66 milioni di anni fa. A essere precisi, considerando l’errore sistematico, sono (66.043.000 ± 43.000) anni fa. Primavera avanzata. Una lunga scia di fuoco attraversa il cielo. Un tuono si propaga per l’intera atmosfera. L’aria vibra in ogni punto del mondo. L’asteroide, 10 chilometri di diametro circa, densità pari a 2643,05 chilogrammi per metro cubo, sta per precipitare nell’oceano. In prima approssimazione pesa 1 quadrilione di chili: 1 seguito da 15 zero, chili. Velocità circa 20 chilometri al secondo, 72 mila chilometri all’ora. Energia stimata 100 mila gigatonnellate di Tnt. Punto di impatto poco a nord di quella che oggi è la penisola dello Yucatan, golfo del Messico. Precipita in mare. Un grande, immenso splash.
Dieci minuti dopo finisce la pioggia di detriti. Ha formato un cratere profondo 20 chilometri e con un diametro di 180. Lo spostamento d’aria ha generato, nelle vicinanze del punto di impatto, venti con velocità superiori ai mille chilometri all’ora. 25 milioni di milioni di tonnellate di materiale vengono dispersi nell’atmosfera. Per anni polveri e ceneri ricaddero ovunque. Venne innescata una crisi climatica. Il raffreddamento fu globale. Le catene alimentari vennero spezzate. L’asteroide Chicxulub provoca la fine della maggior parte dei dinosauri di terra, insieme ai tre quarti delle piante e delle specie animali. Cosa accadde agli oceani?
Un recente lavoro di ricerca svolto presso l’Università del Michigan, pubblicato il 4 ottobre scorso dalla rivista Agu, Advancing Earth and Space Science, ha presentato i risultati della prima simulazione “idraulica” effettuata per ricostruire cosa accadde ai mari del mondo o quando questo sasso troppo grande ci cadde dentro. Compito non facile.
La formazione del cratere, insieme al materiale espulso post-impatto che si riversa nell’oceano, creano onde non idrostatiche altamente non lineari. Molto ostiche da trattare matematicamente. Il che rende la costruzione di un modello dello tsunami da impatto molto, molto difficile. La modellazione richiede una simulazione in più fasi. Prima ci si occupa della formazione di crateri e onde d’acqua non idrostatiche post-impatto, poi si trasferisce il tutto ai modelli globali di acque poco profonde. Perché cadde in acque poco profonde.
Questi modelli collegati cercano di rappresentare un insieme complesso di eventi associati all’impatto dell’asteroide per prevedere i percorsi di propagazione, in un mondo passato, con livelli del mare, porte oceaniche e posizioni e confini continentali molto diversi dagli attuali. Si tratta comunque di approssimazioni, perché non incorporano la descrizione dei disturbi tettonici caotici provocati (per esempio, faglie e cedimenti dei pendii) e conseguente generazione di relativi piccoli tsunami. Possibile però che lo tsunami generato da Chicxulub fosse così potente da sopraffare tali aspetti secondari. Per verificare poi la forza modellata e i percorsi presi dall’impatto dello tsunami, i ricercatori sono andati a cercare riscontri in campo, sotto forma di prove documentate di erosione, disturbo e/o ri-deposizione di sedimenti. Un gran bel lavoro.
Modelli a parte, cosa accadde? Immaginate di tirare un sasso in uno stagno. Allo splash iniziale segue la generazione dell’onda anulare. Poi seguono le onde concentriche. Il macigno Chicxulub generò, secondo il modello di simulazione messo a punto dai ricercatori del Michigan, una prima onda anulare alta oltre mille e seicento metri. Le onde concentriche successive generarono uno tsunami mondiale con onde superiori ai 100 metri, che si propagarono alla velocità di un aereo di linea. Si fu anche fortunati, perché l’asteroide cadde in acque relativamente poco profonde, fra i 100 e i 1000 metri. Se fosse caduto in una regione dell’oceano di grande profondità, le onde sarebbero state cinque volte più alte.
L’immagine riportata rappresenta l’andamento delle onde di tsunami, 4 ore dopo l’istante di impatto. In rosso scuro le onde alte 50 metri. In azzurro scuro i cavi delle onde profondi 50 metri. Le coste del Messico videro arrivare onde alte fra i 30 e i 50 metri. Le coste est del nord America e quelle del nord Africa vennero sferzate da onde alte otto metri. All’epoca la parte settentrionale e meridionale dell’America erano separate. Le onde si propagarono nell’oceano Pacifico. La loro energia fu capace di modificare i sedimenti sui plateaux oceanici e lungo le coste a oltre 10 mila chilometri dal punto di impatto.
Nel 2004 lo tsunami di Sumatra, causato da un terremoto di magnitudo 9.2, uccise più di 200 mila persone. Il mega-tsunami di Chicxulub aveva energia 30mila volte maggiore, pari a 2,6 per 10 elevato alla 23 Joule, circa 3 miliardi di ordigni nucleari del tipo fatto esplodere su Hiroshima e Nagasaki. A titolo di informazione, si stima che un asteroide come Chicxulub cade sulla terra una volta ogni 100 milioni di anni. Il che non implica che per altri 34 milioni di anni si possa stare tranquilli.