L’Influenza Australiana? Già a partire da questo dicembre 2022 sta costringendo a letto migliaia di persone e si diffonde a ritmi elevati nell’intera popolazione, stando ai dati che si trovano su InfluNet – la Rete di Sorveglianza Integrata dell’Istituto Superiore di Sanità. I sintomi? Febbre, tosse, mal di gola. “Questo è allora il momento ideale per riscoprire le documentate proprietà scientifiche dell’alimento miele, evitando di sovraccaricare l’organismo solo con i farmaci. Il miele, tra l’altro, racchiude tante ottime vitamine del gruppo B e C, e due antibiotici naturali, l’inibina (o perossido d’idrogeno) e la germicidina, due sostanze di grandissimo livello che ci permettono quando abbiamo mal di gola, muco e disturbi delle vie aeree superiori di prenderci una bella tazza di latte (o altra bevanda preferita) e miele” afferma il professor Giorgio Calabrese, noto volto televisivo, docente di Alimentazione e Nutrizione Umana all’Università del Piemonte Orientale e Presidente del Comitato Nazionale Sicurezza Alimentare del ministero della Salute.
“E questa è una consuetudine che ci arriva direttamente dalle tradizioni popolari. Quindi ha torto chi dice di mollare i rimedi della nonna, che sono concetti vecchi, visto che oramai abbiamo gli antibiotici e gli antinfiammatori in genere. Ormai è certo che il miele ha proprietà batteriostatiche naturali, capaci di bloccare la riproduzione dei batteri, ma non di ucciderli”. E aggiunge. “Ma se voi mi domandate se si può curare la faringite esclusivamente con il miele, risponderò sicuramente di no. Il motivo? Si può aiutare il corpo quando ancora non c’è infezione e il miele rappresenta un’ottima misura dietetica per rafforzare le difese immunitarie e alleviare i sintomi. Il cibo, è cibo, non cura ma aiuta quando c’è una malattia, aiuta i farmaci ad avere una migliore azione terapeutica”. Ma a sentire un recentissimo lavoro scientifico il miele, in particolare quello di acacia e trifoglio – purché non pastorizzati – ha sorprendenti effetti positivi su glicemia a digiuno e colesterolo. Evidenze basate su una nuova revisione sistematica e meta-analisi condotta dagli scienziati dell’Università di Toronto su 18 studi controllati con 1.105 pazienti.
L’équipe di ricercatori ha, in definitiva, valutato l’effetto dell’assunzione di 40 g di miele al dì (2 cucchiai da cucina) su glicemia, grassi, colesterolo. E come si è valutata la certezza delle prove? Si è ricorsi all’approccio GRADE (Grading of Recommendations, Assessment, Development and Evaluation), un metodo che si avvale di un approccio condiviso, sensibile e trasparente per migliorare la valutazione delle prove che provengono dalla letteratura scientifica. “E’ cosi che abbiamo visto che il miele ha abbassato il livello di glicemia a digiuno, il colesterolo totale e LDL conosciuto come quello cattivo, i trigliceridi. Ha anche aumentato l’HDL noto come colesterolo buono” ha evidenziato Tausef Khan ricercatore presso l’Università di Toronto e il St Michael’s Hospital. C’è addirittura chi, come il professor John Sievenpiper, esperto dell’Università di Toronto e del St Michael’s Hospital ha dichiarato che “Questi risultati mostrano che c’è zucchero e zucchero e allora non si dovrebbe mettere più in dubbio la designazione del miele nelle linee guida dietetiche“. Alla luce di questi risultati gli estimatori del ‘biondo’ alimento sono pronti a dire che loro l’hanno sempre sostento e che occorre consumare miele a gogo. A smorzare gli eccessi pensa il professor Giorgio Calabresi. “Il miele, più correttamente i diversi tipi di miele, non è un farmaco ma un alimento nutraceutico, capace di rafforzar le nostre cellule. “Ma non è vero – in questo caso si parla dell’acacia – che abbassa l’insulina, più semplicemente ne fa produrre di meno perché contiene glucosio e fruttosio. Il glucosio la fa produrre, mentre il fruttosio toglie una parte di glucosio. Quindi a parità di zuccheri ne fa senza dubbio produrre di meno. Ecco il motivo per cui si dice che abbassa il colesterolo cattivo. Eppoi 40 g di miele al giorno sono troppi, la dose ideale – per evitare eccessi – è di 16-20 g al dì, corrispondente a 2 cucchiani da caffè”.
E’ una stroncatura del miele? “Decisamente no. Occorre far passare la verità scientifica, e attribuire al miele le qualità che ha. E’ un alimento e non un farmaco. Va utilizzato per zuccherare, per spalmarlo sulle fette biscottate, per assumerlo tal quale, per metterlo nell’insalata, per farci uno spuntino alle dieci di mattina, per assumerlo la sera, dopo il lavoro o la palestra: ecco questa è la normalità. E parlerei di avere in dispensa almeno 5 varietà di miele italiano. Quelli scuri (castagno, abete, tiglio, melata) vanno bene durante la stagione fredda perché sono ricchi di antociani e polifenoli che mantengono giovani e restaurano le cellule. E poi ce ne sono tanti altri, vista la ricchezza botanica dell’Italia. Le api e gli apicoltori lavorano per farci mangiare dei mieli stupendi, come l’acacia, il tarassaco, l’arancio, l’edera, il trifoglio, il millefiori, eccetera”.