Se c’è da farli, c’è da farli belli i gol. Anche se già ne hai presi cinque prima, quello della bandiera va fatto come si deve: di testa in tuffo, per esempio. E fa nulla che si perde 5 a 1 contro la Roma: stavolta non è andata bene, qualche mese prima sì, pure se era Coppa Italia. Una bella serata di fine estate all’Adriatico, che l’estate si sa, è una promessa: un tunnel a Bruno Conti, parecchio di più per i tifosi del Pescara. Blaz Sliskovic, già: il sublime per Giovanni Galeone, che lo ritiene il più forte che abbia mai allenato (“Nel calcio d’oggi, con un Moggi alle spalle, sarebbe da pallone d’oro”), la musa ispiratrice di Zinedine Zidane (“Seguivo il Marsiglia, c’erano Papin, Francescoli, Mozer…ma guardare Sliskovic mi divertiva moltissimo).
Nato a Mostar, in Bosnia, comincia a giocare nel Velez: ha un gran destro, buon dribbling e una grande visione di gioco e una personalità molto marcata. Giovanissimo con la nazionale olimpica jugoslava rifila una doppietta all’Italia nella partita valida per le qualificazioni ai giochi olimpici di Mosca. Già, quegli stessi giochi dove nota una ginnasta russa che lo spinge a scomparire per qualche mese. Questo è Blaz: anacronistici baffoni, riccioloni neri trasandati, una passione carnale oltre che per il pallone per le donne, le sigarette, il caffè e pure per qualche bicchierino. Elementi che accompagneranno diversi aneddoti della sua carriera: quando tenterà di nascondere una sigaretta accesa al suo allenatore Nadovez mettendola nel taschino e quasi prendendo fuoco, ad esempio. “Mi piaceva tutto ciò che piaceva ai miei coetanei: non mi fossero piaciute quelle cose però avrei avuto un’altra carriera” dirà. In patria sposa in un matrimonio da favola la campionessa di pallamano Svetlana Kitic, quattro mesi dopo divorziano.
Sliskovic passa all’Hajduk Spalato: quell’Hajduk che incontra il Torino e lo elimina, con due bellissimi gol di Blaz detto Baka sia all’andata che soprattutto al ritorno, con una punizione da 30 metri. Le sue imprese in Jugoslavia si notano in qualche video: gol da calcio d’angolo, assist al bacio, punizioni millimetriche. Contro un’altra italiana, l’Avellino, Sliskovic s’era fatto notare per un gran morso a Ferroni: costretto a un drenaggio in ospedale. Ma denti a parte, quelli coi piedi sono numeri che gli valgono la chiamata dell’Olympique Marsiglia di Tapie, che pensa in grande: l’impatto di Blaz è notevole, in 29 partite segna sei gol ed è nominato giocatore dell’anno, ma non va d’accordo con l’allenatore Gerard Bandie e allora chiede di essere ceduto in prestito. Sugli spalti di quella gara di Coppa Uefa contro il Torino c’era anche un giovane allenatore, all’epoca alla Spal, con idee innovative per quel calcio: Giovanni Galeone era rimasto entusiasta nel vedere giocare Sliskovic, e allora quando si palesa l’opportunità di portarlo a Pescara, dove aveva appena condotto la squadra in A non ci pensa due volte. Gli stranieri sono Blaz e Junior: molto diversi, ma entrambi si innamorano di Pescara ed entrambi si caricano la squadra di Galeone sulle spalle. Blaz vive di notte: tra caffè, qualche bicchierino, parecchie amiche e passeggiate con Galeone a discutere di calcio e non solo.
Imprese memorabili: il tunnel a Bruno Conti, il gol all’Inter all’esordio che vale una vittoria storica, e 13 gol in stagione che lo portano ad essere il miglior marcatore del Pescara. Galeone vorrebbe ovviamente il suo riscatto, ma il Marsiglia chiede 8 miliardi di lire, e poi Blaz contro il Torino si infortuna gravemente e la società biancazzurra decide di non puntarci. Torna in Francia allora: prima al Lens, poi al Mulhouse e poi al Rennes, ma la parabola discendente ormai è bella che intrapresa. Intanto però Galeone nel 1992 ha riportato il Pescara in Serie A: quando lo chiama, a 33 anni suonati, Blaz non ci pensa due volte e torna. Ma la forma è approssimativa e la stagione dei biancazzurri è disastrosa: segna 1 gol in 18 partite, poi la società lo mette fuori rosa. Per un allontanamento ingiustificato dal ritiro, dicono i vertici del Delfino, per non pagare un bonus di 100 milioni di lire che sarebbe scattato alla 20esima presenza, dice Blaz. Torna in patria, ma la carriera è evidentemente finita, anche per lo stile di vita che non può far rimanere ad alti livelli un calciatore ultratrentenne. Oggi Blaz è un allenatore, e tra occhialini da intellettuale e capelli brizzolati regolati per bene pare più giovane di 35 anni fa, un po’ si è uniformato dunque, anche se lui dice di no: “Io? Io andavo nei peggiori bar e nei ristoranti più lussuosi. Quelli di oggi? Per 100 milioni dovrebbero tirare calcio d’angolo, correre in area e fare gol da solo”. Lui non ci pensava: segnava direttamente da calcio d’angolo.