppure i fatti più gravi si sono verificati a Verona e a La Spezia, dove alcuni gruppi di estremisti hanno aggredito e picchiato i tifosi che festeggiavano la qualificazione. Intanto all’orizzonte la sfida al Portogallo: con le altre testate impegnate a sviscerare il caso Ronaldo, noi ci siamo concentrati sul ruolo chiave di Sofyan Amrabat nelle geometrie del Marocco. E pure sulla validità della proposta di gioco di Regragui: una squadra capace di prendere appena un autogol in 4 partite dei Mondiali. Infatti, grazie proprio a una difesa granitica, è arrivata un’altra impresa contro i portoghesi: 1 a 0, incornata di En Nesyri e Marocco in semifinale.
Già, la prima squadra africana ad arrivare tra le prime quattro della Coppa del Mondo. Con tutti gli altri giornali – sportivi e non – a salire sul carro, lì dove ilfattoquotidiano.it era fin dall’inizio. Nel frattempo abbiamo ricevuto con enorme piacere i complimenti di Andrea Stramaccioni, l’allenatore che durante i Mondiali è stata la più bella scoperta televisiva da seconda voce delle telecronache Rai. E abbiamo fatto un’intervista altrettanto sfiziosa a un ristorante di Porto Recanati che aveva creato la pizza “Walid Cheddira“. Ma si avvicinava anche la sfida alla Francia, una partita capace di andare oltre il calcio: la cavalcata ai Mondiali del Marocco è infatti diventata un simbolo, una rivincita anticoloniale. Capace di risvegliare l’orgoglio di un continente, l’Africa, e di un popolo, quello arabo. Capace anche di creare quanto meno un tentativo di connessione perfino tra palestinesi e israeliani, con la storica prima pagina del Jerusalem Post: “Siamo tutti marocchini”.
Vi avevamo però anche avvertiti: per sperare in un’impresa anche contro Mbappé e compagni, il capitano della squadra, il “Maldini marocchino” Romain Saïss, avrebbe dovuto essere in ottime condizioni. E, con o senza di lui, il fortino del Marocco avrebbe dovuto reggere per lo meno nel primo tempo della semifinale. Invece dopo quattro minuti la Francia è subito passata in vantaggio e poco dopo Saïss ha dovuto alzare bandiera bianca per infortunio. Così l’epilogo era segnato: vittoria per 2 a 0 dei transalpini, nonostante un grande Marocco. Senza nascondere il rammarico, poco importa perché il torneo del Marocco ha comunque lasciato un segno indelebile nella storia del calcio e non solo, come dimostra il nostro racconto da Ventimiglia, dove italiani e marocchini hanno assistito insieme alla semifinale.
Questo pomeriggio la finalina contro la Croazia dirà se il Marocco chiuderà la sua avventura al terzo o al quarto posto. Comunque vada, è stato un viaggio straordinario che ilfattoquotidiano.it vi ha raccontato fin dalla prima puntata. Ed è un piacere terminare con un messaggio inviato alla redazione da Rajaà, un’infermiera della provincia di Siena. Ci ha chiesto di pubblicarlo, lo facciamo volentieri: “Sono cittadina italiana ma come dice il mio nome sono nata e cresciuta in Marocco. Non so se mai pubblicherete questa mia mail, spero di sì perché voglio ringraziarvi pubblicamente per il supporto che avete dato alla nazionale del Marocco sin dall’inizio del Mondiale. Questo sostegno lo sento profondo e dopo aver esultato con l’Italia nel 2006 e nel 2021 vorrei accarezzare un nuovo sogno, impossibile, impensabile e per questo ancora più bello! Grazie, grazie grazie!”. Il sogno si è fermato alla finalina, ma non per questo è stato meno bello.