Su richiesta dell'ex eurodeputato, invece, l’udienza è stata spostata al 17 gennaio. La decisione è stata comunicata dalla procura federale del Belgio. Francesco Giorgi, compagno di Kaili ed ex assistente di Panzeri, invece non aveva presentato appello contro la misura
Nessuna concessione sulla libertà. Antonio Panzeri, ex eurodeputato e presidente dell’associazione Fight Impunity, e Niccolò Figa-Talamanca, segretario generale di No Peace Without Justice, restano in carcere. La Corte d’appello di Bruxelles ha infatti deciso di annullare la decisione di prima istanza sulla concessione del braccialetto elettronico per Figà-Talamanca (la procura aveva presentato ricorso) e prolungare quindi la custodia cautelare. Su richiesta di Panzeri, invece, l’udienza è stata spostata al 17 gennaio. L’udienza, come nel caso di Eva Kaili, l’ex vicepresidente del Parlamento Europeo, si è tenuta a porte chiuse. La decisione è stata comunicata dalla procura federale del Belgio. Francesco Giorgi, compagno di Kaili ed ex assistente di Panzeri, invece non aveva presentato appello contro la misura. All’inizio dell’inchiesta per associazione a delinquere, corruzione e riciclaggio, che ha squassato le istituzioni europee il 35enne avrebbe ammesso le sue responsabilità cercando di alleggerire la posizione della compagna.
L’ex eurodeputato Pd e i suoi collaboratori, secondo gli investigatori del Belgio, erano in contatto costante per influenzare i dossier a cui tenevano e per i quali sono accusati di aver ricevuto finanziamenti da Qatar e Marocco. Tra le accuse c’è appunto quella di essersi adoperato in favore dell’Emirato di Doha in cambio di denaro. Una contestazione, quella della procura federale di Bruxelles, sostenuta anche da alcune intercettazioni telefoniche. Conversazioni che dimostrano come tra Panzeri e il suo gruppo di collaboratori fosse coordinamento costante. Anche dopo la fine del suo mandato da parlamentare. Nei giorni scorsi anche per Eva Kaili era stata presa la stessa decisione. La linea difensiva del tandem legale tutto ellenico dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo non ha convinto i giudici della Camera di consiglio del tribunale di Bruxelles, che dopo una prima udienza a porte chiuse alla fine non le hanno concesso i domiciliari in regime di sorveglianza elettronica. Una decisione che la terrà lontana anche per Natale dalla figlia di due anni. Per gli inquirenti belgi quello che operava era un gruppo “indeterminato e molto ampio” dedito alla consumazione di fatti “di corruzione, operante all’interno di strutture europee con o senza legami con l’Unione Europea” e l’ipotesi è che quello emerso finora sia la prima tranche di una inchiesta più vasta.