“Se la norma sulla ricetta dematerializzata non dovesse essere prorogata oltre la scadenza del 31 dicembre, noi medici rischiamo di venire soffocati dalla burocrazia”. Sono preoccupati i membri del Sindacato Medici italiani (Smi). A fine anno scade la possibilità di inviare le prescrizioni mediche ai pazienti via email o messaggio, introdotta durante la pandemia di Covid. Chiunque abbia necessità di ottenere una ricetta dovrà recarsi fisicamente nello studio medico del proprio dottore. Anche chi è costretto ad assumere sempre fermaci, perché affetto da patologie croniche, e non ha necessità di essere visitato ogni volta che deve rinnovare una cura. Un ritorno al passato che rischia di mettere in crisi la categoria dei medici di famiglia, già in difficoltà come organico e oberati dalla burocrazia.

“Il risultato sarà quello di ridurre ulteriormente la disponibilità di tempo per l’attività clinica“, denuncia Pina Onotri, segretario Generale del Smi. Per questo i medici hanno inviato una lettera a Orazio Schillaci: “Chiediamo al ministro la proroga della ricetta dematerializzata almeno per un anno e un provvedimento che renda il suo utilizzo strutturale”, dichiara Onotri. La possibilità di accedere alla prescrizione a distanza è regolata da una norma introdotta durante l’emergenza Covid, per non obbligare i pazienti ad affollare gli studi. Non sarà più consentito ai cittadini di presentare al farmacista solo il numero della ricetta elettronica, il cosiddetto Nre. Un passo indietro rispetto alla dematerializzazione completa di cui si parla da anni.

Secondo i sindacati, il ritorno alla ricetta cartacea “causerebbe lunghe attese negli studi medici. La soluzione temporanea che auspichiamo – continua Onotri – è quella di una proroga di almeno un anno del provvedimento”. Ma in realtà la ricetta dematerializzata, conclude, dovrebbe “diventare uno strumento strutturale e auspichiamo, in questo senso, un impegno del governo e del Parlamento. Liberare i medici convenzionati del Servizio Sanitario Nazionale da impropri carichi burocratici è la scelta più giusta per valorizzare la professione, contrastare l’esodo dalla categoria, permettere di utilizzare più tempo alla cura e all’assistenza dei pazienti”.

L’attacco all’eccesso di burocrazia, causa di deterioramento dei servizi offerti ai malati, è proseguito da Cristina Patrizi, segretario dell’Omceo Roma, l’Ordine dei Medici chirurghi e degli odontoiatri di Roma e provincia: “Basta con carichi impropri. È fondamentale semplificare le norme prescrittive. Noi auspichiamo che il governo si faccia carico di questo – spiega Patrizi- per venire incontro alle esigenze dei medici, affinché il loro lavoro sia conforme alla nostra missione deontologica, che è quella di curare e fare diagnosi e terapia. Tutto ciò che aggrava questo lavoro va contro il nostro dovere di assistenza e complica anche il rapporto con il paziente, che poco comprende questa cosa. Speriamo che a questo tavolo di concertazione siano presenti gli Ordini, in rappresentanza della professione pura, quella nobile, alla quale vogliamo tendere”.

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