Quando ero adolescente sognavo di diventare l’Uomo Ragno, ma farmi mordere da un ragno radioattivo non mi garbava come idea, allora optai per Dio, pregavo Dio ogni sera di darmi il potere di arrampicarmi sui muri, facevo delle prove sul muro della mia cameretta (mio fratello mi guardava in modo strano) ma niente da fare, non facevo presa, inizia a dubitare dell’esistenza di Dio e diventai poco a poco ateo. In un mondo senza Dio decisi di diventare io stesso un dio: sarei diventato un regista!
Col tempo mi resi conto che il vero dio del mondo del cinema è il denaro, quindi il produttore, allora cambiai idea è decisi di diventare il regista della mia vita, l’unico kolossal a mia disposizione, un kolossal a misura d’uomo. Ebbene, nella mia vita ho avuto un dono meraviglioso: l’amicizia con Silvano Agosti e Bruno Zanin.
Non a caso si tratta di due irregolari, due artisti che hanno fatto la storia del cinema ma che nello stesso tempo appartengono più alla vita che al mondo del cinema. Il sogno di calpestare il tappeto rosso di Cannes o di Venezia è svanito, ma in compenso ho capito che il mio tappeto rosso non ha bisogno di festival per esistere, ho capito che il mio tappeto rosso è il volto umano e sono diventato un video ritrattista, uno dei migliori in circolazione (la modestia? che roba è?).
Volevo diventare l’Uomo Ragno ma ho scoperto di non essere un arrampicatore sociale, quello che mi interessa è l’amicizia, non il denaro e i suoi sottoprodotti. Così ogni mio “film” è solo l’espressione di un sentimento di amicizia, ogni volta che mi incontro con Silvano o con Bruno accendo la mia videocamera e loro si lasciano catturare con generosità, donandomi la loro anima, la loro naturalezza, ed è quello che più mi interessa come regista.
Ho dei ricordi bellissimi: un pomeriggio passato con Silvano sul suo motorino in giro per Roma, io dietro con la mia videocamera e lui a guidare nel traffico, mentre mi parla della sua vita, dei suoi amori, di Lea Massari, del suo incontro con Buñuel e Bergman, della sua amicizia con Monte Hellman o Alejandro Jodorowsky.
Con Bruno ricordo una passeggiata per Milano dove gli dico “tu hai tentato di sollevare la tabaccaia in Amarcord, ora io cercherò di sollevare te” e l’ho sollevato mentre lui mi fissava tra il divertito e il compassionevole. Sono diventati amici intimi, hanno conosciuto la mia famiglia, sono venuti a passare dei giorni con me nella casa del mare, hanno dormito sul mio divano, ci siamo svegliati assieme, abbiato fatto colazione assieme, pranzato e cenato, li ho visti in mutande o con deliziosi asciugamani rosa attorno alla vita, abbiamo avuto amici in comune, abbiamo chiacchierato di tutto: di cinema, ma soprattutto d’amore e di libertà.
Silvano fa parte della storia del cinema (tutti i film che ha diretto e montato) e fa parte della storia della mia vita, mi ha dato fiducia in me stesso, mi ha sostenuto con il suo affetto e la sua stima, si è detto fiero di avermi passato il testimone della creatività legata alla vita pulsante, e questo per me è come avere vinto la Palma d’oro a Cannes, anzi: molto meglio. Con Bruno posso dire di essere uno dei suoi registi, e i suoi registi sono stati Fellini per il cinema e Ronconi e Strehler per il teatro, e scusate se è poco, non so se rendo l’idea.
Molti miei “colleghi” fanno film con i soldi, tanti soldi, vanno nei festival, dirigono spot della Nike, ma quanti di loro possono vantare un “curriculum vitale” così luminoso? Conservo con amore un poster di Amarcord dove Bruno (Titta) ha scritto con il pennarello: a Ricky, amico poeta e viveur, con stima e affetto. Sono un dilettante perché per me conta solo il diletto, ma quanti dilettanti possono vantare questi doni così preziosi? Se sono miei amici, significa che hanno visto qualcosa in me, vuoi vedere che anche io sono un artista?
Così mi ripeto nei momenti di sconforto (a volte ci sono), quando mi sento ignorato, negletto, misconosciuto, preso in giro dagli haters (“sei un fallito, nessuno ti caga”). Sarò pure un fallito, ma ho la stima e l’amicizia di Bruno Zanin e Silvano Agosti, loro sono il mio regno, il regno dell’amicizia e della vita, ed è in fondo anche il regno del cinema, se cinema è movimento, quindi: vita. Che dire di più? Io sono felice di essere Ricky Farina e solo questo conta, terribilmente felice.
Vi lascio con due piccoli video ritratti a Bruno e a Silvano, per chi ha tempo, curiosità e voglia di vederli, sono film semplici, dilettanteschi e dilettevoli, come il sottoscritto.