Lo stadio Meazza è capace di dividere il centrosinistra a Milano e il centrodestra a Roma. Con l’effetto paradossale di mettere sulle stesse posizioni alcuni esponenti dei Verdi e Vittorio Sgarbi. L’ultima mossa del sottosegretario alla Cultura, però, apre uno scenario nuovo e rischia di scrivere l’ennesimo capitolo della battaglia intorno a San Siro. Che Sgarbi fosse contrario all’abbattimento dello stadio per fare spazio al nuovo impianto voluto da Milan e Inter è cosa nota. Ma in una lettera al Corriere della Sera adesso spiega dettagliatamente come intende agire per salvare il Meazza: “Io non impongo, non ordino – è l’incipit del messaggio – leggo le carte del ministero e considero serenamente le ragioni della storia, invocando il rispetto della legge“.
A cosa si riferisce Sgarbi? A quanto stabilirono i Comitati tecnici scientifici del ministero dei Beni culturali ormai nel luglio di due anni fa, quando concordarono “sull’opportunità di avviare un percorso amministrativo relativo ad un provvedimento di tutela” nei confronti dello stadio per via del suo ” valore fortemente simbolico per la città di Milano”. Nella sua lettera, Sgarbi evidenzia che a questa indicazione non è stato dato seguito da parte del Soprintendente: “Andranno anche valutate le misure disciplinari, quando non le indagini giudiziarie, sulla astensione della Soprintendenza rispetto a una indicazione dei Comitati ministeriali, in base alla quale si rileva non è stata ‘in alcun modo approfondita la possibilità di riconoscere allo stadio un interesse storico-identitario o storico-relazionale di cui all’art. 10 comma 3 lettera d del Codice'”.
Secondo Sgarbi, in altre parole, i tecnici del ministero avevano ravvisato la possibilità che sullo stadio Meazza potesse essere posto un vincolo di tutela storico-relazionale, ma la Soprintendenza non ha avviato l’iter per valutare questa strada. Nel febbraio 2019 fu il sindaco Beppe Sala a scrivere alla Soprintendenza per chiedere se sul Meazza ci fosse una qualche tutela storico culturale. La Soprintendente Antonella Ranaldi rispose al sindaco, come si legge nella lettera, “asserendo che le strutture con più di settanta anni, (quelle originarie del 1925-26 e le successive del 1937-39) non essendo più leggibili non le consentivano di avviare la procedura di tutela prescritta dal codice dei Beni Culturali che per gli edifici di quella età è quasi automatica“. In altre parole, l’impianto originario ha più di 70 anni, ma dopo le modifiche – in particolare quelle per i Mondiali del 1990 – non è più riconoscibile. Quindi non può scattare la tutela prevista per gli edifici che appunto hanno più di 70 anni.
Per l’interesse storico-relazionale, però, il requisito dei 70 anni viene a cadere, perché viene posto sugli edifici che ” rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose”, ricorda Sgarbi nella lettera, sostenendo che lo stadio Meazza rientri in questa casistica. D’altronde, già a febbraio 2022 l’Associazione Gruppo Verde San Siro si è rivolta alla Soprintendenza di Milano per chiedere di avviare il percorso amministrativo per arrivare alla tutela del Meazza. Ricordando che la stessa Ranaldi nel 2019 in risposta al sindaco Sala scrisse: “Lo stadio, nella sua attuale posizione, rappresenta un luogo identitario della città ben storicizzato nella sua destinazione”.
È lo stesso Sgarbi nella sua lettera al Corriere a ricordare che le sue posizioni siano in sintonia con molti esponenti dei Verdi. E cita una frase del capogruppo del consiglio comunale Carlo Monguzzi: “Che tristezza che sia Sgarbi a evitare un disastro ambientale. Ora sia la giunta, con coraggio e serietà, a convincere le squadre (o una sola) a ristrutturare il Meazza e a riqualificare la zona nell’ interesse dei cittadini”. Poi il sottosegretario alla Cultura conclude: “Il ministero e lo Stato non possono essere indifferenti, e assumere una posizione pilatesca, per favorire interessi economici contro la difesa della città e della sua storia. È questo il senso del mio intervento. Il richiamo al rispetto della legge. Il vincolo non è una scelta o un capriccio: è un obbligo“.
Il centrosinistra milanese è diviso tra la posizione morbida del sindaco Sala, che da sempre sostiene di non avere a disposizione alternative all’abbattimento, e quella intransigente rappresentata da una fetta importante della società civile, riunitasi nel Comitato Sì Meazza, presieduto dall’ex vicesindaco Luigi Corbani. Ma è altrettanto vero che anche il governo Meloni, per quanto Sgarbi non ne faccia riferimento, è spaccato al suo interno sulla questione San Siro. Lo dimostrano le ultime parole di Matteo Salvini solo due giorni fa: “Noi abbiamo assolutamente bisogno di uno stadio nuovo, moderno, sicuro ed efficiente. Ognuno si occupi del suo mestiere”, ha detto il ministro delle Infrastrutture. Che ora dovrà mettersi d’accordo col sottosegretario alla Cultura.