Un paio di mesi fa raccontavo su queste colonne del giovane uomo addormentato nel carcere romano di Regina Coeli. La storia ha avuto una comprensibile eco. Ci sono adesso importanti sviluppi e vengo dunque a condividerli.
Lo avevo incontrato tempo prima, sdraiato sulla sua branda nel centro clinico del carcere, con il suo catetere e il suo pannolone, nutrito dall’infermiere che gli infilava cibi liquidi in bocca, mentre lui era lì, quasi immobile, addormentato di giorno e di notte, da mesi e mesi, senza mai aprire gli occhi, senza mai dire una parola, senza mai alzarsi a sedere. I controlli medici, gli esami strumentali non avevano evidenziato alcuna patologia organica specifica e l’uomo era stato etichettato come un simulatore.
In quanto simulatore non aveva diritto a un’interruzione del processo e di conseguenza veniva fatto comparire a tutte le udienze. La sua brandina veniva proiettata in videoconferenza sullo schermo dell’aula di tribunale, con lui sdraiato sopra, addormentato. I magistrati facevano quel che dovevano fare, scioglievano l’udienza e lo schermo tornava a oscurarsi. L’avvocato, sconcertato, continuava a chiedere che si facesse qualcosa per il ragazzo.
Poche ore dopo la nostra denuncia, l’uomo è stato trasferito presso il centro clinico del carcere napoletano di Secondigliano, più grande e attrezzato rispetto a quello di Regina Coeli. L’attenzione del provveditorato, della direzione del carcere e della dirigenza sanitarie è stata da subito elevata e preziosa. Nel frattempo ero entrata in contatto con un gruppo di medici e ricercatori in neuroscienze di Ucl (University College London) che studia proprio il genere di sindrome di cui il ragazzo sembrava portatore. Ho presentato i neuropsichiatri londinesi – che in maniera straordinaria si sono messi a completa disposizione – alle autorità del carcere, subito pronte a confrontarsi e a condividere le informazioni nella maniera più aperta e competente. Anche l’avvocato ha collaborato aiutando a ricostruire la storia clinica.
Dopo circa un mese di permanenza a Secondigliano, l’uomo è stato condotto in una struttura sanitaria esterna, l’ospedale Cardarelli di Napoli. Era quello che auspicavamo fin dall’inizio. Dopo una decina di giorni di ricovero, si è svegliato. Ancora non sappiamo che terapie siano state eseguite e che tipo di presa in carico sia stata portata avanti. I disturbi neurologici funzionali e simili condizioni hanno origini complesse che possono venire disinnescate, come ci spiegavano i ricercatori dell’Ucl, da fattori poco prevedibili. Ma che un uomo di 28 anni sia uscito da una situazione di coma apparente è una buona notizia.
Sono contenta che la vicenda si sia – almeno per adesso – conclusa positivamente. I parenti dell’uomo, con cui siamo in contatto, hanno accolto la notizia con un prevedibile enorme sollievo. E fa piacere sapere che si sia messa fine alla grottesca situazione precedente, dove in custodia dello Stato un infermiere vuotava cateteri e cambiava pannoloni, occupandosi di un corpo fisico come se al suo interno non vi fosse proprio nulla.