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Blog - 24 Dicembre 2022
I magici aiutanti
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- 16:44 - **Migranti: Avs-Pd-M5S-Azione-Più Europa, 'commissione subito? Non partecipiamo'**
Roma, 25 nov. (Adnkronos) - "Con il rinvio immediato in commissione del Dl Flussi per votare l’ennesimo emendamento della relatrice presentato pure fuori il tempo massimo vengono calpestati i diritti e le prerogative dei deputati ai quali non viene garantita la possibilità di essere presenti nella giornata odierna. Tutto ciò è inaccettabile". Così Filiberto Zaratti, Simona Bonafè, Alfonso Colucci, Fabrizio Benzoni, Riccardo Magi, capigruppo di Avs, Pd, M5S, Azione e Più Europa nella commissione Affari costituzionali della Camera.
"Il tutto per emendare un emendamento della relatrice la quale peraltro copia un emendamento di FdI. L’ennesimo pasticcio della maggioranza su questo doppio decreto. Se non saranno ripristinate le minime condizioni democratiche non parteciperemo ai lavori della commissione prevista per oggi e solleveremo il problema davanti a presidente della Camera".
- 16:38 - Cecchettin: domani parola alla difesa, Turetta tornerà in aula
Venezia, 25 nov. (Adnkronos) - La pena che gli spetta con la speranza che il carcere assuma la sua funzione di rieducazione e possa permettere a Filippo Turetta, accusato dell'omicidio dell'ex fidanzata Giulia Cecchettin, di capire il disvalore del suo gesto e avere la possibilità - data sua giovane età (22 anni) - di riscattarsi. Non chiederanno altro i difensori, l'avvocato Giovanni Caruso e la collega Monica Cornaviera, che domani terranno la loro arringa davanti alla corte d'Assise di Venezia.
Secondo indiscrezioni, la difesa parlerà un paio di ore per rispondere alla richiesta di ergastolo formulata dal pm Andrea Petroni. Domani l'imputato, che oggi ha assistito all'intera udienza quasi immobile e sempre a testa bassa, potrebbe tornare in aula per l'ultima udienza prima della sentenza prevista il 3 dicembre.
- 16:37 - Consulta: si tratta per i 4 membri, obiettivo chiudere intera partita a gennaio/Adnkronos
Roma, 25 nov. (Adnkronos) - Conto alla rovescia per la seduta comune della Camere giovedì prossimo quando deputati e senatori saranno chiamati a votare per la decima volta il sostituto alla Corte costituzionale della ex presidente Silvana Sciarra, giudice scaduto l'11 novembre 2023, per cui sono richiesti i 3/5 dell’Assemblea; e per altri tre giudici (il presidente in carica Augusto Barbera, e i vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti) in scadenza il prossimo 21 dicembre, per i quali servono i 2/3 dei voti, essendo quello di giovedì il primo scrutinio. Secondo quanto si apprende, la convocazione delle Camere un mese prima della scadenza dei tre giudici è stata dettata dalla volontà del Governo di arrivare a chiudere l'intera partita dei quattro "al più tardi a gennaio", eventualmente anche grazie all'abbassamento del quorum. Sebbene infatti la Corte possa svolgere la propria attività anche con 11 giudici, basta l'assenza di uno per bloccarne le funzioni con le ovvie conseguenze. Da cui l'urgenza.
Dopo oltre un anno di fumate nere del Parlamento sono tre gli scenari su cui si gioca la partita al vaglio delle forze politiche. Il primo al momento più gettonato prevede l'individuazione di un candidato tecnico/indipendente in un accordo che contempla due giudici alla maggioranza ed uno alle opposizioni; il secondo è quello alternativo del pari e patta (non gradito all'opposizione) con un giudice ad Fdi, uno ad Fi, zero alla Lega "perché ha ancora in quota a Palazzo della Consulta Luca Antonini", riferiscono autorevoli fonti, e due giudici all'opposizione; ed il terzo, quello del tre a uno, osteggiato dalle forze di opposizione, che tra l'altro potrebbe replicare alle urne il 'modello Rai' in versione Pd o M5s. Tra gli scenari però adesso sembra farsi più strada la disamina di un candidato indipendente, proposto da Elly Schlein a Giorgia Meloni, il così detto "quarto candidato".
