Condannata a due anni di carcere con la condizionale per complicità in omicidio di oltre 11mila detenuti nel campo di concentramento, dal giugno 1943 all’aprile 1945, quando aveva tra 18 e 19 anni. Irmgard Furchner, adesso 97enne, all’epoca aveva meno di 21 anni ed era la segretaria del campo di sterminio nazista di Stutthof, vicino a Gdansk. “Mi dispiace per tutto quello che è successo – aveva detto la novantasettenne, lo scorso 6 dicembre – mi rammarico che in quel periodo fossi proprio a Stutthof. Non posso dire altro”. L’imputata, a settembre 2021, aveva provato a saltare l’inizio del processo. La donna, infatti, non si era presentata nell’aula del tribunale tedesco di Itzehoe, nel Schleswig-Holstein, che doveva giudicarla. Provò a fuggire dalla casa di riposo dove abitava ma le forze dell’ordine riuscirono a rintracciarla e fu costretta a trascorrere alcuni giorni in detenzione.

Furchner era accusata di far parte dell’apparato che aiutava il funzionamento del campo di Stuffhof, nello specifico di aver “aiutato e favorito i responsabili del campo nell’uccisione sistematica delle persone imprigionate tra il giugno 1943 e l’aprile 1945 nella sua funzione di stenografa e dattilografa nell’ufficio del comandante del campo”. La difesa della donna, invece, aveva chiesto l’assoluzione della 97enne. Secondo gli avvocati di Irmgard Furchner, infatti, le prove portate in tribunale non hanno dimostrato che la 97enne – all’epoca dei fatti – fosse a conoscenza delle atrocità consumatesi nel campo di Stutthof. Ma finisce con una condanna uno degli ultimi processi sull’Olocausto in Germania: il presidente del tribunale Dominik Gross, nella fase conclusiva del processo, ha letto la sentenza contro Irmgard Furchner spiegando il ruolo della donna.

I pubblici ministeri hanno definito le atrocità di Stuffhof come un “assassino crudele e doloroso” dei prigionieri nel campo. Dal 1944, in quel campo furono deportati migliaia di ebrei insieme a migliaia di civili polacchi coinvolti nella repressione nazista della rivolta di Varsavia. Nello stesso campo di concentramento c’erano prigionieri politici, criminali accusati, persone sospettate di omosessualità e testimoni di Geova: più di 60mila persone furono uccise con iniezioni letali di benzina o fenolo direttamente nel cuore, fucilate o fatte morire di fame. Altri, invece, furono costretti a stare all’aperto in inverno senza vestiti finché non morirono.

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