Litasco, società svizzera attraverso cui la russa Lukoil controlla la raffineria siciliana di Priolo, è riuscita ad ottenere linee di credito per 3 miliardi di dollari da un pool di banche asiatiche. Lo scrive oggi Repubblica. I fondi consentono all’impianto siracusano di comprare sui mercati internazionali il greggio da raffinare e di non dipendere più dal petrolio russo della casa madre sottoposto ad embargo. La società è dunque in regola con le sanzioni decise da Bruxelles e può continuare ad operare. La raffineria processa circa 300mila barili al giorno e fornisce un quinto della benzina e del gasolio consumati in Italia. Nei mesi scorsi la Sace del ministero del Tesoro e le principali banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm ed Mps) si erano rifiutati di garantire i finanziamenti necessari per i carichi, timorosi di sanzioni. In un’intervista a il Sole 24 Ore, l’amministratore delegato dello stabilimento, Eugene Maniakhine aveva prospettato la possibilità di acquistare il petrolio pagando cash, senza quindi la necessità di intermediazione di soggetti bancari.

Attorno allo stabilimento ruota una forza lavoro di 3mila persone. Mille i dipendenti diretti, gli altri nell’indotto. Il governo ha varato un decreto che prevede l’avvio di un’amministrazione temporanea in caso di difficoltà che si ripercuotano sul mercato energetico italiano. Ma per ora Lukoil sembra in grado di camminare sulle sue gambe. Resta valida l’ipotesi di una vendita. Nei mesi passati si è parato di un interessamento del fondo statunitense Crossbridge insieme al trader di materie prime Trafigura oltre che di una cordata italo-qatarina (ma i tempi non sono forse quelli più propizi). Sulla vendita pesa però il macigno della bonifica ambientale dell’area, costo fino a 5 miliardi a carico del governo visto che nessun compratore sarebbe disposto ad accollarsi la pratica.

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