Il primo a realizzare nella “Casa degli orfani” a Varsavia il tribunale dei bambini è stato il pediatra e pedagogista ebreo Janusz Korczak. Settant’anni più tardi a creare lo stesso progetto del medico che venne deportato con i suoi ragazzi, è l’istituto superiore “Besta” di Treviso che nei giorni scorsi, nella sede centrale di Borgo Cavour, ha inaugurato l’aula di mediazione, un vero e proprio mini tribunale composto da professori e studenti per risolvere le controversie interne. Qui non si parla di sanzioni, di punizioni, di lavori socialmente utili al posto delle sospensioni come ha auspicato il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara. La filosofia o meglio la visione pedagogica della dirigente Renata Moretti e dei suoi docenti è un’altra: creare dialogo, confronto, riflessione, occuparsi della persona offesa ma anche di chi ha compiuto un atto contrario.

Tradotto nella pratica quotidiana d’ora in poi al “Besta” quando ci sarà un litigio, una controversia, un atto di bullismo tra ragazzi o tra alunni e docenti, in maniera volontaria, i soggetti coinvolti potranno usufruire della mediazione fatta da studenti che sono stati a lungo formati per rivestire questo ruolo. Dietro questo progetto c’è il concetto della giustizia riparativa affrontato in ambito penale e ora tradotto tra i banchi di questa scuola grazi alla sensibilità della referente d’istituto per il bullismo e dell’associazione “La Voce” che nei mesi scorsi è entrata nelle classi per dare vita a questa iniziativa. “Un’esperienza simile – spiega la dirigente al FattoQuotidiano.it – esiste già a Sacile in Friuli Venezia Giulia dove questa scuola si è gemellata per questo progetto con una realtà spagnola. Anche nel mio istituto abbiamo sposato in pieno questi valori. Vogliamo dare una dimensione diversa al riparare il male facendo altro male; ad esempio somministrando una sanzione se non hai rispettato il regolamento. Vogliamo restituire la dignità alla persona offesa ma anche stimolare l’empatia di chi ha compiuto qualcosa che non va. Non obblighiamo gli studenti ma è un principio di volontarietà”.

A fare da mediatori sono dieci studenti di terza, quarta e quinta che con venti docenti hanno seguito un corso proposto dall’associazione “La Voce”. Nella prima fase d’avvio, i ragazzi mediatori (la maggior parte son studentesse) saranno accostati dai professori poi faranno da soli. “La mediazione viene fatta – illustra Moretti – in diverse fasi e step con più incontri tra lo studente offeso e chi ha compiuto il danno”. Un modello che potrebbe servire anche a governare i conflitti tra professori o con la stessa preside: “Perché no? Non escludo – dice la capo d’istituto – di utilizzarlo anche per noi adulti magari con un docente come mediatore al posto di un ragazzo”. Ora si passa alla fase attuativa: “Sembra brutto dirlo ma aspettiamo qualche controversia per capire come andrà”, sottolinea la preside. L’aula sarà presto replicata anche nella sede staccata di via Medaglie d’Oro e anche nella scuola secondaria di primo grado Stefanini.

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