Dopo aver salvato dal carcere i colletti bianchi, ridando loro i benefici penitenziari, il senatore Pierantonio Zanettin ha depositato una nuova proposta per smantellare un altro pezzo del ddl Bonafede: chiede di fare marcia indietro rispetto all'estensione dell'uso del captatore informatico alle indagini per reati contro la pubblica amministrazione. E il Guardasigilli è sulla stessa linea: "Può essere usato per mafia e terrorismo, com'era prima. Per il resto no"
Non basta aver salvato dal carcere i colletti bianchi, ridando loro i benefici penitenziari. Forza Italia prepara un altro assalto alla legge Spazzacorrotti: e stavolta lo scopo è evitare che tangentisti e ladri di Stato vengano scoperti. Il senatore Pierantonio Zanettin (lo stesso che firmò l’emendamento, poi diventato legge, per escludere i reati di corruzione dal novero degli “ostativi”) ha annunciato il 20 dicembre una nuova proposta di legge: il titolo è “Modificazioni agli articoli 266 e 267 del codice di procedura penale e alla legge 9 gennaio 2019, n. 3, in materia di utilizzo del captatore informatico nei procedimenti per i delitti contro la pubblica amministrazione”. Il “captatore informatico” è il famoso trojan, il malware installato a distanza che trasforma smartphone, pc e tablet in microfoni attivi h24. E la legge 3/2019 è la cosiddetta Spazzacorrotti, voluta dall’ex Guardasigilli M5s Alfonso Bonafede, che ne estese l’uso ai reati contro la pubblica amministrazione puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni (peculato, corruzione, concussione, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita). Ora Zanettin chiede, anche qui, di fare marcia indietro: via i captatori dalle indagini su corrotti e corruttori, restano in quelle per mafia, terrorismo e criminalità organizzata.
Così la spiega Zanettin nella relazione alla proposta, riportata dal Fatto: “Se da un lato l’utilizzo del trojan rappresenta lo strumento più penetrante ed efficace nel contrasto alla commissione di reati (…) di tipo associativo e di terrorismo, dall’altro è lo strumento che più viola la sfera di intimità dell’intercettato, con l’evidente rischio di una diversa destinazione d’uso atta a violare la privacy degli individui”. Lo stesso Guardasigilli Carlo Nordio si è scagliato contro lo strumento, definendolo “una porcheria” proprio in relazione al caso più celebre in cui è stato usato, lo scandalo delle nomine al Csm pilotate da Luca Palamara. E giovedì all’Aria che tira su La7 ha ribadito la propria posizione: “Il trojan deve essere tolto, è un’arma incivile”. Secondo il ministro “può essere usato com’era all’inizio”, cioè prima della Spazzacorrotti, “in casi eccezionali di gravissima pericolosità nazionale, diciamo pure mafia e terrorismo. Per il resto no“.
E all’AdnKronos già festeggia il presidente dell’Unione delle Camere penali, Giandomenico Caiazza: “Non conosco la proposta nel dettaglio, ma considero qualsiasi proposta di limitazione del trojan un fatto positivo. Si tratta di uno strumento tremendamente invasivo che si può giustificare solo in casi eccezionali e per reati di grande allarme sociale “. A rispondere – seppur indirettamente – per il M5s, durante la discussione del decreto Rave in Commissione Giustizia alla Camera, è il deputato Federico Cafiero De Raho, ex procuratore nazionale antimafia: “Le norme della Spazzacorrotti sui reati contro la Pa rispondevano a un’esigenza nata in ambito giudiziario: servivano a colpire le condotte corruttive delle mafie. Mafia e corruzione sono realtà criminali strettamente legate, chi pensa di tenerle separate fa riferimento a una realtà superata da decenni”.