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Vertigine parossistica posizionale, cos’è il disturbo che ha colpito Elisa: ecco i sintomi e le cause

"Le prime 24 ore sembrava di essere al luna park, dopo è andata meglio ma avevo vertigini e nausea. Una cosa stranissima, non mi potevo muovere", ha raccontatato l'artista

di Ennio Battista

Ha costretto la cantante Elisa a rimandare alcuni concerti perché, come ha lei stessa spiegato in un suo messaggio sulle storie di IG, ha iniziato a soffrire di un disturbo finora mai diagnosticato, la vertigine parossistica posizionale. “Le prime 24 ore sembrava di essere al luna park, dopo è andata meglio ma avevo vertigini e nausea. Una cosa stranissima, non mi potevo muovere“, ha raccontatato l’artista. Quando si parla di vertigini, siamo di fronte, almeno nel 90% dei casi, ad alterazioni di due organi, l’orecchio e il cervello. Da questi organi si possono originare diversi tipi di vertigine che possono essere distinti con la sola visita specialistica e attraverso indagini strumentali per stabilire una diagnosi più precisa. La vertigine può essere periferica o centrale. “Si dice periferica, quando è causata direttamente da una problematica vestibolare dell’orecchio interno, di cui la più frequente”, come nel caso di Elisa, “è sicuramente la vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB)”, spiega il Pietro Bassi, neurologo al Centro di Diagnosi e Cura delle Cefalee e del Centro Diagnosi e Cura delle Vertigini presso Palazzo della Salute-Wellness Clinic e a Smart Clinic Centro Fisioterapico Milanese. Il sospetto diagnostico è fondato su due punti caratteristici: la cessazione della vertigine in poco meno di 1 minuto, mantenendo ferma la testa del paziente, e la comparsa della vertigine con un ritardo di pochi secondi dal movimento della testa.

Le cause sono legate a un distaccamento di piccoli cristalli di ossalato di calcio, detti otoliti, dall’apparato vestibolare all’interno dell’orecchio, “i quali causerebbero questa vertigine ogni volta che si effettua un movimento. Questo fenomeno prende il nome di cupololitiasi”, continua Bassi. Sono proprio questi otoliti a essere cruciali in questo disturbo perché, a seguito di incidenti, traumi fisici, ma anche familiarità o altre cause, si staccano dalla struttura che li tiene insieme, provocando disturbi anomali che, andando a toccare altri parti dell’orecchio interno, trasmettono al cervello un segnale diverso da un orecchio rispetto all’altro. “Se al cervello arrivano due segnali differenti, si genera appunto la vertigine, poiché i due segnali non sono perfettamente sincronizzati”, sottolinea Bassi. Ma ci possono essere anche cause di tipo virali per altre tipologie di vertigini differenti da quella che sembra, stando alle sue dichiarazioni, avere colpito Elisa.

Ma in genere quali sono i fattori di rischio e i sintomi per riconoscere le vertigini? – Per i fattori di rischio, i più importanti sono postura e abitudini scorrette, ipertensione, diabete, alimentazione sbagliata, farmaci ototossici (cioè dannosi per l’orecchio). La sintomatologia, oltre al disorientamento spaziale, può comprendere anche: nausea, vomito, perdita di equilibrio, nistagmo, cioè movimenti oscillatori degli occhi, disturbi dell’udito, caduta a terra. La durata delle vertigini è variabile e dipende dalla causa. Possono comparire sia gradualmente sia all’improvviso e, se frequenti, devono portare la persona che ne soffre a rivolgersi quanto prima a uno specialista. Che in questo caso sono due e lavorano, spesso, in sinergia: l’otorinolaringoiatra e il neurologo. È fondamentale valutare il condotto uditivo esterno e l’analisi del nistagmo per testare i movimenti involontari dei bulbi oculari.

La figura dell’otorino è essenziale ance per escludere patologie più ‘banali’ (es. tappo di cerume, rottura del timpano) e indirizzare il paziente dal neurologo, il quale indagherà su quella determinata patologia attraverso esami specialistici. Per la cura della vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB), “la terapia consiste in manovre liberatorie come quella di Hallpike, la più frequente, utile a condurre gli otoliti in un punto dove non possano più nuocere, ristabilendo l’equilibrio della persona” spiega Bassi. Queste particolari manovre, che devono essere effettuate solamente da specialisti esperti, prevedono un numero di sedute che può variare a seconda della quantità di otoliti sparsi nell’orecchio interno. La guarigione può avvenire molto rapidamente o nel giro di qualche settimana o mese”.

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