Iter ancora accidentato dopo giorni di scontro e pasticci in commissione Bilancio. Meloni ammette: "Mille difficoltà, anche di rodaggio". Letta: "Non erano pronti". Il via libera finale entro le 6 del 24 mattina. Il testo passerà poi al Senato dove dovrebbe essere approvato senza modifiche visto che manca il tempo. Presidio-diretta dei parlamentari M5s per spiegare le storture, visto che non ci sarà confronto in Aula
Il governo ha deciso di porre la questione di fiducia sulla legge di bilancio nella votazione alla Camera. Lo ha annunciato in serata il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Con l’apposizione della fiducia la votazione avviene per appello nominale, evitando così franchi tiratori, parlamentari della maggioranza che si esprimono contro il governo sfruttando il voto segreto. Ma soprattutto viene bloccata la votazione degli emendamenti. Visti i tempi strettissimi prima della fine dell’anno, una scelta obbligata per l’esecutivo Meloni. Il voto, come stabilito dalla conferenza dei capigruppo, avrà inizio venerdì alle 20.30 e le votazioni si svolgeranno a oltranza nel corso di una seduta notturna, fino al voto finale atteso entro le 6 della mattina del giorno 24. In base a quanto deciso, le dichiarazioni di voto avranno inizio a partire dalle 19.
Nel corso della giornata – conclusasi con un presidio-diretta dall’aula dei parlamentari M5s per spiegare le storture della Manovra, visto che i tempi ristretti non hanno permesso il confronto in Parlamento – la discussione generale sulla legge di bilancio è ruotata intorno a un testo diverso da quello che sarà approvato con voto di fiducia. La Ragioneria di Stato, infatti, ha avanzato 44 rilievi sulle modifiche approvate in Commissione Bilancio, chiedendo – tra le altre cose – di stralciare l’emendamento che stanzia 450 milioni per i Comuni, norma che non ha copertura economica. Così il provvedimento è dovuto tornare in Commissione dopo che la discussione era già conclusa, per poi riapprodare in Aula nella serata di giovedì.
Il sottosegretario Federico Freni (Lega) si è detto sereno: in passato, dice, “siamo andati in commissione al Senato tre volte con una nota di variazione di 50 pagine, stavolta di 18 di cui una sola sostanziale per stralcio e il resto drafting. Non mi sembra una tragedia”. Tra i rilievi della Ragioneria ce ne sono anche sulle nuove misure sulla Carta giovani e lo smartworking. Nel primo caso sotto la lente di ingrandimento finisce la modalità con cui sono scritte le coperture per il 2023, mentre nel secondo caso i dubbi riguardano il mondo della scuola e la sostituzione del personale scolastico a cui è concesso il lavoro agile.
“È normale”, aggiunge il sottosegretario, “guardate la storia della legge di bilancio, non c’è una volta che non si torni in commissione a stralciare o draftare qualcosa”. La differenza che viene in mente è che se è vero che spesso la legge di Bilancio ha avuto bisogno di tornare in commissione, questo non è mai successo dopo la conclusione della discussione generale e un attimo prima che il governo chieda la questione di fiducia (come succederà tra poche ore). “I rilievi della Ragioneria sono molteplici, anche se di piccolo conto” dice uno dei relatori, Roberto Pella (Forza Italia). La sospensione, spiega, “serve agli uffici” per esaminare i rilievi e preparare le votazioni della commissione che “in un’ora e mezza due” dovrebbe riuscire a chiudere con le correzioni.
“Per le 17-17.30 dovremmo riuscire a tornare in Aula dove il governo, se deciderà, potrà porre la fiducia”. L’Aula è stata sospesa e aggiornata in un primo momento alle 17, poi il tutto è stato posticipato di altre due ore con un nuovo slittamento. Dopo il voto previsto nella tarda serata di venerdì, il testo passerà poi al Senato dove dovrebbe essere approvato senza modifiche visto che manca il tempo per un esame in commissione. E quindi ci sarà una nuova fiducia, entro il 31 dicembre, termine ultimo per evitare l’esercizio provvisorio nel nuovo anno.
Non è chiaro se tra i rilievi del Mef ci sia anche l’aggiustamento di un’altra “svista”: l’emendamento di Noi Moderati (il mini-partito di Maurizio Lupi) che puntava a smantellare il reddito di cittadinanza eliminando il requisito della congruità per le offerte di lavoro proposte ai beneficiari non interviene su un altro articolo del decreto del 2019 sul Reddito di cittadinanza. E quindi il riferimento all’offerta “congrua” resta.
Una situazione di difficoltà che ha ammesso perfino la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Mi pare – ha detto ai parlamentari di Fratelli d’Italia – che tra mille difficoltà, anche di rodaggio, con giorni complessi per la legge di bilancio e nonostante tutto quello che si può e dovrà migliorare, si può dire che rispetto a chi auspicava e prefigurava la partenza della nostra maggioranza e governo come una catastrofe, tutto il racconto fatto contro di noi sta tornando indietro come un boomerang”. “Quello che è accaduto in queste ore in Parlamento – insiste il segretario del Pd Enrico Letta – è la dimostrazione che la destra non era pronta. Non lo erano minimamente”. E lo dimostra questa “legge di bilancio, la più pasticciata credo degli ultimi 20 anni e ancora oggi non sappiamo bene quale testo verrà votato”.
Nella serata di mercoledì è stato ritirato – dopo esser stato inserito il giorno prima nel pacchetto dei relatori – l’emendamento a prima firma del deputato di FdI Andrea de Bertoldi che stabiliva la possibilità che le libere professioniste, in caso di malattia grave o infortunio di figli minorenni nonché in prossimità del parto, potessero beneficiare della sospensione delle scadenze fiscali per potersi dedicare a sé e alla propria famiglia senza creare danni alla clientela. L’iniziativa, sostenuta da Ordini, sindacati e Casse di previdenza delle categorie economico-giuridiche, coinvolgeva, in particolare, la platea di commercialisti, consulenti del lavoro, avvocati e notai. Il testo stabiliva che “in caso di parto, o interruzione della gravidanza”, di “ricovero ospedaliero d’urgenza, o di malattia grave del proprio figlio minorenne, ovvero in caso di infortunio, o intervento chirurgico”, fossero sospesi i termini relativi agli adempimenti di carattere fiscale.
Approvato invece un emendamento che consente ai Comuni capoluogo di provincia di alzare l’imposta di soggiorno a 10 euro se, in base alle ultime rilevazioni, hanno avuto presenze turistiche venti volte superiori a quelle dei residenti. Non sarà più un decreto ministeriale ad individuarli: i sindaci faranno direttamente riferimento ai dati pubblicati dall’Istat riguardanti le presenze turistiche medie registrate nel triennio precedente all’anno in cui viene deliberato l’aumento dell’imposta. Per il triennio 2023-2025 si considera la media delle presenze turistiche del 2017-2019.