La legge del 30 dicembre 2020 n. 240, a cui fanno riferimento i documenti portati in commissione, non esiste. È probabile che si volesse far riferimento alla legge del 2010. Si tratta del secondo "refuso" inserito nel faldone Articolo aggiuntivo 58.0100 presentato domenica sera
Forse è la fretta la causa degli errori presenti nel testo degli emendamenti alla manovra depositati in nottata alla Commissione bilancio. La corsa contro il tempo per non incappare nell’esercizio provvisorio spiegherebbe i “refusi” riscontrati nelle modifiche alla legge di Bilancio. Analizzando l’elenco degli emendamenti, emerge che il governo, dopo aver aumentato di 30 milioni il contributo per le scuole paritarie dal 2023, ha intenzione di intervenire anche sulla distribuzione dei fondi destinati alle università non statali. Ma nel farlo sbaglia il riferimento alla legge da modificare.
L’articolo 101-bis, inserito nel faldone Articolo aggiuntivo 58.0100 presentato domenica sera in commissione, dispone che la percentuale di risorse destinata a “fini premiali” (cioè in relazione ai risultati della didattica e della ricerca) agli Atenei non statali sia adeguata a quella degli Atenei statali. La legislazione attuale (la legge 30 dicembre 2010, n. 240 e il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69) prevede che per le università non statali legalmente riconosciute sia previsto un contributo del 20% contro il 30% che spetta a quelle pubbliche. L’emendamento del governo annulla la differenza: a tutti gli atenei saranno concesse le stesse quote premiali. Ma c’è un problema: l’articolo fa riferimento alla legge 30 dicembre 2020 n. 240. Che non esiste. Il riferimento voleva essere con tutta probabilità alla legge 240 del 2010 che, come detto, disciplina le “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento”.
Il governo, quindi, si è fatto scappare un refuso. Non è il primo di questo documento. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è già stato costretto, infatti, ad “assumersi la responsabilità” di un errore, commesso – ha detto – “dalla Ragioneria”, nell’emendamento del governo sul pos. Nel testo bollinato era prevista la soppressione dell’intero articolo 69 della manovra, quello che, al comma 2, eliminava le sanzioni in caso di rifiuto di pagamenti sotto i 60 euro con moneta elettronica. Il problema è che lo stesso articolo conteneva anche l’innalzamento del tetto al contante a 5mila euro. Il testo è poi stato corretto, prevedendo la soppressione solo del comma 2, ma sul sito della Camera non è stata ancora depositata la nuova versione. Vedremo se la maggioranza ne avrà approfittato per correggere anche il secondo errore da “matita blu”.
Intanto l’opposizione attacca la scelta di aumentare i fondi per le scuole parificate: per il Movimento 5 Stelle è “uno schiaffo in faccia a tutto il mondo della scuola pubblica”.