Dunque, è ufficiale: grazie al voto di 3.078 aderenti (64% dei votanti) il Movimento 5 stelle lombardo ha dato il via libera all’alleanza con Pierfrancesco Majorino e il Pd per le prossime elezioni regionali. Non credo fosse un risultato scontato. Le distanze che, al momento, separano il Pd dai 5 Stelle a livello nazionale erano e sono notevoli. E’ da mesi che i canali di comunicazione fra i due partiti sono sostanzialmente interrotti. Le prospettive di una collaborazione fra M5s e Pd erano state già gravemente minate nella primavera scorsa a causa dell’atteggiamento apparentemente neutrale – in realtà compiacente – che era stato assunto dai vertici nazionali del Pd a fronte delle iniziative scissionistiche Luigi Di Maio e dei suoi accoliti.

Sembra passata una vita, ma era solo sei mesi fa. E si tratta di vicende e comportamenti che in politica possono lasciare ferite difficilmente rimarginabili. La campagna per le elezioni politiche del settembre scorso ha poi accentuato divisioni, scontri e rivalità, portando alla luce divergenze sostanziali su questioni di particolare rilevanza. In primis, il giudizio sul governo Draghi e le questioni legate ai temi del riarmo e dei rapporti con la Nato.

Negli ultimi giorni è infine scoppiata la vicenda Panzeri che ha fatto emergere fatti di una gravità inaudita. Non era per nulla da escludere che coloro che sono nati al grido “onestà/onestà” scegliessero di cavalcare l’ondata di sdegno e di insofferenza verso un partito che, avendo “abbassato le soglie di sorveglianza” (cit. Gianni Cuperlo), oggi occupa le prime pagine dei giornali con le vicende di parlamentari dediti ad azioni corruttive e all’uso privato delle cariche pubbliche.

Non da ultimo dobbiamo, purtroppo, rilevare che il congresso in corso non sta in alcun modo migliorando l’immagine del Pd, se è vero, come è vero, che i principali contendenti per ora sembrano differenziarsi pochissimo sui contenuti e molto sui nomi dei capicorrente che li sostengono. Per tutte queste ragioni, la scelta dei 5 Stelle di allearsi al Pd non era affatto obbligata. Al contrario, il partito di Conte avrebbe potuto sganciarsi da qualsiasi accordo puntando a fare incetta di voti fra i delusi e gli arrabbiati del Pd e fra quei potenziali astensionisti che già il 25 settembre hanno permesso al Movimento di risalire la china e che, nelle ultime settimane, stando almeno a sondaggi, lo hanno riportato ad essere la seconda forza politica del Paese.

Fortunatamente per l’Italia e soprattutto per i lombardi, la prospettiva dell’autoisolamento è stata scartata dall’ex premier. Si tratta di una scelta maturata considerando diverse ragioni. La prima è senz’altro la consapevolezza che il radicamento elettorale e le potenzialità di consensi che i 5 Stelle hanno in Lombardia sono molto lontani dalle percentuali in doppia cifra che registrano nel Sud Italia. Si aggiunga che nel Movimento, almeno in terra lombarda, non esistono leader conosciuti o quantomeno in grado di spostare masse di voti.

La seconda è che la divisione della destra di Attilio Fontana dal centro-destra di Letizia Moratti crea, per la prima volta negli ultimi 28 anni, una divisione delle forze avversarie e offre su un piatto d’argento la possibilità di vincere. L’altro fattore che ha favorito l’alleanza è da attribuire alle qualità del candidato democratico: Pierfrancesco Majorino ha senz’altro un profilo politico credibile e funzionale ad avviare un dialogo costruttivo con i 5 Stelle: la pazienza, la disponibilità e l’abilità di Majorino nel conquistare la fiducia e il sostegno del Movimento hanno certamente dato il contributo decisivo al perfezionamento di questo accordo.

Non da ultimo, a me piace pensare che il merito principale di questo accordo stia nella lungimiranza che le due forze politiche hanno voluto e saputo dimostrare sedendosi allo stesso tavolo e provando a porre le basi per una collaborazione. Le opzioni erano solo due: quella dell’autoisolamento e della sconfitta sicura. O quella dell’intesa e del tentativo di ripartire insieme per liberare la Lombardia da quel coacervo di partiti e interessi che da tanto, troppo tempo, occupano le stanze del potere lombardo. Il fatto che abbiano scelto la seconda strada è molto positivo. Ora però bisogna fare in modo che gli sforzi compiuti per ritrovare, almeno in Lombardia, un terreno di collaborazione non vengano sprecati.

In primo luogo, bisognerebbe da subito far capire all’elettorato che l’intesa siglata in questi giorni non ha solo finalità elettorali. E bene ha fatto il candidato alla Presidenza ad annunciare che, se anche il 12/13 febbraio dovesse essere sconfitto, rimarrà in Regione Lombardia a guidare con serietà e coerenza l’opposizione. In seconda battuta bisogna credere alla possibilità di vincere. I sondaggi purtroppo, per ora, non sembrano favorevoli. Ma le indagini sull’opinione pubblica devono, per forza di cose, tener conto di una realtà che registra una progressiva disillusione e un costante allontanamento dei cittadini dalla politica e dai partiti (e il Qatargate certo non aiuta).

Una cosa però è certa: se la destra dovesse nuovamente vincere in Lombardia è ragionevole prevedere che quel risultato sarà frutto non già di un allargamento del suo bacino di consenso, ma solamente della capacità di contenere le perdite verso Moratti o l’astensionismo. In quest’ottica, l’intesa Pd-5 stelle può solo aiutare. Innanzitutto, perché consente di rafforzare un’alleanza sciaguratamente rigettata cinque mesi fa. E poi perché unisce forze che, se calibrate al meglio, hanno le potenzialità per smuovere l’elettorato stanco e deluso dal malgoverno della destra lombarda. La radicalizzazione delle differenze con gli avversari è oggi la strada maestra per risvegliare i lombardi dal loro torpore e dalla rassegnata disponibilità a farsi governare per un altro quinquennio da forze politiche che hanno cumulato madornali errori e gravissimi ritardi sulle principali attribuzioni regionali (sanità e trasporto locale).

In conclusione: il Pd e Majorino hanno il dovere di ricambiare la non scontata disponibilità all’alleanza dei 5 Stelle. E devono farlo assicurando attenzione reciproca, collaborazione e dialogo. Serve un’intesa che non abbia solo l’orizzonte temporale della tornata elettorale. Piaccia o no, l’alternativa all’attuale maggioranza di potere può nascere solo dal basso, dal superamento degli egoismi di partito, dalla vicinanza e dalla cooperazione fra alleati, dal dialogo con le famiglie, le imprese, le associazioni che abbiano a cuore un modello di governo e di sviluppo alternativo a quello disegnato dalla destra e dalla sua ruota di scorta morattiana. Majorino e i 5 stelle, con l’accordo siglato in questi giorni, hanno dimostrato di essere sulla strada giusta. Spero davvero che questa intesa sia di buon auspicio per la Lombardia. E per il nostro malandato Paese.

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