I cattolici democratici infuriati per la riscrittura della Carta dei Valori. Al convegno dell'istituto Sturzo platea piena di parlamentari ed ex. Zanda annuncia l'addio al "Comitato costituente": "Mai condiviso il metodo". Letta interviene a sorpresa per sedare gli animi: "Non abbiate paura, tutto passerà dall'assemblea nazionale". Ma l'ex leader Ppi rilancia: "Se torniamo a 20 anni fa, meglio chiudere bottega"
Sono passati tre anni dall’ultima volta, ma a questo giro potrebbe essere più doloroso. Sul Partito Democratico si allunga di nuovo l’ombra della scissione. E in questa occasione non si tratta dell’addio di costole di sinistra (Articolo 1) o di ali liberal-democratiche (Italia Viva e Azione). Ma si tratta di una delle componenti fondative del 2007, quella degli eredi della sinistra democristiana che – insieme a chi rappresenta la tradizione ex comunista – sognavano di creare il soggetto unico di centrosinistra, e autosufficiente. E invece ora che il Pd mette mano alla sua Carta dei Valori, gli ex popolari sono con un piede sulla soglia di casa, con in mano la valigia. A guidare la protesta è Pierluigi Castagnetti, l’ultimo segretario del Ppi e presidente dell’associazione “I Popolari”, il soggetto giuridico erede del partito fondato nel 1919 da don Luigi Sturzo e resuscitato dopo il collasso della Dc per effetto di Tangentopoli e la nascita del bipolarismo. Castagnetti apre il convegno sulla “utilità” dei “Cattolici Democratici nella politica di oggi” con questo ragionamento: se il Pd con la riscrittura della Carta dei valori “cambia natura“, abbandonando la sua natura di “partito in cui si incontrano e si ascoltano culture politiche diverse”, allora gli ex popolari “ne trarrebbero le conseguenze”. Davanti a lui ci sono molti parlamentari in carica ed ex eletti del Pd provenienti dal Ppi: Francesco Saverio Garofani (che è consigliere del presidente della Repubblica Sergio Mattarella), Antonello Soro, Luigi Zanda, Beppe Fioroni, Roberto Di Giovanpaolo, Nico Oliverio, Flavia Nardelli, Ivano Strizzolo, Luigi Meduri, Gianclaudio Bressa, Giampaolo D’Andrea, Bruno Tabacci, Giuseppe Cucca (ex di Italia Viva).
Era stato l’ex ministro Beppe Fioroni, una decina di giorni fa, a esplicitare in modo più chiaro il centro della storia: “Cambiare la Carta dei valori del Pd significa far nascere un nuovo partito – aveva detto – Vediamo cosa uscirà fuori, ma dalle discussioni di questi giorni mi pare che vi sia una forte presa di distanza verso la cultura popolare e cattolico-democratica a favore di una direzione di sinistra. Se così sarà, se il Pd perderà la sua anima plurale, di certo io non ci starò. Non sono disposto ad essere ospite nella casa che ho contribuito a costruire. Se vogliono fare un partito di sinistra, facciano, ma io non ho sciolto la Margherita per finire a fare il gregario di Conte“. L’operazione di “liberi tutti” degli ex dc di sinistra sembra avanzata e ben organizzata. Al punto che rinascerà anche Il Popolo, quotidiano che fu prima della Democrazia Cristiana e poi del Partito Popolare. “Ormai è un segreto di Pulcinella – dice Castagnetti – Il Popolo troverà il modo di uscire”.
Il primo atto concreto sono le dimissioni di Luigi Zanda dal “comitato costituente” del nuovo partito. “Io non ho condiviso la scelta di chiamare ‘costituente’ quella commissione di lavoro in cui sono stato inserito, senza essere stato consultato – dice l’ex senatore al convegno – Ho partecipato alle prime riunioni e poi ho dovuto rassegnare le dimissioni”. Zanda sottolinea che “al di là dei contenuti” non ha “condiviso in modo radicale il metodo”. “Aveva ragione Emanuele Macaluso – riflette – quando diceva che il Pd è stato fatto in fretta. E’ nato senza un’analisi per cui i due partiti fondatori fossero in crisi di consensi e proprio quella crisi è stata forse la spinta maggiore a trovare l’unità. E’ mancato un approfondimento e forse questo sta alla base di una crisi che abbiamo sempre rimandato nel tempo. Sarebbe stato meglio fare una conferenza nazionale, lunga anche un anno, e che il partito potesse avere una fase di passaggio in cui si analizzano le ragioni della nostra crisi”.
