All’alba del della vigilia di Natale la Camera ha approvato il testo della Manovra: 197 i parlamentari favorevoli, 129 i contrari e due gli astenuti. La legge di Bilancio ora passa al Senato che la esaminerà a partire dal 27 dicembre.
La notte della lunga maratona è terminata alle 6.50 ed è cominciata con il primo “sì” di Montecitorio, quello sulla fiducia posta dal governo relativamente all’articolo 1, arrivato poco prima delle 22 con 221 voti favorevoli, 152 no e 4 astenuti. Una corsa contro il tempo per approvare il tutto, compreso di passaggio a Palazzo Madama, entro il 31 dicembre.
Il percorso della Manovra, fin qui, è stato non poco accidentato anche nelle ultime curve, con due emendamenti dell’esecutivo per correggere altrettanti errori nelle tabelle. “È come gli aerei, quando c’è un po’ di turbolenza, l’importante è atterrare”, dice il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.
Le correzioni alle tabelle sono arrivate dopo la fiducia, in maniera del tutto irrituale, tanto che le opposizioni hanno attaccato duramente anche su questo chiedendo di intervenire con altri provvedimenti sui due temi in questione, cioè i fondi per l’acquisto di villa Verdi e uno stanziamento per combattere la peste suina in Piemonte, ma di non toccare più il testo della Manovra evitando di creare un precedente con questa forzatura.
Dopo l’approvazione dei nuovi emendamenti del governo, l’esame è proseguito fino alle 23.30 circa, quando l’Aula ha cominciato a esaminare i 240 ordini del giorno. Intanto il Consiglio dei ministri, riunito a Montecitorio, ha approvato la nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e il bilancio pluriennale per il trienni 23-25, apportando le modifiche derivanti dagli emendamenti della Camera. Il disegno di legge di bilancio 2023-2025, comprensivo degli emendamenti approvati, attesta il saldo netto da finanziare di competenza a circa 200,7 miliardi di euro nel 2023, a 134,2 miliardi di euro nel 2024 e a 113,2 miliardi di euro nel 2025. Il corrispondente livello del saldo netto da finanziare di cassa risulta pari a 255,7 miliardi nel 2023, a 176,2 miliardi nel 2024 e a 149 miliardi nel 2025. Nota che è stata poi approvata anche dalla Camera, prima del voto finale.
L’attacco frontale delle opposizioni – Prima, durante le dichiarazioni di voto, erano arrivati gli attacchi frontali di Pd, M5s e Alleanza Verdi Sinistra sull’impianto della manovra, definita una “imbarazzante improvvisazione” che ha creato un provvedimento “iniquo e inadeguato”, tra smantellamento del reddito di cittadinanza e il ritorno dei voucher. Ovvero di “schiavismo 2.0”. Per il presidente dei Cinque Stelle Giuseppe Conte, il governo ha dimostrato “improvvisazione” nello scrivere il provvedimento “più volte per interi pezzi”, partorendo alla fine “una manovra che è un coacervo e caotico inventario di misure sbagliate, errori macroscopici, retromarce fatte sulla pelle di famiglie e aziende in difficoltà”.
“Siete proni, non pronti” – E alla fine, ha sottolineato Conte, “qualche applauso vi è arrivato dai falchi europei dell’austerità”. Un passaggio che diventa un affondo pesante: “Il vostro slogan non doveva essere ‘siamo pronti’, ma siamo proni”, ha rimarcato il leader M5s con un gioco di parole sul claim di Fratelli d’Italia durante la campagna elettorale accusando il governo di “andare in Ue con il cappello in mano”. Debora Serracchiani, invece, attaccando su sanità, opzione donna, reddito di cittadinanza e redistribuzione della ricchezza ha parlato di una legge di Bilancio che è la “carta d’identità” della destra: “È iniqua e inadeguata a far fronte alle difficoltà del Paese. Dà a chi ha di più e toglie a chi ha di meno, manca di una visione del Paese e non investe sul futuro”, ha ribadito più volte. “Tagliate i finanziamenti a lotta alla povertà, fate cassa sui più poveri – è stato il suo ragionamento – per dare i soldi a chi le tasse non le paga”. E si è soffermata anche sul reddito di cittadinanza, smantellato dal governo: “Per noi va riformato ma non va eliminato come strumento di lotta alla povertà perché è l’unico strumento che c’è”.
“Schiavismo 2.0 con voucher e reddito” – La quasi cancellazione della misura bandiera dei Cinque Stelle è stata contestata pesantemente da Conte: “State creando le permesse di un grande disastro sociale e state compromettendo la coesione sociale, che è il tessuto connettivo della nostra società”, ha detto il presidente del M5s. A suo avviso, l’addio al reddito “unito all’indifferenza per le buste paga e il ricorso massiccio ai voucher” significa che “avete una visione distorta del mercato del lavoro. La riassumo in un concetto: schiavismo 2.0″.
“Considerate la povertà una colpa” – L’Italia, ha poi aggiunto Serracchiani, “aveva bisogno non solo di ben altro, ma di tutt’altro: più coraggio, energia, visione, capacità di ascolto ma soprattutto più giustizia”. Per la capogruppo dem si tratta di una manovra “profondamente ingiusta” che attraverso “una decina di condoni” fa “cassa sui più poveri”. La destra, ha concluso, “considera la povertà una colpa, e questa è la manovra di bilancio politica che rappresenta la carta di identità della destra di governo”. Duro anche il capogruppo dell’Alleanza Verdi Sinistra, Marco Grimaldi: “Dodici sanatorie in una sola manovra che si potrebbe riassumere con un titolo: ‘Meglio un giorno da Lotito che 100 da poveri'”, ha detto in Aula sottolineando che “avevamo basse aspettative, ma cribbio… questa manovra è una doppietta contro la povertà, un safari umano”. Dall’altra parte, secondo Grimaldi, la maggioranza ha “lavorato alacremente sulla conservazione dei privilegi, ma le opposizioni sono rimaste unite respingendo il blitz sulla depenalizzazione dei reati fiscali. Siamo pronti a fermarvi ancora e finire questa notte il prima possibile”.
Il caso dei due emendamenti ripescati – Gli ultimi due errori che hanno costretto il governo a intervenire dopo la fiducia con un emendamento riguardano i fondi per l’acquisto di Villa Verdi, sul quale si era impegnato il ministro Gennaro Sangiuliano, perché di fatto esclusi dall’inserimento della Carta cultura giovani, e l’altro lo stanziamento di 400mila euro, sempre risorse dell’esecutivo, per contrastare la peste suina in Piemonte, su cui invece in commissione non si era trovato l’accordo politico per usare il fondo parlamentare. La svolta, raccontano le opposizioni, è arrivata per il pressing dei capigruppo di Lega e FdI, Riccardo Molinari e Tommaso Foti, ed è stata messa nero su bianco in due emendamenti del governo alle tabelle, da approvare in Aula dopo la votazione sulla fiducia, che riguarda solo il testo della legge. “È una forzatura della maggioranza: recupera dopo la fiducia un emendamento di FdI e uno della Lega”, hanno attaccato dal Pd, sostenendo che l’acquisto di Villa Verdi, “si riferisce a un emendamento già soppresso” in commissione.