Il quotidiano statunitense cita fonti che si stanno occupando delle stime di valutazione dei costi. Danneggiato da ordigni sottomarini lo scorso settembre il gasdotto che collega Russia e Germania ha una capacità di 50 miliardi di metri cubi di gas all'anno
Mezzo miliardo di dollari (470 milioni di euro). A tanto ammonterebbe il costo delle riparazioni del gasdotto sottomarino Nord Stream danneggiato da una serie di esplosioni dolose lo scorso settembre. Lo riposta il quotidiano statunitense New York Times, che cita una persona informata sui lavori. “Nelle ultime settimane, Nord Stream AG, che è di proprietà di maggioranza di una società controllata dal Cremlino, ha iniziato a preventivare i costi per riparare il tubo e ripristinare il flusso di gas, secondo una persona informata sui lavori che ha parlato a condizione di anonimato perché non era autorizzato a parlarne pubblicamente”, scrive il giornale. “Una stima di riparazione parte da circa 500 milioni di dollari, ha detto questa persona. I consulenti per la Russia stanno anche studiando per quanto tempo i tubi danneggiati possono resistere all’esposizione all’acqua salata“. “Le inchieste – continua il Nyt – sollevano la questione del perché, se la Russia ha bombardato i propri oleodotti, abbia avviato il costoso lavoro di riparazione degli stessi”.
Nei giorni scorsi il Washington Post ha pubblicato un approfondimento sulla vicenda del gasdotto citando una serie di opinioni di autorevoli esperti da cui emerge come, al momento, non ci sia nessun elemento concreto per sostenere una responsabilità di Mosca come inizialmente ipotizzato. Il gasdotto corre sotto le acque del mar Baltico unendo le coste russe con quelle tedesche. Ha una capacità di 50 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Nel 2022 è stata completato il raddoppio della condotta per una capacità aggiuntiva di altri 50 mld di metri cubi. Il Nord Stream 2 non è però mai entrato in funzione a causa dello scoppio della guerra in Ucraina e delle ricadute geopolitiche. Prima dell’incidente i flussi di gas dal Nord Stream erano già stati fortemente ridotti (circa il 20% del potenziale) per decisione di Mosca.