di Michele Sanfilippo
Quando Enrico Letta ha detto che gli occorrerebbe una bacchetta magica per ricucire il partito con il Paese o non ha capito cosa fare – cosa che, a onor del vero, gli capita spesso – o, più probabilmente, non osa dirlo.
Il Pd, come molti altri partiti, è un organismo autoreferenziale. Privo di legami veri con coloro che dovrebbe rappresentare, vive di liturgie interne il cui solo scopo è il controllo del comitato direttivo, al cui interno militano, senza una vera approvazione degli elettori, persone che non verrebbero votate neppure dai parenti più stretti, come Matteo Orfini, Piero Fassino, Lorenzo Guerini, etc.
Questo “concistoro” poi, attraverso i listini bloccati, fa eleggere in parlamento persone che, invece, verrebbero accolte a braccia aperte da elettori del centrodestra, come per esempio Pier Ferdinando Casini. Di occuparsi della crescente povertà negli strati meno abbienti del paese, delle problematiche ambientali, dei problemi della giustizia o della moralità della classe dirigente neanche a parlarne.
Il “problema”, come aveva già capito Enrico Berlinguer ai tempi della famosa intervista a Eugenio Scalfari sulla questione morale, è la forma partito (come pure, del resto, quella del sindacato). Quindi, caro Letta, è evidente cosa occorre fare:
1. Uscire dal palazzo e dai salotti buoni per guardare cosa avviene nel paese reale;
2. Essere inflessibili sugli aspetti etici dei propri rappresentanti. Il fatto che alcuni comportamenti non costituiscano reato non significa che siano politicamente accettabili;
3. Sottoporsi a periodiche conferme da parte degli elettori che devono poter scegliere i propri eletti.
Non credo che nel Pd ci sia abbastanza disponibilità per togliere le mani dalle posizioni di rendita finora acquisite per portare avanti un’operazione di tale portata. Non credo neppure che un elettore di sinistra possa fare riferimento al solo Movimento 5 Stelle, che ha dato ampia dimostrazione dei limiti della democrazia diretta. Durante tutti gli anni di governo abbiamo visto tanta incompetenza, mancanza di visione e, qualche volta, ottusità.
Ma sarebbe un errore gettare via il bambino con l’acqua sporca, perché il Movimento 5 stelle ha portato una ventata di rinnovamento mostrando una certa indipendenza dal potere economico (che, quindi, l’ha avversato in ogni occasione) e attenzione ai più deboli.
Inoltre, rispetto al passato, Giuseppe Conte è riuscito a dare un’identità più caratterizzata a sinistra rispetto al passato. Ma non è abbastanza, perché i problemi relativi alla qualità di molti dei rappresentanti parlamentari sono ancora tutti lì. Per chi, come me, auspica di poter tornare ad aver una formazione politica che sia di riferimento per chi professa principi di sinistra, la strada passa nello stretto sentiero che sta tra le macerie del Pd e l’auspicabile, anche se difficile, evoluzione del Movimento 5 Stelle verso l’apertura al mondo della cultura e dell’associazionismo.