Una Fifa piegata ha permesso che la premiazione diventasse l'ultimo grande atto di sportwashing del Qatar. Come un pugno in un occhio dopo una finale bellissima
Questi Mondiali non potevano concludersi nel modo migliore dal punto di vista calcistico e nel modo peggiore dal punto di vista politico e simbolico. Con negli occhi le meraviglie della finale più bella di sempre, gli spettatori hanno dovuto assistere all’ennesimo sopruso del Qatar: Leo Messi che alza la Coppa del Mondo al cielo con la maglia dell’Argentina coperta da una tunica nera, il bisht, abito tipico della tradizione araba che solitamente viene indossato in occasioni speciali come matrimoni e feste. È l’emblema del potere dei petroldollari sul calcio e di una Fifa piegata, anzi compiacente, che permette che la premiazione diventi l’ultimo grande atto di sportwashing del Qatar.
Per gli spettatori di tutto il mondo è stato come un pugno in un occhio: dopo 36 anni, l’erede di Diego Armando Maradona era pronto a sollevare la Coppa del Mondo con la stessa maglia numero 10 albiceleste che era stata del Pibe de Oro. Un oggetto sacro per i fedeli del pallone, oscurato da quella tunica nera che con il calcio non c’entra nulla. È come se nel 2006 Fabio Cannavaro avesse indossato i Lederhosen durante la premiazione a Berlino, come se 4 anni fa il francese Hugo Lloris avesse celebrato la vittoria della Francia in Russia indossando un colbacco donatogli da Vladimir Putin.
Una finale bellissima, vinta dall’Argentina ai calci di rigore contro la Francia dopo 6 gol segnati in 120 minuti. Poi il gesto che ricorda a tutti come il Qatar ormai si sia preso il calcio. Dodici anni fa un comitato della Fifa poi travolto dagli scandali decise di assegnare la Coppa del Mondo a quel Paese arabo fino a quel momento periferia del pallone mondiale. Poi l’acquisto del Paris Saint-Germain da parte del fondo sovrano Qatar Investment Authority, con il presidente Nasser Al-Khelaifi che è arrivato a prendersi la presidenza dell’European Club Association e a comprare i due giocatori più forti al mondo, Leo Messi e Kylian Mbappé, che proprio nella finale dei Mondiali hanno regalato uno spettacolo mai visto.
Nonostante le polemiche per quell’assegnazione corrotta, per le violazioni dei diritti umani e per le morti nella costruzione negli stadi, i Mondiali sono rimasti al Qatar, senza che la Fifa e Gianni Infantino battessero ciglio. Anzi, il presidente dell’organo di governo del pallone durante la competizione ha difeso a oltranza il Paese organizzatore. Ha definito le cifre sulle vittime dei lavori “non reali” e ha difeso il suo no alla fascia arcobaleno che volevano indossare i capitani di alcune Nazionali durante i Mondiali, sostenendo di aver protetto il calcio e i suoi tifosi. Infantino è stato compiacente fino all’ultimo con il Qatar, fino a consentire quella tunica nera durante la premiazione. Messi l’ha indossata, gliel’ha regalata il suo datore di lavoro.