La prima legge di Bilancio del governo di Giorgia Meloni approda al Senato. Approvata all’alba del giorno della vigilia di Natale dalla Camera con 197 sì, 129 no e due astenuti, la Manovra arriva oggi, martedì 27 dicembre, a Palazzo Madama: il calendario prevede la convocazione dell’Assemblea il 27 dicembre alle 14, per l’avvio della sessione di bilancio, con l’invio del testo alle commissioni. I tempi sono stretti, il testo della legge è blindato per far terminare i lavori entro la fine dell’anno ed evitare così l’esercizio provvisorio. Per velocizzare l’iter, anche il Senato approverà la Manovra con la fiducia, senza quindi dare la possibilità ai parlamentari di mettere ulteriormente mano alle misure. I lavori di Palazzo Madama sul Bilancio affiancheranno quelli di Montecitorio sul decreto anti-Rave: dovrà essere convertito entro il 30 dicembre, pena la decadenza. Il giorno prima, cioè il 29 dicembre, occhi puntati sulla conferenza stampa di fine anno della premier Giorgia Meloni, inizialmente prevista il 28 e poi slittata di un giorno. E poi, ovviamente, nella serata di sabato c’è attesa sul tradizionale discorso di fine anno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

L’agenda di Palazzo Madama – Dopo la seduta del 27, il timing della manovra prevede che l’Assemblea di Palazzo Madama si riunisca il 28 dalle 9,30 e il 29 sempre dalle 9,30: quest’ultima convocazione contiene però la specifica “se necessaria”. L’ipotesi, quindi, è che il 29 la Manovra possa essere già stata licenziata. La calendarizzazione della manovra sarà definita dalla conferenza dei capigruppo, convocata alle 13, un’ora prima dell’Assemblea di Palazzo Madama. Sarà incardinata in commissione Bilancio – con Nicola Calandrini come relatore – dove verranno indicati i termini per emendamenti e ordini del giorno, anche se il testo non verrà modificato. “Il Senato – osserva Calandrini – visti i tempi non potrà che ratificare la legge di bilancio approvata dalla Camera, garantendo comunque gli spazi di intervento politico che saranno stabiliti dalla conferenza dei capigruppo”. La commissione conta di concludere in due giorni: è già convocata per martedì e mercoledì, mattino e pomeriggio. Secondo fonti di maggioranza, si punta a completare l’esame a Palazzo Madama mercoledì sera con la votazione di fiducia in Aula, o al massimo giovedì mattina.

La corsa del dl anti-Rave – Parallelamente ai lavori di Palazzo Madama sulla manovra, a Montecitorio arriverà un altro provvedimento il cui via libera definitivo corre sul filo dei giorni, se non delle ore. Il dl anti-Rave, infatti, deve essere approvato entro venerdì: contiene anche le misure sull’ergastolo ostativo, sulle norme attuative della riforma Cartabia e sugli obblighi vaccinali. Al Senato è stato approvato il 13 dicembre, ma in Aula a Montecitorio approda solo il 27, dalle ore 10, con votazioni non prima delle 14. Sforare oltre il 30 dicembre significa farlo decadere, per questo nella maggioranza si teme l’ostruzionismo delle opposizioni. Dentro al decreto, infatti, sono finiti alcuni emendamenti di Forza Italia che smontano un pezzo della cosiddetta legge Spazzacorrotti introdotta dal ministro Alfonso Bonafede dei 5 stelle. Dopo la conversione in legge del decreto anti-Rave, dunque, potranno godere dei benefici carcerari automatici (cioè uscire dal carcere o non andarci mai) anche i condannati per reati contro la Pubblica amministrazione, corruzione, concussione, peculato. Una norma, quella che salva i corrotti, votata alla Camera dai partiti della maggioranza e da Italia Viva.

Le polemiche sulla “salva corrotti” – “Per colpa della cancellazione dei reati di corruzione dalla lista di quelli per i quali sono negati i benefici penitenziari”, dichiara l’ex Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho, ora deputato M5S, le “mafie ne trarranno benefici” visto che “mettono le mani su appalti e soldi pubblici proprio attraverso la commissione dei reati contro la Pubblica amministrazione”. Ma contro il provvedimento anche la società civile è scesa in piazza. Associazioni, studenti e giovani hanno dato vita alle “Street Parade” invadendo le vie delle principali città italiane, per dire no alla norma ‘anti-Rave parlando di “repressione“. Manifestazioni contro le quali il premier Meloni ha reagito dicendo che “è finita l’Italia che si accanisce sulle persone perbene. Qui le regole devono valere per tutti”. Il decreto, criticato da molti magistrati tra cui Roberto Scarpinato, ora senatore M5S, e il consigliere togato del Csm, Giuseppe Cascini, viene definito “incostituzionale” dall’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris. “E lo è – spiega De Magistris – perché prevede una fattispecie penale talmente indeterminata che qualsiasi corteo, riunione, manifestazione, occupazione o assemblea può rientrare nella norma disegnata apposta dal potere per consentire gli abusi del potere”.

