Da Rabat arriva solo un silenzio assordante sulla questione dello scandalo che ha investito l’Europarlamento e che ha visto quale protagonista di primo piano proprio la monarchia del Nordafrica. Solo una rivista e solo per una volta ha citato il presunto coinvolgimento del Paese Maghrebbino. Mentre i quotidiani elogiano gli apparati dei servizi segreti e fanno una lista delle più importanti conquiste politiche e diplomatiche della monarchia. Intanto il premier Akhannouch denuncia per diffamazione l’ex eurodeputato francese José Bové, che ha affermato di essere stato “oggetto” di tentativi di “corruzione"
Nonostante i festeggiamenti per l’arrivo della nazionale marocchina alle semifinali della Coppa del mondo, da Rabat arriva solo un silenzio assordante sulla questione dello scandalo che ha investito l’europarlamento ormai più di dieci giorni fa e che ha visto quale protagonista di primo piano proprio la monarchia del Nordafrica. Secondo, infatti, i due mandati d’arresto europei emessi dal giudice belga Michel Claise, l’ex membro del parlamento europeo Antonio Panzeri è “sospettato di essere intervenuto politicamente a beneficio del Qatar e del Marocco, dietro compenso”. Il Qatar ha negato il suo coinvolgimento e ha addirittura minacciato le istituzioni comunitarie “sull’impatto negativo” che può avere sui rapporti tra Doha e Bruxelles la decisione di imporre restrizioni sul piccolo stato del Golfo. Le autorità marocchine invece non hanno ancora rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale sulla questione. Sullo scandalo, che in Marocco alcuni giornalisti dissidenti hanno denominato “Moroccogate”, nessuna parola nemmeno da parte della stampa locale. Il giornalista Ali Lmrabet critica, infatti, in un tweet la “stampa addomesticata” che non risponde “alle pesanti accuse di corruzione a cui è sottoposto” il governo del Marocco.
Il premier marocchino Aziz Akhannouch ha intanto fatto causa per diffamazione all’ex deputato francese José Bové, che, in un’intervista alla radio France Inter, ha affermato di essere stato “oggetto” di tentativi di “corruzione quando era relatore della commissione per il commercio estero tra il 2009 e il 2014”. Il primo ministro marocchino si è detto, per bocca del suo avvocato Oliver Baratelli che ha parlato a France Info, “estremamente scioccato dalle accuse infondate mosse da José Bové”, spiegando che “è una questione scandalosa dell’onore (del ministro, ndr) e della sua onestà”. Ai tempi Akhannouch era ministro dell’agricoltura e della pesca e nel 2012 l’Ue e il Marocco avevano firmato un accordo sulla liberalizzazione degli scambi di prodotti agricoli e ittici. Con una sentenza del 29 settembre 2021, un tribunale dell’Ue ha dichiarato gli accordi commerciali Ue-Marocco non validi poiché erano stati concordati senza il consenso del popolo del Sahara occidentale, che Rabat insiste ad indicare come parte integrante del regno alawita. Tuttavia, i trattati sono rimasti in essere in attesa della decisione della corte d’appello.
Silence sepulcral du régime marocain et de sa presse domestiquée face aux lourdes accusations de corruption dont il fait l’objet.
Personne ne dit rien.
Quoi ? N’est-on pas face à un énième complot international contre le Maroc et ses “institutions” ?
— Ali Lmrabet علي المرابط (@Alilmrabet) December 20, 2022
Il “Moroccogate” – Secondo gli investigatori, l’ex eurodeputato Antonio Panzeri, l’attuale deputato Ue Andrea Cozzolino e il loro consigliere Francesco Giorgi lavoravano, in cambio di denaro, non solo per il Qatar, ma anche per il Dged (la Direction générale des études et de la documentation, cioè i servizi segreti del Marocco) con l’obiettivo di influenzare le decisioni dell’eurocamera in favore del Marocco, soprattutto sulla questione Saharawi. Il gruppo operava “con una discrezione che va oltre la semplice prudenza, evitando di apparire troppo apertamente pro Marocco all’interno del Parlamento Ue, usando un linguaggio in codice e nascondendo i soldi nei propri appartamenti”, annotano i servizi segreti di Bruxelles nell’informativa che ha dato avvio all’inchiesta e che è stata rivelata da ilfattoquotidiano.it.
