Gli autori hanno scoperto che l’anosmia potrebbe essere collegata alle perturbazioni nelle cellule immunitarie presenti nei tessuti del naso sensibili all’olfatto
Tra le manifestazioni più comuni della sindrome respiratoria, l’anosmia, o perdita dell’olfatto, è stata per lo più presente in ogni variante virale di SARS-CoV-2. A indagare sulle ragioni alla base di questo particolare sintomo uno studio, pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, condotto dagli scienziati della Duke University School of Medicine, della Harvard Medical School e dell’Università della California a San Diego.
Il gruppo di ricerca, guidato da John Finlay, ha esaminato le biopsie degli epiteli olfattivi di 24 individui, inclusi nove pazienti in cui la perdita dell’olfatto si è prolungata per diversi mesi dopo il recupero dalla malattia. I risultati, spiegano gli autori, possono contribuire a chiarire i meccanismi alla base dell’anosmia e le motivazioni per cui questa problematica si manifesta solamente in alcuni pazienti e non sempre nelle stesse modalità. In alcune persone, infatti, il senso dell’olfatto torna dopo pochi giorni o settimane, mentre altre non recuperano completamente la capacità di riconoscere gli odori anche dopo il recupero dalla malattia. Le ragioni per cui questa condizione possa verificarsi in modi e archi di tempo così variabili, però, sono ancora poco chiare.
Gli autori hanno scoperto che l’anosmia potrebbe essere collegata alle perturbazioni nelle cellule immunitarie presenti nei tessuti del naso sensibili all’olfatto. Le biopsie dei pazienti con anosmia persistente erano infatti associate a meno neuroni olfattivi sensibili all’olfatto e mostravano marcate differenze nelle popolazioni di cellule immunitarie locali. I campioni raccolti erano inoltre associati a un livello insolitamente basso di macrofagi M2, a quantità anormalmente elevate di cellule dendridiche CD207+ e ad un aumento significativo delle cellule T che esprimevano cellule infiammatorie. Queste caratteristiche, spiegano gli autori, sembrano indicare una particolare combinazione di fattori legati a una risposta infiammatoria anomala.
Saranno necessari studi e approfondimenti più ampi per chiarire come e perché questa conformazione delle cellule immunitarie possa provocare la perdita dell’olfatto nei pazienti, ma i risultati preliminari, commentano gli esperti, sembrano molto interessanti. Dato che l’epitelio olfattivo risulta piuttosto semplice da raggiungere attraverso la somministrazione localizzata di farmaci, concludono gli autori, comprendere appieno il meccanismo alla base di questi sintomi potrebbe favorire lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per contrastare l’anosmia.
Valentina Di Paola