Le sale aperte per la prima volta il 25 con una decisione last minute che coinvolge 27 lavoratori di una municipalizzata e di una ditta in appalto. La lettera dei dipendenti: "Potere esercitato in modo arbitrario, almeno moralmente". I sindacati ottengono un riconoscimento extra, viste le scarse maggiorazioni previste dal contratto
Precari e pagati meno di 8 euro l’ora, anche a Natale. Per alcuni lavoratori del museo di Palazzo Vecchio a Firenze questo 25 dicembre non sarà una festa da trascorrere insieme alla famiglia e gli amici, oppure in un viaggio grazie alle ferie pianificate da tempo, ma un giorno di lavoro tra malumori e polemiche dopo che l’amministrazione guidata da Dario Nardella ha deciso di tenere aperto per la prima volta il museo civico in Piazza della Signoria anche in quello che da sempre è l’unico giorno di chiusura dell’anno. “Ringraziamo i lavoratori per il bel regalo ai fiorentini e ai turisti dando un’opportunità in più per visitare questi splendidi musei”, aveva annunciato il sindaco di Firenze su Twitter, lasciando intendere che l’iniziativa trovasse favorevoli tutte le parti coinvolte.
Immediata è stata però la reazione contrariata dei dipendenti dell’Associazione Muse e della multiservice Rear che gestiscono – la prima controllata dal Comune di Firenze, la seconda in appalto – il personale non comunale del museo: “Molti di noi guadagnano meno di mille euro al mese, molti di noi sono part-time, molti di noi hanno contratti precari. Il giorno di Natale faremo il nostro lavoro come abbiamo sempre fatto, senza lamentarci”, si legge nella lettera aperta che alcuni dei lavoratori indirizzato alla Giunta, specificando che la decisione (peraltro non ancora ufficiale al momento del tweet) è stata improvvisa e soprattutto non tiene conto della base volontaria dell’impiego durante i festivi.
“I più fortunati erano riusciti a prendere 2-3 giorni di ferie intorno a quell’unico giorno festivo per andare via qualche giorno, molti per andare a trovare la propria famiglia, spesso in un’altra Regione”. “Viste le modalità e i tempi – concludono i lavoratori all’indirizzo dell’amministrazione – è un potere esercitato in modo arbitrario, se non legalmente, almeno moralmente”. L’apertura natalizia ci sarà: il museo accoglierà i visitatori dalle 14 alle 19, un pomeriggio che impegnerà 7 dipendenti di Muse per la biglietteria e l’ingresso, e 20 di Rear per la presenza in sala e la sorveglianza.
Questi “non hanno un piano ferie, guadagnano 7,53 euro l’ora e nei giorni festivi il loro contratto prevede una maggiorazione del 20%”, denuncia a Ilfattoquotidiano.it Giuseppe Martelli, funzionario del sindacato Filcams Cgil di Firenze che insieme a Fp Cgil ha intavolato una trattativa con la vicesindaca e assessora alla cultura Alessia Bettini e le aziende affinché chi entrerà in servizio anche a Natale venga adeguatamente ricompensato.
“C’è molta rabbia e frustrazione tra i lavoratori. La questione non è aprire o meno il museo, ma è come li organizzi e li paghi”, continua Martelli che, per l’apertura straordinaria, ha ottenuto insieme alla Funzione pubblica della Cgil, il diritto a un bonus di 100 euro per ciascun dipendente di Muse mentre 80 euro a testa andranno agli assunti dalla multiservice che ha in appalto, tra gli altri, anche del personale nel museo di Santa Maria Novella sempre a Firenze e nei Musei Egizi di Torino. Dopo gli incontri la vicesindaca Bettini, ringraziando gli operatori per lo spirito di servizio, ha spiegato che lo scarso preavviso è “legato alle incertezze di bilancio di questi tempi” che “rendono difficile per le amministrazioni comunali anche fare programmazioni” e sottolineano che come Comune “ci faremo parte attiva nella fase di rinnovo del contratto della cooperativa Rear”.
Un accordo “palliativo” che almeno evita che le persone vengano pagate come il loro contratto prevede per la domenica o i normali giorni festivi. Ma che, sempre secondo Martelli, non è stato facile da raggiungere specialmente con la Rear: “Per assicurare la presenza di personale davanti alla richiesta del Comune, l’azienda aveva cominciato di fatto a cooptare i lavoratori a chiamata, che in una situazione del genere hanno un potere contrattuale praticamente pari a zero”. E accusa la cooperativa, sostenendo che “non ha mai riconosciuto formalmente il patto” non firmando insieme alle parti alcun verbale ma limitandosi a “informare i dipendenti che riceveranno il bonus”. Rear, contattata da ilfattoquotidiano.it, al momento di pubblicare non si è ancora espressa sul caso.
Una vicenda che solleva importanti questioni sulla gestione del lavoro culturale attraverso l’esternalizzazione: “Questa decisione e la logica del tutto aperto è sbagliata”, dice al Fatto.it il segretario provinciale di Fp Cgil Alessandro Giorgetti. “Lo diciamo da sempre, non solo sul piano dei diritti sacrosanti di cui tutti i lavoratori devono godere, ma anche su quello economico e sociale – conclude – Se l’amministrazione comunale ritiene che i servizi culturali siano essenziali come leva del turismo allora deve investire nella loro gestione diretta per migliorare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori”.