di Antonella Galetta
Doccia fredda ieri per tutti noi ambientalisti. È stato approvato dalla Commissione bilancio alla Camera l’emendamento di Fratelli d’Italia che vuol fare arrivare i cacciatori sempre più vicini alle nostre città e abitazioni, senza limiti. In questo modo si darà la possibilità di operare anche nelle aree protette e nelle aree urbane in barba ai limiti imposti finora. Vergogna per noi ambientalisti volontari, sempre attivi per la tutela della fauna selvatica e la protezione dell’ambiente.
I parlamentari proponenti hanno trovato anche una scusa: si vogliono proteggere gli allevamenti intensivi dai selvatici per la peste suina. Ma i cacciatori non sono gli stessi vettori quando si recano nei boschi? Ricordo che a gennaio scorso in molte Regioni era stato deciso lo stop alla caccia proprio per questo motivo.
Un anno fa, il comitato Sì aboliamo la caccia comunicò con rammarico l’ordinanza emessa dalla Corte Costituzionale dopo lo sforzo della raccolta firme di noi attivisti con banchetti e on line, per la proposta popolare che voleva abrogare parzialmente la legge 157/92 . Purtroppo la Corte di Cassazione valutò il quesito referendario non ammissibile, quindi niente abolizione della caccia, nonostante quasi mezzo milione di persone avesse sottoscritto il quesito. Sono state riscontrate irregolarità.
Ricordo che la caccia poggia su una direttiva comunitaria del ’79 che consente di derogare la norma europea di tutela della fauna selvatica: gli animali non possono essere uccisi salvo la direttiva 7 e 9. Nel 1992 l’Italia ha recepito questa direttiva e ha creato la legge tuttora in vigore, la 157, che dovrebbe tutelare la fauna selvatica con deroghe; la 157/92 è stata snaturata dall’obiettivo iniziale ed è purtroppo diventata una norma che permette ad una piccola categoria di persone di esercitare la caccia.
Per la proposta referendaria, lo scorso anno l’avv. Zanforlini estrapolò dalla 157 le norme a tutela degli animali e dell’ambiente e ha eliminato le parti che consentono l’uccisione degli stessi. Per pochi voti, quindi, non abbiamo raggiunto il numero necessario per il referendum contro la caccia, nonostante lo sforzo di noi volontari che ci abbiamo creduto. Seconda delusione dopo il referendum di 30 anni fa.
In contrapposizione, oggi molti cittadini superficiali o poco sensibili saranno contenti di questo emendamento perché hanno avvistato qualche esemplare di cinghiale in alcune città. Infatti questa norma permetterà ai cacciatori di sparare anche in prossimità delle case. Ricordo anche che è stata la pressione venatoria che ha stimolato l’adattamento riproduttivo (proliferazione) e nuovi comportamenti di questa specie, per non soccombere. Quindi, più si spara e peggio è.
Il problema di fondo è che in Italia si è sparato troppo spesso al lupo, che è il naturale predatore dei cinghiali, e a furia di urlare “al lupo al lupo” questo povero ora è in via di estinzione e i cinghiali godono. Non dimentichiamo che sempre i cacciatori, per scopi venatori, negli anni ’50 e ’60 hanno introdotto in Italia cinghiali non autoctoni molto più grossi, che hanno avuto la meglio sui nostri più piccoli.
È già risaputo da etologi e ambientalisti che la natura ha più armi dei cacciatori, se solo si lasciasse fare il suo corso con aggiustature provenienti da veri esperti. Abbiamo visto in questi ultimi decenni che con le armi non si risolvono i problemi degli animali in esubero, anzi! L’unica certezza è che con l’uso disinvolto delle armi in città si moltiplicheranno i rischi anche per noi cittadini.
Io personalmente mi impegnerò per contrastare questo emendamento poco civile e molto barbaro. Mi auguro che tutto il mondo ambientalista possa convergere contro questo atto che non tiene conto del nuovo art. 9 in Costituzione che vuol tutelare l’ambiente e la biodiversità nell’interesse delle future generazioni.