Individuarlo non è semplice: "E' l'uomo che non esiste, vicino alla politica ma che non ha mai avuto rapporti", commentano all'Adnkronos fonti vicine al presidente del Consiglio. "Non esiste l'indipendente in rerum natura". Sembra essere d'accordo il M5s: "Non ne abbiamo ancora parlato perché siamo stati impegnati in costituente, quindi ancora non so. Io sono in genere perplessa su figure indipendenti che poi magari risultano non esserlo", ha risposto all'Adnkronos Alessandra Maiorino, senatrice pentastellata e membro della Commissione affari costituzionali a Palazzo Madama secondo cui stasera alla riunione del gruppo, seppur non all'ordine del giorno, "verrà fuori anche questo".
Più possibilista sul "quarto uomo" invece Nazario Pagano (Fi), che da presidente della Commissione affari costituzionali a Montecitorio, sicuramente avrà voce in capitolo. "Sarò interessato e coinvolto. Ancora non ne abbiamo parlato ma io credo che non è detto che il giudice candidato debba essere per forza un esponente politico, anzi spesso accade il contrario. Non c'è nulla di strano che le opposizioni o la maggioranza sostengano un professore universitario, un costituzionalista, come lo stesso Marini. E' da considerare un'eccezione l'avere scelto un politico", dice all'Adnkronos.
Nel frattempo Elly Schlein un paio di settimane fa tra i papabili "forse per bruciarlo", dicono fonti vicine al governo, aveva indicato Roberto Garofoli, presidente di sezione del Consiglio di stato ed ex sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri durante il governo di Mario Draghi. "In una configurazione due più due Garofoli sarebbe condivisibile perché il profilo è altissimo - commentano - Ma in una ipotesi di equidistanza non lo è". "Singolare che Francesco Marini sia considerato dall'opposizione schierato mentre Garofoli, che ha avuto numerosi incarichi governativi, da Schlein non lo sia", chiosano. "La realtà è che nomi equidistanti non li ha né la destra né la sinistra. Trovarli è molto difficile".
Dietro le quinte avanza un altro "quarto nome" guardato con interesse da Pd, M5s, Avs e giudicato "straordinariamente bravo" da Pagano di Fi, in occasione del Convegno '75 anni di rapporti tra Stato e Chiesa cattolica nell’ordinamento costituzionale' presso la Sala della Regina a Montecitorio: E' Sandro Staiano, professore ordinario di Diritto costituzionale all'Università di Napoli Federico II ed ex presidente dell'Associazione italiana dei costituzionalisti con un trascorso dal 1993 al 1999 da sindaco di Pompei (eletto in una lista a forte matrice di sinistra). Critico sull'"espediente inglorioso" del Decreto Caivano, così come anche sul premierato, è attento osservatore di "altri meccanismi di razionalizzazione 'forte' della forma di governo parlamentare che sono invece noti e sperimentati.... come la sfiducia costruttiva", spiegava.
Acerrimo nemico della legge Calderoli che a suo parere "è un Sarchiapone giuridico" è a capo e fondatore dell’Osservatorio sul regionalismo della Federico II, considerato il think tank sull'autonomia differenziata del M5s. Infatti, da grande estimatore di Luigi Di Maio, "l’unico politico che ha dimostrato apertura al dialogo e che ha anche promesso di inserire nell’Osservatorio tutti i capi degli uffici legislativi dei ministeri", Staiano affermava che l'autonomia differenziata "crea una sperequazione e mina quello che noi studiosi chiamiamo la forma di Stato, crea una frattura fra territori e quindi incrina la libertà di un Paese". Lo hanno voluto in audizione informale sulla legge Calderoli Pd, M5s, Avs ed Fi. Potrebbe essere lui l'indipendente?
- 16:24 - Migranti: Pd, 'ancora caos su dl flussi, governo tenta salvare indifendibile accordo Albania'
Roma, 25 nov. (Adnkronos) - "Il rinvio in commissione evidenzia il caos normativo generato dal governo nel tentativo di difendere il protocollo con l'Albania sull’immigrazione, un provvedimento indifendibile che sta producendo solo enormi costi per le casse dello Stato". Lo afferma Simona Bonafè, capogruppo democratica in Commissione Affari Costituzionali della Camera.
