Nuove tensioni a Zubin Potok, la località del nord del Kosovo interessata dai blocchi stradali e dalle barricate dei serbi. Ieri sera, infatti, si è udita una sparatoria i cui contorni restano ancora da chiarire. Kfor, la Forza Nato in Kosovo, ha confermato gli spari avvenuti non lontano da una propria postazione, sottolineando tuttavia che essi non erano diretti contro i suoi militari dispiegati nella regione per il monitoraggio della situazione. Indagini sono in corso da parte della polizia locale e delle autorità di Pristina per far luce sull’episodio, che ha suscitato grande allarme. Dopo che il premier kosovaro Albin Kurti ha definito nei giorni scorsi non più tollerabili le barricate, il presidente serbo Aleksandar Vucic ha avuto ieri sera un consulto con la premier Ana Brnabic e i vertici militari.
Il capo di stato maggiore serbo, generale Milan Mojsilovic si è recato a ridosso del confine con il Kosovo assicurando che l’Esercito adempirà in pieno ai compiti assegnatigli, senza fornire tuttavia particolari. “I compiti che l’Esercito ha ricevuto sono precisi e chiari e saranno attuati interamente“, ha detto Mojsilovic, che ha definito complessa la situazione in Kosovo, aggiungendo di aver richiesto la “presenza dell’esercito serbo lungo la linea amministrativa” con il Kosovo, come riporta la televisione statale Rts. Da parte loro, gli ambasciatori a Belgrado dei Paesi del Quint – Usa, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia – hanno chiesto al presidente Vucic di intervenire perché venga posto fine rapidamente a blocchi stradali e barricate, una situazione che si protrae da 17 giorni e che condiziona pesantemente il sistema di trasporti e comunicazioni nel nord del Kosovo. La locale popolazione serba protesta contro l’arresto ritenuto ingiustificato di tre serbi, due dei quali ex agenti dimissionari della polizia kosovari, e per la presenza nel nord di ingenti forze della polizia speciale inviate da Pristina per rafforzare la lotta a corruzione e criminalità.
Il Kosovo rimane una zona calda nei Balcani, anni dopo la guerra del 1998-99 che si è conclusa con l’intervento della Nato. La Serbia non riconosce la dichiarazione di indipendenza del 2008 del Kosovo, sua ex provincia, mentre gli sforzi occidentali per mediare una soluzione sono finora falliti. “È importante che tutte le parti coinvolte evitino qualsiasi retorica o azione che possa causare tensioni e far degenerare la situazione”, ha dichiarato la Kfor in un comunicato. “Ci aspettiamo che tutti gli attori si astengano da provocatorie dimostrazioni di forza e cerchino la soluzione migliore per garantire la sicurezza di tutte le comunità”, ha aggiunto.
I timori di incidenti sono aumentati dall’inizio della guerra in Ucraina, visto che gli Stati Uniti e la maggior parte dei Paesi dell’Unione europea hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, mentre la Serbia si è affidata alla Russia e alla Cina nel tentativo di mantenere le proprie rivendicazioni sulla provincia. Le tensioni in Kosovo sono aumentate ulteriormente nelle ultime settimane e mesi per diverse questioni, nonostante gli sforzi internazionali per intensificare gli sforzi di mediazione. Recentemente cittadini di etnia serba nel nord hanno eretto dei blocchi stradali per protestare contro l’arresto di un ex poliziotto serbo. In precedenza i serbi del nord avevano abbandonato le istituzioni del Kosovo, sostenendo di essere stati aggrediti dalle autorità kosovare. Belgrado ha ripetutamente avvertito che avrebbe protetto i serbi locali “con tutti i mezzi” se fossero stati attaccati. Il governo del Kosovo ha chiesto alle truppe della Nato, dispiegate nel 1999 dopo che l’Alleanza aveva bombardato la Serbia per farle abbandonare il Kosovo, di rimuovere i blocchi stradali serbi.