Il mondo dello sport iraniano sfida ancora il governo di Teheran. Questa volta è la campionessa di scacchi Sara Khadim alSharia a esprimere solidarietà per i manifestanti che da oltre 100 giorni sfilano e protestano nelle strade del suo Paese. Lo ha fatto partecipando al Campionato mondiale 2022 in Kazakistan senza indossare l’hijab obbligatorio. Un gesto di sostegno all’insurrezione portata avanti, da più di tre mesi, dai suoi concittadini. La foto della ragazza, 25 anni, davanti alla scacchiera con il suo ciuffo di capelli sberleffo ai conservatori iraniani ha fatto il giro del mondo proprio mentre a Teheran il presidente Ebrahim Raisi lanciava il suo anatema contro i dimostranti: “Non avremo nessuna pietà”. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani intanto ha convocato per domani l’ambasciatore iraniano Mohammad Reza Sabouri, accelerando i tempi: il diplomatico di Teheran è soltanto designato perché non ha ancora presentato le credenziali al Quirinale “ma la gravità della situazione in Iran ha indotto il governo a fare questo passo”, ha fatto sapere la Farnesina.

Nonostante le pressioni e la repressione violenta del governo di Teheran, i personaggi dello sport e dell’arte continuano a protestare contro l’hijab. Il velo islamico è diventato un simbolo da combattere dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne curda arrestata dalla polizia morale con l’accusa di averlo indossato male. Una delle prime atlete iraniane ad apparire in una competizione senza lo hijab è stata Elnaz Rekabi, durante l’arrampicata su roccia nelle competizioni in Corea del Sud. Ora è la volta di Sara Khadim al-Sharia, prima giocatrice di scacchi iraniana che, oltre a guadagnarsi il grado di gran maestra femminile, è riuscita anche a vincere il titolo di maestra internazionale di scacchi all’84mo Congresso mondiale di scacchi all’età di 18 anni.

Alle proteste per la morte di Mahsa Amini si sono unite numerose atlete, non solo in Iran. Come nel caso di Niloufer Mardani, salita senza velo sulla pedana dopo la gara di pattinaggio artistico femminile in Turchia. E Parmida Ghasemi, l’arciera della nazionale iraniana, che ha tolto l’hijab davanti ai funzionari della federazione alla premiazione al termine della Tehran Tirokman League. Decine anche le artiste iraniane che hanno pubblicato foto e video a capo scoperto, tra cui Taraneh Alidousti: in prigione dal 26 dicembre, è ancora detenuta nel reparto 209 di Evin, il carcere dei dissidenti.

Secondo Iran Human Rights (Ihr), ong con sede a Oslo, da metà settembre sono 476 i manifestanti uccisi. Inoltre, almeno 100 iraniani arrestati durante le contestazioni dovranno far fronte a delle accuse che comportano la pena di morte. Tredici di loro sarebbero già stati condannati all’esecuzione capitale. “Emettendo condanne a morte e giustiziando alcuni manifestanti”, le autorità “vogliono che le persone tornino a casa”, ha dichiarato il direttore di Ihr, Mahmood Amiry-Moghaddam, ricordando che “la strategia delle autorità è instillare paura con le esecuzioni”. Il rapporto sulla situazione dei diritti umani in Iran, pubblicato da Human Rights Activists News Agency – agenzia di stampa iraniana degli attivisti per i diritti umani con sede negli Stati Uniti -, indica che il numero di esecuzioni è aumentato di oltre l’88% nel 2022, rispetto all’anno precedente.

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