Il governo Meloni intende smontare la riforma delle concessioni balneari avviata da Draghi nell’ambito della legge sulla concorrenza che è tra l’altro uno degli obiettivi del Recovery plan. “Nella legge sulla concorrenza avevamo indicato delle date del 2023-2024, nella certezza che vincendo le elezioni il centrodestra si sarebbe potuto guadagnare ulteriore tempo”, ha detto il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (FI). “Per questo che Forza Italia chiederà, con un emendamento nel decreto Milleproroghe, di posporre queste date in modo tale che governo e maggioranza abbiano il tempo di affrontare, nei modi dovuti, l’annosa questione delle concessioni, inducendo l’Ue ad atteggiamenti diversi e trovando il modo di superare un’ingiusta sentenza del Consiglio di Stato“. Che nel novembre 2021 ha bocciato la proroga fino al 2034 concessa quattro anni fa. “Il Parlamento è sovrano”, ha commentato il senatore della Lega Massimo Garavaglia, presidente della commissione Finanze. “Si rischia una seconda procedura di infrazione con l’Ue? Più che altro bisogna vedere cosa dice il Consiglio di Stato – nota l’ex ministro del Turismo del governo Draghi – La sentenza del Consiglio di Stato dice che verrebbe automaticamente disapplicata, ma andranno fatti gli approfondimenti del caso”.

Lo scorso febbraio il governo Draghi ha varato all’unanimità una norma che mirava a mettere fine alle proroghe incondizionate delle concessioni, stabilendo dal 2024 il divieto di prolungarle ma ma prendendosi sei mesi per adottare i decreti delegati con l’obiettivo di “riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali”. In settembre – con il no del solo Carroccio – il cdm ha poi votato un decreto legislativo con le regole per la mappatura delle concessioni pubbliche propedeutica alle gare, che per le spiagge andranno concluse entro il dicembre 2023 salvo i casi in cui c’è un contenzioso o “difficoltà oggettive” e i cui vincitori dovranno versare canoni che finalmente “tengano conto del pregio naturale e dell’effettiva redditività delle aree”. Quel testo però deve ancora ricevere il via libera definitivo del (nuovo) governo dopo il passaggio parlamentare. E secondo Gasparri è il momento buono per cambiare tutto.

L’uscita arriva non a caso nel giorno in cui Federbalneari con il presidente Marco Maurelli torna ad alzare la voce sostenendo che “la norma attuale sulle concessioni balneari è confusa e non garantisce né il ricambio né alcuna continuità di impresa alle aziende turistiche balneari. Inoltre è alto il rischio che si apra un contenzioso straordinario tra pubblico e privato perché non ci sono nè i tempi nè alcun percorso che dia certezza alle imprese e così pure il blocco degli investimenti, già da anni ormai una certezza”. Di conseguenza “siamo convinti che la priorità assoluta, oggi più che mai, sia quella di aprire un confronto reale e veritiero sul tema della esclusione del comparto dalla Direttiva Servizi 2006 tra la Premier Meloni e la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen per porre in sicurezza il comparto turistico italiano”. L’auspicio per il 2023? “Che il nuovo governo mandi al più presto in soffitta la vecchia norma e dunque la plenaria del Consiglio di Stato che ha avuto la funzione di sostenere ed ispirare la riforma del precedente Governo bypassando il Parlamento. Si avvii dunque la discussione in Parlamento per riempire di contenuti un nuovo decreto legge a tutela del comparto, nel pieno rispetto della continuità d’impresa”. Detto, fatto.

“Attendiamo che il governo affidi delle deleghe precise perché è tempo di sedersi intorno a un tavolo con le forze politiche e i rappresentanti delle associazioni del settore”, apre Gasparri, ricordando che la “categoria ha subito danni gravissimi per le mareggiate d’autunno”. “È necessario definire una volta per tutte il futuro delle imprese balneari. Non si tardi quindi con le deleghe e si approvi il nostro emendamento per dare più tempo, visto che alcuni interlocutori, vedi la Ue e il Consiglio di Stato, sono apparsi riottosi e dovranno prendere atto che la tutela delle imprese conta più delle loro decisioni più che discutibili”.

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