Castagnetti, definito spesso come figura vicina al capo dello Stato, ricorda che “non ci siamo mai riuniti alla vigilia di un congresso del Pd perché il nucleo di rappresentanti dell’ultimo congresso del Ppi non ha avuto una responsabilità diretta nella costituzione del Pd, visto che la ebbe la Margherita“. “Lo facciamo questa volta – rileva – perché avvertiamo che questo congresso può assumere decisioni che ne cambiano la natura e possono determinare un oggettivo tradimento di quell’originaria intenzione/intuizione che generò quella che nel 2007 venne percepita dal contesto politico nazionale ed europeo come la novità più significativa dal Dopoguerra. Una novità che indusse il cambiamento del nome dello stesso gruppo parlamentare europeo, che da allora si chiama, appunto, Socialisti e Democratici, e in quel Democratici si riconosceva non una parte ma tutto il Pd”.
L’ex leader del Ppi punta l’indice contro la Commissione costituente che sta riscrivendo la Carta dei valori del Pd, “senza che il gruppo dirigente abbia ricevuto un mandato congressuale per fare questo”. “Vorrei sapere quali sono questi nuovi valori. Quelli che sono nella Carte del 2007 sono stati scritti da Reichlin e da Scoppola, che vi avevano riflettuto bene”. “Qualunque documento produca questo gruppo di persone, non può che essere consegnata alla dirigenza che uscirà dal prossimo congresso, come un contributo al dibattito”. L’avvertimento è diretto: “Lo dico anche a chi ci segue in streaming, e so che ci sono. Se si cambia la natura e si cambia partito i cattolici democratici ne traggono le conseguenze. Non assumo personalmente alcuna iniziativa, ho una età e ho maturato il diritto al divano; ma ci saranno sicuramente coloro che assumeranno una iniziativa”.
A cercare di riportare il dibattito dentro al Pd è Graziano Delrio, ex ministro ed ex capogruppo, reggiano come Castagnetti, presente al convegno dei cattolici democratici: “Noi abbiamo il compito di non demordere, di procedere con decisione, con sapienza, perché il Pd non si perda. Perché se il Pd si perde avremo molti problemi nel Paese e nella società” esorta. “La presenza di persone formate alla scuola del cattolicesimo democratico – sottolinea l’ex sindaco di Reggio – ha permesso al Paese di non naufragare, e il Paese ci è andato vicino. Abbiamo bisogno che la storia venga inverata e il Pd vada avanti. Dobbiamo continuare a procedere con amicizia nel Pd con la convinzione che il nostro seme possa germogliare”.
Ma soprattutto al convegno degli ex Ppi è intervenuto a sorpresa il segretario uscente del Pd Enrico Letta. “Vi invito a non aver paura del dibattito del Comitato costituente, a starci dentro. Il Pd è e sarà lo spazio politico delle nostre idee, il Pd è l’unico soggetto in cui è possibile la messa in campo delle nostre idee scritte in Costituzione”. Letta ha difeso la scelta di far svolgere un congresso preceduto dal lavoro del Comitato costituente, per far sì che il primo “non si risolvesse in un semplice passaggio di testimone tra un segretario e l’altro”. “Occorre – ha insistito – un dibattito approfondito” perché in questi anni, rispetto alla fondazione del Pd nel 2007, una serie di avvenimenti hanno cambiato la realtà, come la guerra in Ucraina, o la rivoluzione digitale, o anche la transizione ecologica: “Questa – ha osservato – non c’è nella nostra Carta fondativa, perché non c’era nel dibattito pubblico”. In ogni caso l’esito del Comitato costituente sarà affidato all’Assemblea nazionale del Pd che “il 22 gennaio “ha la piena titolarità di fare le scelte che crede”.
Ma al di là di questo Letta ha difeso il lavoro del Comitato e dei sottocomitati tematici (anche oggi se ne riuniscono due): “E’ materiale di ottimo livello, all’esterno esce un racconto distruttivo, ma dentro si discute delle sfide che ci portano i tempi nuovi”. Ad esempio, ha aggiunto, “la questione della fraternità che è la vera cosa da mettere al centro. Oggi è tutto fermo alla discussione – giusta – su libertà ed eguaglianza, ma all’uguaglianza non ci si arriva senza la fraternità”.
Immediata la replica di Castagnetti, che pur ringraziando Letta per il suo intervento non programmato ha detto: “Sono parole che apprezziamo, ma contano i fatti: vedremo cosa succederà. Sta di fatto che quello che sui lavori del Comitato è uscito è molto inquietante, per chi si è trovato qui. Se ciò che esce non corrisponde al vero dibattito bisogna dirlo e troncarlo subito. Il dibattito crea condizionamento sul proseguio dei lavori. Si sta creando una convinzione che condiziona, una convinzione a un’idea di regresso. Se torniamo a 20 anni fa, meglio chiudere bottega“.