Tre anni e mezzo di lotta in difesa del posto di lavoro per poi tornare al punto di partenza. La vertenza Whirlpool di Napoli si è ufficialmente conclusa lo scorso anno con la conferma della chiusura della fabbrica e le prime lettere di licenziamento. Oggi fuori lo stabilimento di via Argine le insegne della multinazionale americana non ci sono più ma aggrappate ai cancelli restano le speranze dei 317 ex operai che adesso hanno un anno di tempo prima di perdere anche la fruizione della Naspi, l’indennità mensile di disoccupazione che ammonta a 800 euro e già dai prossimi mesi diminuirà gradualmente. Abbiamo incontrato i lavoratori dell’ex polo industriale partenopeo in occasione dell’assemblea indetta per spiegare i risultati dell’ultimo tavolo che si è tenuto a Roma lo scorso 14 dicembre con governo e sindacati. Ci hanno raccontato come vivono questo periodo di festa tra le residue speranze e le mille incertezze sul futuro. “Fino a qualche anno fa il Natale era un periodo di festa – ci dice una ex lavoratrice – organizzavamo eventi natalizi aziendali, facevamo tanta solidarietà ma oggi non c’è più nulla”. “A me a Natale mi piaceva portare i miei figli al centro commerciale per comprare anche solo dei vestiti – ci racconta un altro ex lavoratore – ma oggi con 800 euro al mese che piano piano saranno ancora meno non ce lo possiamo più permettere, noi siamo quel ceto medio che in questo Paese sta scomparendo”.
“Ci è stato detto che entro il 31 dicembre lo stabilimento sarà acquisito nella Zes (Zona economica speciale) – ci spiega Vincenzo Accurso, rsu Uilm – questo significa che la proprietà della fabbrica dalla Whirlpool passa alla Regione Campania, successivamente, a gennaio 2023, dovrebbe essere formalizzato l’avviso pubblico per la ricerca di potenziali investitori. Ad oggi – conclude Accurso – dopo tre governi, centinaia di incontri e mille promesse, l’unica certezza è che più di 300 famiglie, per lo più monoreddito, tra un anno si troveranno in mezzo a una strada”.
Il governo Meloni è il quarto esecutivo con cui gli ex operai Whirlpool di Napoli dovranno interloquire per tornare a lavoro. A produrre cosa e per conto di chi non si sa, perché mentre è cambiato il governo, il ministro e pure il nome del ministero di riferimento (oggi il Mise si chiama Mimit), l’unica cosa immutata è l’assenza di una cordata di imprenditori pronti a rilanciare l’area industriale di Napoli facendosi carico di queste 317 persone. “Se ci fossero state leggi e interventi seri a tutela del lavoro, Whirlpool non sarebbe andata via dall’Italia – ci dice Francesco Petricciuolo, ex responsabile produzione Whirlpool Napoli – quindi il lavoro io l’ho perso perché chi doveva fare politica non l’ha fatto correttamente, quello che io rivendico non è un sussidio ma la possibilità di tornare a lavorare a 54 anni, ma è un’età in cui sei troppo vecchio per lavorare e troppo giovane per smettere”. La pensione è un miraggio per quasi tutti gli ex lavoratori partenopei. “Qui siamo stati assunti che eravamo ventenni o trentenni – ci dice un operaio – quasi nessuno di noi è prossimo alla pensione, ci mancano dai 15 ai 20 anni di contributi, ma come facciamo?”.