Gli attacchi dell’opposizione alla manovra- Critiche ai tempi contingentati del Parlamento per l’approvazione della manovra sono arrivate da Enrico Letta. “Tutta la notte in Aula a tentare di far cambiare idea alla maggioranza sui tagli alla sanità, sulla fine di Opzione donna e sulle misure inique della Legge di Bilancio. E il primo voto di una delle Camere arriva la vigilia di Natale. A rischio esercizio provvisorio. Mai successo”, ha scritto il segretario del Pd. Ma la maggioranza non pare temere lo sforamento delle scadenze: “Letta, dimostra di essere un ‘fatino smemorino’ – gli ha risposto il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti – Non è affatto vero infatti che mai prima d’ora si era arrivati col voto della manovra alla vigilia di Natale. I tempi della legge di bilancio sono gli stessi dello scorso anno, con la differenza che il governo Meloni si è insediato solo pochi mesi fa e non gode dell’ampio sostegno di cui godeva inizialmente il cosiddetto governo dei migliori”. Per la capogruppo del M5S in commissione Bilancio, Daniela Torto, le misure “sono tutte bandierine per evitare l’implosione di questa maggioranza frammentata e divisa su tutto”. Anche l’asse composto da Italia viva e Azione, che ha tenuto un atteggiamento più dialogante con il governo, ha votato “No” alla Manovra, criticandone i contenuti: “Una legge di bilancio senza le risposte che servivano – ha detto Ettore Rosato – Mi sa che si stanno accorgendo che fare campagna elettorale è cosa diversa da governare”.

La polemica sul fax – Sui social critiche sconfinano anche nel sarcasmo. Matteo Renzi ha postato il video di uno scambio di battute notturno fra il deputato di Iv, Luigi Marattin, e la presidenza della Camera, in quel momento rappresentata dal berlusconiano Giorgio Mulè. Marattin in Aula ha chiesto quando sia stato comunicato il termine per i sub emendamenti alla Manovra, ottenendo come risposta: “Questo pomeriggio, via fax ai gruppi parlamentari“. “Via fax? – è la risposta di Marattin – Ancora i fax usate? Questa è bellissima”. E Renzi, nel suo post, commenta: “Ecco perché volevano abolire lo Spid. Stanno tornando al fax. A quando il ritorno ai gettoni telefonici?”. Mulè, da parte sua, ha replicato nel giorno di Natale: “Il riferimento al fax è legato a un banalissimo errore di comunicazione durante la foga della seduta notturna (durata dodici ore) tra i funzionari e chi presiedeva l’aula in quel momento: un errore corretto pochi secondi dopo. Spiace che, probabilmente a causa delle feste, i siti dei maggiori quotidiani abbiano dato spazio a una non notizia divulgata da Renzi e non verificata”.

Il botta e risposta tra Sala e Salvini – Ha scelto sempre il 25 dicembre Giuseppe Sala, il sindaco di Milano che ha criticato la legge finanziaria. “Dal punto di vista dei sindaci non abbiamo nulla – ha detto – Siamo in una situazione di grande difficoltà, pur capendo le difficoltà che il governo ha, mai come quest’anno sono mancati i fondi per i Comuni. Speriamo che sia un passaggio temporaneo e che poi la questione venga risolta, perché così è molto difficile, saremo costretti a tagliare dei servizi ed è incomprensibile, nel momento in cui si vuole e si deve ripartire dalla comunità, che non si dia questo supporto ai sindaci che, ovviamente, lo chiedono per la loro comunità”. A Sala ha replicato, nel giorno di Santo Stefano, Matteo Salvini: “Penso che soprattutto qualche sindaco di qualche grande città potrebbe lavorare per cercare dei risparmi nelle pieghe del suo bilancio visto che abbiamo deciso di aiutare le famiglie più in difficoltà, chi ha una pensione minima, chi ha uno stipendio più basso”, ha detto il ministro delle Infrastrutture. “Tutte le famiglie stanno tirando la cinghia in questo periodo – ha insistito il segretario della Lega – anche i sindaci delle grandi città dovrebbero pensare soprattutto ai sindaci dei Comuni più piccoli che veramente hanno enormi problemi”

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