Grandi manovre in riva all’Adige per il controllo della gestione del più grande teatro lirico all’aperto del mondo, l’Arena di Verona. Affari e politica, bel canto e mancate tutele sindacali, scandali e malavita si intrecciano intorno al passaggio di consegne incrociato tra il centrodestra e il centrosinistra. Nel 2018 l’allora sindaco Federico Sboarina indicò quale sovrintendente e direttore artistico la soprano Cecilia Gasdia, qualche mese prima capolista non eletta dei Fratelli d’Italia alle comunali. A Roma il ministro della Cultura era il dem Dario Franceschini. Adesso le parti si sono invertite. Il palazzo di piazza Bra è occupato dall’ex calciatore Damiano Tommasi, eletto con una coalizione di centrosinistra, mentre al ministero, al posto dell’ex sempreverde Franceschini, c’è ora il giornalista Gennaro Sangiuliano, di segno politico opposto. E monta la marea di chi chiede un cambiamento alla Fondazione Arena di Verona – l’ente che gestisce il teatro – a partire dall’inizio del nuovo anno.
Il redde rationem in Comune – È stato un incontro incandescente quello che si è tenuto qualche settimana fa in municipio. Organizzato da Sinistra italiana e dalla lista In Comune per Verona–Sinistra civica ecologista dell’assessore Michele Bertucco, ha visto confrontarsi i rappresentanti della maggioranza, i dirigenti delle organizzazioni sindacali Cgil, Uil e Fials e gli avvocati dei lavoratori dipendenti di Fondazione Arena. Un dibattito a più voci che si è concluso con la richiesta a Tommasi di voltare pagina. In una parola: proporre al vertice un nome diverso rispetto a Cecilia Gasdia all’insediamento del nuovo Consiglio di indirizzo. Attualmente l’organo è composto, oltre al sindaco, da Giuseppe Riello (Camera di Commercio), Flavio Piva (ministero), Gabriele Maestrelli (Regione Veneto), Maria Allegrini (Comune di Verona) e Davide Croff (Società Cattolica di Assicurazioni). La scadenza sarà il 7 gennaio 2023. “Serve un cambiamento di tutto il gruppo dirigente” ha detto Dino Facchini, di Sinistra Italiana, riferendosi al sovrintendente e al suo staff. I dossier illustrati sono numerosi e sono frutto delle prese di posizione degli scorsi mesi.
Le 150 cause di lavoro – Il primo punto dolente della gestione è il numero enorme di cause di lavoro. Sono circa 150 i dipendenti (orchestrali, macchinisti, coristi, tersicorei…) che chiedono una regolarizzazione dei contratti o il rispetto delle graduatorie nelle assunzioni. Si sono rivolti agli avvocati contestando situazioni di assunzioni a termine reiterate e per brevi periodi che si protraggono da anni, in un caso addirittura da oltre trent’anni, senza stabilizzazione. In qualche caso si è già arrivati a condanna per abuso nella reiterazione di contratti a termine, con la Fondazione costretta a convertirli in contratti a tempo indeterminato. I sindacati chiedono inoltre che l’ente segua le norme relative alle graduatorie degli idonei, così da evitare abusi o il sospetto di favoritismi nelle assunzioni dirette di musicisti o lavoratori.
Spese legali alle stelle – Un secondo filone di contestazioni dei dipendenti riguarda l’utilizzo, da parte della Fondazione, di avvocati del libero foro nelle cause di lavoro. In base alla legge, anche se trasformato in fondazione di diritto privato, l’ente potrebbe avvalersi gratuitamente dell’Avvocatura dello Stato. Invece si rivolge ai privati, in particolare ad un paio di studi giuslavoristi di Roma. Per farlo, il Consiglio di indirizzo dovrebbe adottare una delibera preventiva e motivata, che spieghi le ragioni speciali che inducono alla deroga. Si tratta di un problema solo apparentemente formale: il caso infatti è esploso qualche mese fa, quando in Tribunale è stato eccepito il difetto di rappresentanza della Fondazione da parte degli avvocati privati, mancando la delibera di autorizzazione. Così il 14 settembre la sovrintendente Gasdia si è presentata davanti al Consiglio d’indirizzo spiegando (con quattro anni di ritardo) come dal 2018 la Cassazione abbia indicato la necessità di motivare il ricorso al libero foro. A quel punto, per metterci una pezza, l’organo presieduto da Tommasi ha deciso una super-autorizzazione a posteriori in merito a 105 cause e circa 120 ricorrenti. Poco dopo l’Arena ha raggiunto un accordo con l’Avvocatura distrettuale di Venezia, firmando un protocollo d’intesa che disciplina la materia, lasciando la facoltà (ma solo se motivata) di incaricare avvocati privati nelle cause di lavoro.
Lo scandalo fatture e ‘ndrangheta – Il bubbone più clamoroso però è scoppiato ad ottobre, con lo scandalo delle fatture false che avrebbero arricchito Eurocompany Group, una società con sospetti legami in famiglie di ‘ndrangheta. Tre gli arresti, con perquisizioni perfino negli uffici della Fondazione. Il sospetto è che le fatture gonfiate (per i lavori di montaggio delle scene) abbiano portato decine di migliaia di euro nelle casse le cosche. “Noi siamo parte lesa”, aveva dichiarato la sovrintendente. Ma in quella occasione Sinistra italiana aveva chiesto “un’operazione trasparenza”: “Come è stato possibile che per un lungo periodo l’ente lirico pagasse anche 150 mila euro in più al mese per i servizi resi delle società indagate? Ci sono state complicità interne?”. La denuncia di mancata trasparenza negli appalti era stata avanzata in più occasioni dai sindacati e viene rilanciata oggi. “Possibile che nessuno si fosse accorto di nulla?” si è chiesto polemicamente Facchini.
Il caso Placido Domingo – A settembre le segreterie provinciali Slc Cgil e Fistel Cisl hanno preparato un dossier zeppo di critiche sui “Festival areniani” 2022 e 2023, inviandolo al sindaco. Il documento contiene lamentele legate alla mancanza di personale che hanno influito sulla qualità degli spettacoli. Ciliegina sulla torta, il caso del tenore Placido Domingo, il cui spettacolo del 26 agosto scorso è stato un clamoroso flop: “Era improponibile per il pubblico e quasi offensivo per le masse artistiche. È un bene che lo stesso Domingo lo abbia ammesso. La mancanza di prove adeguate e la palese disorganizzazione hanno spinto la stessa orchestra a scrivere una lettera di proteste alla Sovrintendente”, scrivono i sindacati. Ora sulla resa dei conti pesano le incognite legate alle decisioni di Tommasi e alla linea che adotterà il ministro Sangiuliano. Tra i cui sottosegretari c’è il veronese Gianmarco Mazzi, neodeputato di Fratelli d’Italia, che dal 2018 in poi è stato amministratore delegato di Arena di Verona srl, la società che organizza e gestisce concerti ed eventi televisivi nell’anfiteatro romano.