Un graduale disimpegno della sanità regionale, universale e gratuita, e oneri sempre maggiori a carico dei Comuni e dell’utenza: così, a colpi di delibere, la Giunta regionale del Piemonte sta riconfigurando l’assistenza degli anziani malati cronici e delle persone non autosufficienti. O, almeno, è quanto sostengono le associazioni Alzheimer Piemonte e Amici Parkinsoniani Piemonte e la Fondazione Promozione Sociale nel ricorso con cui, pochi mesi fa, hanno chiesto al Tar di sospendere l’applicazione delle delibere 1 e 10 del 2022, cioè quelle con cui la Giunta Cirio ha ridefinito le regole sulla continuità assistenziale post-ospedaliera. La richiesta di sospensiva della norma è stata rigettata dai giudici amministrativi, ma ora le associazioni chiedono che la nuova legge regionale venga discussa nel merito.

All’interno, infatti, ci sono due disposizioni che metterebbero a rischio le cure per anziani e malati cronici che vengono dimessi dagli ospedali e trasferiti in Residenze sanitarie assistenziali (Rsa). Con le nuove norme dopo 60 giorni di permanenza in Rsa il Servizio sanitario si sfila e la retta passa a carico dell’utente. Così le tariffe da capogiro (oltre 3000 euro al mese) scoraggiano le famiglie meno abbienti e i pazienti cronici tornano a casa, dove le cure non sono più assicurate dalla sanità pubblica, ma vengono assoggettate alla disponibilità dei fondi dell’area dedicata al sociale.

“Abbiamo scritto al Tar che il Servizio sanitario non può sottrarsi al suo dovere di cura, che non è basato sull’Isee”, commenta Andrea Ciattaglia della Fondazione Promozione Sociale. Le Rsa hanno iniziato ad applicare le delibere sin da subito. “Già al momento del ricovero, gli istituti stanno cercando di far firmare alle famiglie delle clausole con cui si obbligano a versare la quota per intero”, racconta Giuliano Maggiora dell’associazione Alzheimer Piemonte.

L’altra contestazione riguarda il tetto alla spesa per convenzioni in Rsa, fissato dalla Regione in 265 milioni di euro sulla carta. Oggi la legge prevede che in presenza di determinati requisiti sanitari il ricovero in Rsa sia diviso pro quota tra la sanità pubblica e l’utente (di solito metà e metà), che se non è in grado di pagare può chiedere un’integrazione a Comune. In Piemonte, delle circa 30mila persone ricoverate nelle residenze sanitarie assistenziali solo 15mila hanno ottenuto di dividere la retta con l’Asl. “Con il tetto restano fuori oltre 16mila persone per le quali servirebbe uno stanziamento di uguale entità”, fa notare Ciattaglia.

Da un lato i tagli al budget per le convenzioni sanitarie, dall’altro il caro-energia che strozza le Rsa convenzionate: a essere gabbati sono gli utenti più poveri, per i quali l’assistenza a domicilio resta l’unica opzione. I fondi ad hoc però sono stati oggetto di tagli continui negli ultimi anni: al Fondo regionale che finanzia gli assegni di cura domiciliare a Torino (“Coesione sociale”) sono stati sottratti 10 milioni in tre anni, con oltre 11mila persone non autosufficienti in lista d’attesa per progetti domiciliari sul territorio regionale.

Proprio a loro guarda uno dei provvedimenti più controversi della Giunta Cirio, il voucher Scelta sociale: 40 milioni l’anno finanziati con il Fondo sociale europeo che potranno essere usati per pagare assistenti familiari a domicilio o rette per l’inserimento in residenza. Per la Regione si tratta di un provvedimento “destinato a rivoluzionare il mondo dell’assistenza socio-sanitaria piemontese”, le associazioni invece parlano apertamente di “bluff”. In primo luogo, infatti, i voucher trovano copertura solo per due anni, al termine dei quali non si sa se verranno rinnovati. I contributi sociali, infatti, sono vincolati alla disponibilità di risorse e non sono esigibili. E le prestazioni, come evidenza ancora Ciattaglia, costerebbero ben più di 18mila euro l’anno, cioè l’esborso previsto per i voucher. Il quale, peraltro, coprirà appena un quinto delle persone ricoverate che si sono viste negare la quota per le cure sanitarie.

“Stanno di fatto teorizzando la sostituzione di convenzioni finanziate dalla sanità e non soggette a Isee con voucher finanziati dal Fondo Sociale Europeo e soggetti a Isee”, spiega la consigliera del Pd Monica Canalis. “Non è chiaro poi quali saranno le modalità di selezione dei beneficiari e di erogazione delle somme. Si rischia una gran confusione e una cattiva gestione di fondi europei”. Chi difende a spada tratta il provvedimento, invece, è l’assessore regionale alle Politiche sociali, Maurizio Marrone. “Il voucher è una misura aggiuntiva, un’opportunità che ci offre l’Ue: sarebbe stupido starsene con le mani in mano in attesa che da Roma aumentino i fondi”, commenta. Secondo lui, poi, Scelta sociale “porterà all’emersione del nero per i badanti e gli oss” che assistono le persone a casa.

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