"Un miliardo di euro è già stato speso, con procedure poco trasparenti e in deroga al codice degli appalti. Le stesse motivazioni con cui la maggioranza ha chiesto il ritorno in commissione per modificare ulteriormente il decreto flussi confermano che gli aspetti organizzativi delle Corti d’appello richiedono tempi molto più lunghi di quelli previsti. Avevamo chiesto che, nel passaggio in commissione, il provvedimento venga rivisto in modo profondo. Registriamo invece che l'unico interesse della maggioranza sembra essere quello di ostacolare il lavoro dei magistrati".
- 16:24 - **M5s: l'avv. Borrè, 'Grillo ha ancora un'arma, vecchio Statuto per cancellare Conte'**
Roma, 25 nov. (Adnkronos) - L'Assemblea costituente del Movimento 5 stelle ha deciso, ieri, di eliminare la figura del garante, alias Beppe Grillo. L'uscita di scena dell'Elevato dalla creatura che lui stesso ha fondato nel 2009, però, non è così scontata. Lorenzo Borrè, storico avvocato dei 'dissidenti' pentastellati, 'reo' di aver costretto Grillo e Gianroberto Casaleggio, con le sue tante cause, più e più volte a cambiare le regole pentastellate, spiega all'Adnkronos che le armi in mano all'ormai ex garante, almeno dal punto di vista giuridico, sono molte di più rispetto a quelle di Giuseppe Conte che, dalla sua, può sicuramente contare sulla base, come ampiamente dimostrato nella due giorni di 'Nova'. Ma quali sono effettivamente questi strumenti?
Per mettere al tappeto il presidente, il garante può, in prima istanza, riattivare la procedura di impugnazione del vecchio Statuto, quello del 2022, che lui stesso aveva definito 'seicentesco', perché ci sarebbero, dice il legale, "dei vizi di approvazione" tali da invalidare lo Statuto in cui era prevista la figura del presidente, come avvenne già nel febbraio 2022 quando il Tribunale di Napoli deliberò la sussistenza di gravi motivi per sospendere l'efficacia dell'approvazione dello Statuto e dell'elezione di Conte. L'impugnazione della seconda votazione non fu accolta, ma per il legale i vizi che inficerebbero anche la seconda approvazione dello Statuto rimangono sul tappeto. Con questa mossa, "sostanzialmente si eliminerebbe la figura di Conte", spiega ancora Borrè e sarebbe "l'ordalia finale, perché ne rimarrebbe soltanto uno".
Non è l'unica possibilità di Grillo per rimanere al timone del Movimento 5 stelle. Quella di ieri, precisa l'avvocato, "è stata solo una consultazione". Le indicazioni uscite dalle 'urne', secondo il legale, per diventare effettive devono essere tradotte in uno nuovo Statuto, che poi deve essere rimesso ai voti dell'Assemblea. Anche in questo caso, trattandosi di modifiche allo Statuto, serve che si raggiunga un quorum: il 50% più uno degli iscritti al M5S deve prendere parte alla votazione. Se non si dovesse arrivare a dama al primo tentativo, e le modifiche fossero approvate in seconda battuta senza il quorum qualificato, il comico genovese potrebbe chiedere di rinnovarla, mettendo la base di fronte allo stesso bivio: la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto deve prendere parte alla votazione affinché la cancellazione di Grillo diventi reale. E se le truppe grilline disertassero la votazione il raggiungimento del quorum salvifico questa volta potrebbe essere più problematico.
- 16:20 - M5s: la rivoluzione il giorno dopo, nodi su corso, collocazione e alleanze/Adnkronos
Roma, 25 nov. (Adnkronos) - Rivoluzione pentastellata - il giorno dopo. Se l'Assemblea costituente del Movimento 5 stelle venisse raccontata in un libro, potrebbe essere questo il titolo del capitolo dedicato ai sentimenti che aleggiano, oggi, dalle parti di Campo Marzio. La chiusura delle porte di Nova, al Palazzo dei Congressi di Roma, lascia dei grandi punti fermi. Il primo, il più importante, è che il M5S ha davvero voltato pagina. Il 'non-partito' che da 15 anni riempie i corridoi delle istituzioni e le pagine dei giornali si è trasformato, e si trasformerà ancora di più nei prossimi giorni, in qualcosa di nuovo - non a caso Nova, il nome scelto per la kermesse.
