Volodymyr Ruchkovskyi stava per andarsene, ma prima aveva un’ultima commissione da sbrigare: doveva comprare cibo per suo padre, intenzionato a rimanere, nonostante la guerra. Ma prima che riuscisse a raggiungerlo, i russi hanno fatto fuoco sulla sua auto e lo hanno ucciso. Il suo corpo è rimasto lì per settimane. Anche Zhanna Kameneva, che all’inizio dell’invasione aveva aiutato i civili a lasciare la città, voleva lasciare la città: quello era il suo ultimo giorno da volontaria. È uscita di casa, ma non è più tornata ed è morta sulla strada che percorreva ogni giorno in auto. Crivellata di colpi. Volodymyr e Zhanna sono due delle vittime del massacro di Bucha: il New York Times è riuscito a ricostruire le loro ultime ore insieme a quelle di altre 34 persone uccise nella strage. Erano tutti pronti a lasciare la città, probabilmente per sempre. Ma sulla via della fuga sono stati trucidati.
E l’inchiesta del giornale rivela anche che i responsabili del massacro – nel quale sono morte 360 persone – sono stati i paracadutisti russi del 234mo reggimento d’assalto aereo guidato da Artyom Gorodilov. Una strage che secondo il Nyt era parte di un “deliberato e sistematico sforzo di assicurarsi spietatamente una rotta verso Kiev“. L’indagine condotta è stata in grado di ricostruire minuto per minuto la strage sulle strada di Yablunska grazie anche a conversazioni telefoniche e segnali in codice usati dai comandanti sui canali radio russi. Zelensky l’ha definito “un genocidio” e ha diffuso un video che prova la responsabilità dell’unità militare russa nell’uccisione di civili in una particolare strada di Bucha, Yablunska Street. Smentendo, quindi, la posizione di Mosca che parla di “provocazioni da parte di ucraini radicali”.
“I soldati hanno interrogato e giustiziato uomini disarmati in età da combattimento e ucciso persone che inconsapevolmente incrociavano le loro strade, che si trattasse di bambini in fuga con le loro famiglie, gente del posto che sperava di trovare generi alimentari o persone che cercavano semplicemente di tornare a casa in bicicletta”, ha riferito il New York Times. “Quasi tutte le vittime che abbiamo identificato in Yablunska Street erano civili o prigionieri di guerra ucraini. La loro uccisione potrebbe essere perseguita dalla Corte penale internazionale e considerata crimine di guerra ai sensi del diritto internazionale umanitario“, ha scritto il giornale. “A causa della loro natura sistematica e diffusa, le uccisioni a Bucha potrebbero anche costituire crimini contro l’umanità”, ha aggiunto.