L’appello dei risparmiatori traditi al governo Meloni è caduto nel vuoto. Uno degli emendamenti dei relatori alla manovra, depositato martedì sera in commissione Bilancio alla Camera, decreta la morte del Fondo indennizzo (Fir) nato nel 2019 per risarcire le circa 300mila persone che hanno perso i soldi investiti nelle banche finite in risoluzione o in liquidazione coatta tra 2015 e 2017. Dalla Popolare dell’Etruria a Pop Vicenza e Veneto Banca. “L’attività di attribuzione degli indennizzi si conclude il 31 dicembre 2022”, stabilisce l’articolo 50 bis firmato da Roberto Pella (FI), Silvana Comaroli (Lega) e Paolo Trancassini (FdI). Una decisione che fa infuriare non solo i “truffati” ma anche il senatore forzista vicentino Pierantonio Zanettin, che parla apertamente di “scippo“.
Infatti nel fondo, finanziato attingendo ai fondi dormienti degli istituti di credito, restano ancora oltre 500 milioni. Che ora saranno evidentemente usati per altri fini, nonostante l’appello inviato a metà novembre dai risparmiatori azzerati alla premier Giorgia Meloni, al ministro Giancarlo Giorgetti e ai presidenti di Camera e Senato. I 140mila che rispettavano i requisiti per l’accesso al ristoro hanno ricevuto finora dalla Consap – società del Tesoro che gestisce il Fir – il 30% del valore di acquisto delle azioni e il 95% del valore delle obbligazioni subordinate per un totale di circa 1 miliardo di euro. Le associazioni che li rappresentano chiedevano che il residuo fosse distribuito in modo da aumentare la percentuale di risarcimento fino al 45%. Come del resto previsto dal comma 496 della legge di Bilancio de 2018 che ha istituito il Fir, in base al quale la percentuale può essere incrementata “nel pieno rispetto dei limiti di spesa, della dotazione finanziaria del Fir e fino al suo esaurimento“. Invece l’intenzione sembra di quella di indirizzare altrove le risorse.
La definizione delle istanze di indennizzo è finita lo scorso luglio. I risparmiatori hanno avuto tempo fino al 15 ottobre per trasmettere eventuale documentazione bancaria arrivata in ritardo dalle banche e potere eventualmente ottenere una riammissione della loro istanza. La commissione tecnica di nove esperti incaricata di esaminare le domande decade a fine anno: l’emendamento alla manovra ne proroga le attività per sei mesi ma solo per la gestione dei contenziosi e il completamento delle attività, autorizzando spese fino a 200mila euro per gli emolumenti dei suoi componenti e fino a 750mila euro per i costi sostenuti da Consap. Poi si chiude. I risparmiatori non ci stanno: secondo Luigi Ugone, presidente dell’associazione “Noi che credevamo nella Banca popolare di Vicenza e in Veneto banca”, ci sono 4000 pratiche cestinate per errori formali e la legge avrebbe consentito di procedere a una seconda tranche di ristori ma la commissione ne ha dato un’interpretazione restrittiva. Che la maggioranza sottoscrive.
Nessuna reazione per ora da Letizia Giorgianni, ex presidente dell’Associazione vittime del salvabanche, eletta con Fratelli d’Italia alle elezioni del 25 settembre e ora membro della commissione Bilancio della Camera che sta esaminando la manovra. A inizio dicembre aveva detto a Vicenzatoday che se “i tempi contingentati e le poche risorse disponibili” avessero impedito “un immediato intervento con la legge di bilancio” si sarebbe impegnata a intervenire “alla prima occasione possibile”. A protestare, oltre all’azzurro Zanettin, è l’opposizione: sia il leader M5s Giuseppe Conte sia il segretario dem Enrico Letta hanno incontrato le associazioni dei truffati dalle banche. Enrico Cappelletti del M5S annuncia la presentazione di un ordine del giorno in materia e sfida Zanettin a sostenerlo.