Giuseppe Conte, dal palco, ieri, ha richiamato a una visione identitaria diversa che si rifa a un pantheon valoriale composto da Domenico De Masi, Nuccio Ordine e persino Stefano Rodotà, l'uomo su cui i pentastellati avevano puntato le proprie fiches per il Quirinale nel 2013. E non è un caso: nuovo, infatti, non significa necessariamente che ci si ostina, si rimugina rispetto alla tradizione del passato, che di fortuna ne ha avuto, ma si porta in dote tenendo, però, conto del corso che la base ha voluto imprimere da ieri al Movimento 5 stelle. Anche sulle alleanze, e sulla collocazione nell'arco parlamentare.
La definizione di 'progressisti indipendenti' è forse una delle battaglie che il presidente ha vinto con maggiore forza, ma che vuol dire? I pentastellati si vogliono e si pongono in opposizione alle forze di destra e reazionarie con un modus operandi "genuinamente progressista" e persino populista, nel senso che parla e guarda al popolo, e vogliono anche dare delle soluzioni diverse a quelli che sono i problemi delle persone. In un mondo in cui ciò che interessa alla pancia della gente sono l'immigrazione e la sicurezza, è più che evidente che serva una ricetta diversa rispetto a quella della destra, ritenuta fallimentare, ma anche della sinistra, forse non troppo efficace, per esempio.
Quanto alle alleanze, l'aver sdoganato pubblicamente, collegialmente il correre da soli non implica che da oggi ci si possa sedere davanti a un giudice, o chi per lui, e unirsi in matrimonio con il Partito democratico e l'Alleanza Verdi e Sinistra. Piuttosto significa, come spesso detto dallo stesso Conte, che sulla base di un programma condiviso si possono sposare delle cause, anche e soprattutto elettorali.
Tra le porte chiuse, c'è anche quella lanciata sul muso di Beppe Grillo. Che ancora potrebbe mettere i bastoni tra le ruote all'ex premier. Nonostante si sia raggiunto il quorum dei votanti per le modifiche allo Statuto, nelle mani del garante (o ex) c'è ancora la possibilità di chiedere che le votazioni vengano ripetute. L'epilogo, c'è da dire, potrebbe essere lo stesso festeggiato in pompa magna ieri.
- 16:19 - Violenza su donne: Furfaro, 'Meloni chiusa nel Palazzo straparla senza sapere nulla'
Roma, 25 nov. (Adnkronos) - "Nella giornata contro la violenza sulle donne, la Presidente del Consiglio che fa? Attacca i diritti delle donne, dimostra di non sapere nulla delle problematiche delle madri - tanto meno di congedi - e straparla di famiglia. La 'donna del popolo' fa confusione tra congedi paritari e parentali, non conosce la fruibilità temporale di quest'ultimo, parla di combattere la 'vergogna' dei padri nel chiedere i congedi quando loro sono i primi a promuovere una famiglia in cui la donna non vale niente se non fa figli e sta a casa ad accudirli". Così Marco Furfaro del Pd sui social.
"Inoltre, qualcuno a Palazzo Chigi le dica che se vuole parlare dei problemi dei genitori almeno prima si informi sulle leggi del Paese di cui dovrebbe essere premier, visto che il congedo parentale si può usare fino a 12 anni e non nei primi sei anni del bambino. Chiusa nel palazzo, dimostra di non conoscere niente della vita delle persone e attacca l'obbligo di paternità. Che significa attaccare i diritti delle donne. Perché i congedi di paternità obbligatori liberano tempo e opportunità per le madri, sono essenziali per ottenere una più equa ripartizione delle responsabilità genitoriali e per permettere una precoce instaurazione del legame tra padre e figlio".
"Per questo, abbiamo presentato emendamenti comuni dell'opposizione per un congedo paritario obbligatorio e per obbligare a utilizzare i congedi parentali anche i padri. Se Giorgia Meloni vuole fare qualcosa per le donne, oltre a distruggere loro la vita, esca dalla villa e dal palazzo in cui si è rinchiusa e voti i nostri emendamenti alla legge di bilancio".