Inoltre, nel mandato di estradizione del Belgio per Maria Dolores Colleoni e Silvia Panzeri, rispettivamente moglie e figlia di Panzeri, nomina Abderrahim Atmoun, l’ambasciatore di Rabat in Polonia, per aver fatto “’regali’ dei quali” la moglie ha “apparentemente beneficiato”. Negli stessi documenti si parla inoltre di vacanze per un costo che arrivava fino a “100mila euro”. L’ambasciatore Atmoun è stato presidente della Commissione interparlamentare Marocco-Ue che si occupa di economia, rapporti bilaterali, diritti umani e lotta al terrorismo ed è in quella sede che ha iniziato a collaborare con Antonio Panzeri, allora eurodeputato con S&D e presidente della Commissione del Parlamento europeo per i problemi economici e monetari oltre che membro della Delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb e l’Unione del Maghreb arabo. Ma i due si conoscono da molto prima, e addirittura condividono, nel 2014, un “wissam” per i servizi resi al regno marocchino.
Pegasus – Dietro al coinvolgimento marocchino nello scandalo europeo c’è soprattutto l’“Accordo euromediterraneo” tra Unione europea e Marocco, un’intesa che per Rabat vale quasi 400 milioni di fondi liquidi e oltre 35 miliardi di scambi commerciali, ma che è importante soprattutto come legittimazione politica dello sfruttamento delle risorse e dell’occupazione del Sahara occidentale da parte del Marocco. Secondo quanto riporta il Manifesto, l’euroscandalo ha messo in evidenza alcune pratiche utilizzate dalla Dged per “un’azione persuasiva” e il “controllo” di alcuni eurodeputati intercettati con l’utilizzo di Pegasus, lo spyware sviluppato dalla società israeliana NSO Group. È importante poi da tenere in conto che l’eurodeputato Andrea Cozzolino, uno dei protagonisti dello scandalo anche se non ancora indagato, è stato membro della commissione parlamentare d’inchiesta proprio sullo spyware israeliano. Inoltre, in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Domani, Sophie in’t Veld, relatrice della commissione d’inchiesta dell’Ue che indaga sull’uso di Pegasus e di spyware di sorveglianza equivalente (Pega), ha spiegato che “Eva Kaili ha provato a frenare le indagini sul software Pegasus” quando si parlava dello scandalo intercettazioni in Grecia.
Human Rights Watch, in un lungo report uscito lo scorso luglio, ha accusato il governo marocchino di spiare attivisti e giornalisti impegnati nella difesa dei diritti umani in Marocco e nel Sahara Occidentale. Tra i più noti ci sono lo storico Maati Konjib nel 2019 e il giornalista investigativo Omar Radi nel 2020, quest’ultimo ancora in carcere e premiato solo qualche giorno fa con il “Premio dell’Indipendenza” da Reporters Sans Frontières. L’attivista sahrawi Mohamed Dihani ha inoltre spiegato al Messaggero che “lo spyware Pegasus è stato usato come braccio armato degli 007 marocchini per ricattare l’Europa e il resto del mondo. Hanno spiato per tre anni giornalisti, politici algerini e francesi”. “Nel 2019 è stato pubblicato un primo documento dalla Commissione europea, e quest’anno un secondo, che invita tutti i politici a prestare attenzione, denunciando il fatto che ci sono più di 500 agenti segreti marocchini infiltrati nelle istituzioni dell’Ue”, conclude Dihani.