A inizio dicembre il Comitato Onu sui diritti economici, sociali e culturali ha chiesto all’Italia di aumentare i sussidi per l’alloggio e di garantire un accesso sostenibile alle strutture di base necessarie per un alloggio adeguato. Il governo Meloni, per tutta risposta, ha azzerato i fondi: la legge di bilancio ha azzerato ai contributi affitto e alla morosità incolpevole, aggravando una situazione di già drammatica emergenza abitativa.
Può essere però errato ragionare in termini di emergenza poiché le problematiche relative al disagio abitativo e al diritto all’abitare sono strutturali. Un indice importante per comprendere le disuguaglianze sociali legate a una carenza di interventi sistemici sulla questione della casa è fornito dai dati sugli sfratti, che ci dicono molto rispetto alle politiche adottate e alla liberalizzazione del mercato degli affitti.
Dagli anni Ottanta a oggi le richieste di sfratto sono aumentate del 111%, di cui il 136% per morosità. Parallelamente gli sfratti eseguiti sono aumentati quasi del 50% e, dai tardi anni Novanta, i costi dell’abitazione hanno superato la curva dei redditi. A partire dal 1998 infatti, con l’attuazione della legge 431 del 1998 e quindi con l’abrogazione dell’Equo canone e con la liberalizzazione del mercato della locazione, i prezzi e gli sfratti sono progressivamente aumentati. I picchi più significativi sono stati nel 2008, 2011 e 2014.
A fronte di questa situazione si sono sviluppati importanti esperimenti dal basso. Un esempio è la rete Rentstrike (“Assemblea di autodifesa dagli sfratti Roma”), articolatasi dopo la campagna di un collettivo californiano, poi circolata in altre città degli Stati Uniti e in Canada, ma anche in Europa, lanciando una chiamata globale a un nuovo utilizzo dello strumento dello sciopero contro il pagamento degli affitti. L’idea alla base della campagna è che l’astensione dal pagamento, la contrattazione con i proprietari, l’autoriduzione del canone d’affitto, non sono solo forme individuali di resistenza alla crisi sanitaria e abitativa. Sono anche strumenti collettivi per articolare una resistenza allo strapotere della grande proprietà immobiliare. Rentstrike si è mosso su molti livelli negli ultimi anni, dai picchetti, alla stesura di un “Manuale di autodifesa dagli sfratti” in cui si danno alcuni suggerimenti per l’autotutela e si indicano come obiettivi prioritari lo stop alle esecuzioni, il calmieramento degli affitti e una nuova legge generale sull’abitare che imponga un tetto massimo agli affitti, aprire le case abbandonate, fermare la speculazione.
E tra i vari strumenti è diventato uno strumento importante proprio il dialogo con l’Onu. Dal 2021 l’Assemblea di autodifesa dagli sfratti ha iniziato ad utilizzare uno strumento legale che non era mai stato usato in Italia: le petizioni individuali all’Alto Commissariato per i Diritti Umani.
Tutto si basa sul Patto internazionale per i diritti economici, sociali e culturali ratificato dall’Italia nel 1978: il patto stipula che ogni persona ha diritto ad un alloggio dignitoso: l’articolo 11 tutela “il diritto di ognuno a uno standard di vita adatto per sé e la propria famiglia, che comprende adeguata alimentazione, abbigliamento e alloggio, e al continuo miglioramento delle proprie condizioni di vita”. E l’Italia ha firmato (nel 2015) anche un Protocollo che stabilisce che la Commissione che vigila su questo patto può richiedere agli Stati firmatari, attraverso un tribunale, la sospensione dei procedimenti che possono violare questo diritto.
A maggio 2021 l’assemblea di autodifesa di Roma ha così presentato una prima richiesta di sospensione (a nome di una cittadina cubana residente in Italia) che è stata accolta e che ha comportato il blocco dello sfratto. Dopo di che l’Assemblea ha continuato a interpellare l’Onu diverse volte (almeno una decina) e con efficacia, soprattutto, indicando i passaggi necessari anche per agire in autonomia, grazie al manuale di autodifesa dagli sfratti.
Ma qual è la procedura per avviare ricorsi di questo tipo? L’Onu può concedere misure temporanee di sospensione solo se oltre al disagio lo sfratto può causare “danni irreparabili”, quindi se tra le persone sotto sfratto ci sono minori, anziani o persone con disabilità. Può intervenire se sono state esaurite tutte le procedure legali in Italia o spiegando il perché dell’impossibilità di fare tutti i passaggi previsti. Le petizioni sono gratuite ma compilabili solo in inglese, francese, spagnolo, russo. Occorre allegarvi tutti i documenti rilevanti (sentenze, denunce, ricorsi etc., anche leggi, decreti…), con un riassunto dettagliato in italiano di ognuno. Sul manuale e sul sito dell’assemblea di autodifesa dagli sfratti di Roma ci sono, nel dettaglio, tutte le indicazioni sulle tempistiche, su come compilare la modulistica, su come procedere tra istituzioni internazionali e nazionali. Una volta attivata la petizione, l’ordine di sospensione deve raggiungere il Tribunale che ha ordinato lo sfratto. L’Onu comunica alla rappresentanza italiana a Ginevra, che lo trasmette al Comitato Interministeriale dei Diritti Umani. Al ché un avvocato deve porsi in opposizione all’esecuzione della sentenza allegando la lettera Onu. Il tribunale a quel punto dovrebbe sospendere lo sfratto inaudita altera parte, fissando la data per un’udienza mentre, in attesa che le autorità locali non forniranno un alloggio alternativo dignitoso.