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Gli aspirapolvere robot ci spiano? Il caso delle foto di una donna in bagno e di un bambino finite sul web a loro insaputa

E’ successo, negli States. L’identikit del colpevole? Roomba: un robot casalingo a servizio. Ma in grado di spiarti anche in bagno. Di più: di fotografarti nei momenti più intimi per poi diffondere le immagini in Rete senza il tuo consenso

di Simona Griggio

Le foto di una donna in bagno e di un bambino nel corridoio sono finite sul web a loro totale insaputa. Ma lo spione è stato smascherato: è un’aspirapolvere. E’ successo, negli States. L’identikit del colpevole? Roomba: un robot casalingo a servizio. Ma in grado di spiarti anche in bagno. Di più: di fotografarti nei momenti più intimi per poi diffondere le immagini in Rete senza il tuo consenso. Una mansione non voluta e non apprezzata da un aggeggio dal quale si pretende solo che pulisca bene la casa. Il robottino Roomba, ormai star del web, ha scattato le foto che poi sono diventate virali su Facebook e altri social meno noti come Discord. L’inquadratura? Ovviamente dal basso, vista la sua statura. Ma tant’è, la signora che indossa una t-shirt rosa e ha i pantaloncini abbassati all’altezza del ginocchio mentre sta “mandando un fax” (garbata espressione che si usava un tempo per indicare il bisogno di svolgere una delle proprie funzioni fisiologiche), si vede eccome.

Il caso è approdato sulle pagine di Mit Technology Review, magazine di informazione e approfondimenti sulla tecnologia del Massachusetts Institute of Technology. Ed è ovviamente diventato occasione di approfondimenti e di analisi. Quali sono le dotazioni degli elettrodomestici che utilizziamo nelle nostre case? Chi le governa? Dove finiscono le immagini riprese dalle telecamerine? E quali rischi ci soon, considerando che in questo caso sono diventate pubbliche, con evidenti implicazioni della privacy? Analizziamo quel che è accaduto. Il modello di aspirapolvere finito nel mirino è un iRobot Roomba, il robottino aspiratore più celebre tra i tanti modelli ora in circolazione. La telecamera accoppiata a un led gli serve per analizzare la superficie da pulire, evitare gli ostacoli, programmare i percorsi da seguire perché alla fine il pavimento sia splendente e i tappeti a prova di acari. Qualcosa però è andato storto. Il robottino ha inquadrato anche una donna seduta sul water e anche un bambino di otto anni steso a pancia in giù nel corridoio, intento a giocare.

Quando sono finite in rete, il segno di fabbrica si è rivelato inequivocabile. Ogni oggetto ripreso (ci sono anche mobili, suppellettili, una tv e anche un cagnolino) compaiono all’interno di riquadri accompagnati da un testo: la macchina li ha riconosciuti con il loro nome. E’ la fase di un procedimento molto complesso. Le foto sono state girate da IRobot a Scale Ai. E’ una startup che paga addetti in tutto il mondo per mettere etichette testuali sugli oggetti (ed esseri viventi) ripresi dall’obiettivo: è una tecnica per esercitare l’intelligenza artificiale, che prima o poi sarà in grado di fare tutto da sé. IRobot si è subito giustificata. Ha spiegato che questo modello era solo sperimentale, che non è ancora in commercio e che viene usato solo per sviluppare le capacità di apprendimento di questi apparecchi. Sono “robot di sviluppo speciali con modifiche hardware e software che non sono stati e non sono presenti sui prodotti finali iRobot”. Questo ha assicurato il presidente e Ceo Colin Angle. Insomma: chi ha accettato di averli in casa conosceva le loro caratteristiche e sul robottino si accendeva una scritta verde brillante che avvisava: “Registrazione in corso”. Insomma: da parte degli sperimentatori casalinghi c’è stata poca cautela.

Il pasticcio, però, è avvenuto. E alimenta il dibattito sui dati raccolti da queste apparecchiature, la loro conservazione, la tutela assoluta della riservatezza. IRobot insiste, anche perché si può sospettare che a mettere le immagini in Rete sia qualche addetto incaricato di nominare le immagini. Si tratta spesso di persone con redditi bassi, che vivono anche fuori dagli Usa. L’azienda ha annunciato che sta chiudendo il rapporto di lavoro con Scale AI, che forniva questo servizio. Il tema della privacy torna comunque prepotentemente in campo. Perché le telecamere sono installate anche su molti altri oggetti, dagli occhiali alle automobili. La nostra riservatezza è davvero garantita? Anche quando siamo in uno dei momenti meno divulgabili della nostra intimità? Presto sarà immesso sul mercato anche Optimus, il primo robot umanoide presentato in versione prototipo lo scorso settembre da Elon Musk, amministratore delegato di Tesla. E’ multifunzionale. Saluta, porta le scatole, bagna le piante e molto altro. Insomma, è capace di servire le persone. Costerà meno di 20.000 dollari e dovrebbe raggiungere la produzione in serie entro tre-cinque anni. Sarà anche impiegato nell’industria automobilistica e in altri settori per sopperire alla carenza di manodopera.

Secondo Musk il prototipo è il primo robot in assoluto in grado di funzionare senza fili, telecomando e alimentazione esterna. Il suo funzionamento si basa sull’integrazione degli algoritmi di intelligenza artificiale, dell’azionamento elettrico e della batteria. Sebbene sia “nudo” e non ancora visivamente accattivante, svolge senza problemi alcune attività quotidiane, ha anche una certa destrezza nel muovere le articolazioni e un feedback sensoriale quando afferra qualcosa. Ma Optimus non è l’unico prototipo di robot umanoide. Hyundai-Boston Dynamics e Honda lavorano su robot chiamati “Asimo” da quasi vent’anni. Nella loro forma finale gli Asimo sono un robot delle dimensioni di un bambino capaci, senza cavo, di camminare, danzare, correre, salire e scendere le scale e manipolare oggetti con le dita. Bisognerà chiudere bene la porta della stanza da bagno?

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