La top designer americana contro le discriminazioni, a partire dal design
“La segnaletica dei bagni la dice lunga sulla nostra società…” Così Ellen Lupton, graphic designer di fama mondiale, racconta come simboli, rappresentazioni grafiche siano espressione della cultura dominante di un Paese e ne riflettano, talvolta, le discriminazioni. Perché, come lei stessa afferma, “forma e sostanza sono strettamente connesse”. Nata a Philadelphia e cresciuta a Baltimora, Ellen Lupton è una delle donne più influenti degli Stati Uniti nel suo settore. Famosa per l’amore verso la tipografia, in quanto arte che unisce grafica e scrittura, è stata nominata curatrice emerita di design contemporaneo al Cooper Hewitt, Smithsonian Museum di New York. Nonostante il grande successo, Lupton ha dovuto farsi spazio in un ambito professionale storicamente escludente verso donne, neri, queer e altre minoranze penalizzate da quelle che lei stessa definisce società “bianco-centriche”. Il suo ultimo libro “Extra Bold”, scritto a più mani e pubblicato in Italia da Quinto Quarto edizioni, si propone come “una guida femminista, inclusiva, antirazzista non binaria per graphic designer” e non solo.
Quando e come è nata la sua passione per il graphic design?
Amavo l’arte sin da bambina e immaginavo che sarei diventata una pittrice. Ma mi piaceva anche creare poster, lettering e scrivere. Quando ho frequentato la scuola d’arte al Cooper Union di New York, ho scoperto la tipografia e ne sono rimasta conquistata per tutta la vita.
C’è chi dice che “il contenuto conta più della forma” e chi, invece, dice che “la forma è sostanza”. Visto che ha fatto della forma il suo lavoro, che ne pensa a riguardo? E in che modo la forma gioca il suo ruolo in una buona comunicazione?
Se lavori come graphic designer impari subito che forma e contenuto sono strettamente connessi. Quando guardiamo i marchi al supermercato, ad esempio, i colori, le forme e i caratteri delle lettere influenzano la nostra percezione del contenuto. La forma aiuta a comprendere la struttura e anche l’impatto emotivo del contenuto.
A proposito di comunicazione, da sempre gli strumenti di comunicazione sono strumenti di potere. Prima la stampa, ora i social. È questo, secondo lei, il motivo per cui questo settore professionale, come lei stessa racconta, ha visto a lungo discriminate donne, queer, e persone di colore? Ci sono altre ragioni?
Le donne e i gruppi “marginalizzati” sono stati da sempre penalizzati nell’ambito delle attività economiche, così anche nel settore del design. Le società moderne spingono alcune persone ai margini e riservano opportunità ad altre. Questo sta cominciando a cambiare, soprattutto per le donne bianche, ma non ancora per tutti.
Nel suo ultimo libro “Extra Bold – Una guida femminista, inclusiva, antirazzista, non binaria per graphic designer” affronta proprio questa tematica, con anche un interessante excursus storico. Oggi a che punto siamo, secondo lei?
Negli Stati Uniti e in Europa, si vive ancora in società “bianco-centriche”. Questo tipo di società implica che le persone più istruite e quelle che contano di più a livello decisionale saranno bianche. Soprattutto uomini bianchi. È necessaria un’azione consapevole e determinata per far spazio e creare opportunità a favore di neri, queer, immigrati e tutti coloro che sono stati spinti ai margini dalla cultura dominante.
Qual è l’obiettivo di questo libro e a chi è indirizzato? Non mi sembra che sia solo per grafici…
Questo libro è utile, divertente e informativo per chiunque lavori nel settore dell’industria creativa o sia comunque interessato alla cultura creativa, ma non solo. Riguarda anche, più in generale, il mondo del lavoro. Ci sono capitoli, ad esempio, che trattano le discriminazioni sul posto di lavoro, il coming out al lavoro, come lasciare il proprio posto di lavoro. E tanti altri argomenti utili per tutti.
Spesso le discriminazioni si traducono anche nella scelta del linguaggio e della simbologia che usiamo nella vita di tutti i giorni. Penso, ad esempio, alle targhette appese sulle porte dei bagni che rappresentano un uomo, una donna e, in alcuni casi, un disabile. Escludendo, così, chi non si riconosce in nessuna di queste categorie. Crede che l’evoluzione verso una società più inclusiva debba passare anche da questo? Dalla scelta di simboli e grafiche?
La segnaletica dei bagni la dice lunga sulla nostra società. In primo luogo, stabilisce binari di genere. In secondo luogo, stabilisce che le strutture pubbliche non sono abbastanza sicure per essere utilizzateinsieme dalle persone. Così, ai concerti, agli eventi, le donne sono costrette a fare lunghe file per utilizzare il bagno. Trovo che questa divisione risulti dispendiosa e iniqua. È stato divertente osservare come la segnaletica dei bagni sia cambiata nel corso dell’ultimo decennio per diventare più inclusiva. Tuttavia, negli anni Venti, negli Stati Uniti, la creazione di bagni separati per le donne faceva parte della rivoluzione perpetrata da donne che iniziavano a lavorare negli uffici e a frequentare i luoghi pubblici da sole. I bagni separati consentivano questa libertà di movimento che era anche una libertà economica. Ora questa distinzione non è più necessaria.
Sentiamo spesso parlare del potere sovversivo e rivoluzionario delle parole, del ruolo della letteratura nel raccontare il mondo e provare a cambiarlo. In che modo secondo lei la tipografia, il graphic design e l’arte in generale possono contribuire alle moderne lotte per i diritti umani e possono cambiare il mondo?
Un cambiamento evidente nel mondo è dato dallo sviluppo del “design accessibile”. I musei, i servizi pubblici, oggi, possono offrire informazioni in audio, video e lingue diverse, e raggiungere, così, più persone. Il software di traduzione linguistica sta diventando molto buono. Gli Iphone e i telefoni Android sono ormai tutti dotati di strumenti di accessibilità che traducono vocalmente ciò che c’è sullo schermo, utilizzano la camera in modi accessibili e tanto altro ancora. Queste sono rivoluzioni universali e in quanto tali cambiano il mondo.
L’impatto visivo è molto importante, soprattutto oggi nell’era dei social, per veicolare un messaggio nel modo più efficace possibile. Quale font o stile grafico userebbe per scrivere un messaggio contro discriminazioni e persecuzioni?
Molti giovani attivisti, oggi, nel loro lavoro usano la scrittura a mano invece dei font tipografici. Instagram è diventata una piattaforma per veicolare messaggi e sensibilizzare le persone su discriminazioni, decolonizzazione, pregiudizi, razzismo, sessismo, politiche di genere e diritti dei disabili. La tendenza è quella di rendere questi contenuti umani il più possibile empatici. Non rigorosamente Helvetica.