Il colosso statunitense ExxonMobil, seconda compagnia petrolifera privata al mondo, ha avviato una causa contro l’Unione europea contestando la legittimità della tassa sugli extra profitti delle compagnie petrolifere, guadagni favoriti dalla corsa dei prezzi generata anche dalla guerra in Ucraina. Lo scrive il quotidiano inglese Financial Times spiegando che la causa è stata intentata mercoledì dalle sue filiali tedesche e olandesi presso il Tribunale europeo dei Lussemburgo. Secondo Exxon il potere di imposizione del prelievo attiene ai singoli stati e non all’Ue nel suo insieme. Exxon ha chiuso i primi 9 mesi del 2022 con profitti per 43 miliardi di dollari (40miliardi di euro), 29 miliardi in più rispetto allo stesso periodo del 2021. L’utile per azione è stato il più elevato da 152 anni. La compagnia ha anche annunciato un rafforzamento fino a 50 miliardi di dollari del suo piano di riacquisto di azioni proprie (buyback),una tecnica utilizzata per aumentare il valore dei titoli a beneficio dei soci.
Il portavoce della compagnia ha affermato che la società si rende conto che gli alti costi energetici “pesano pesantemente sulle famiglie e sulle imprese”, ma che la tassa sugli extraprofitti è “controproducente” e “minerebbe la fiducia degli investitori, scoraggerebbe gli investimenti e aumenterebbe la dipendenza dall’energia importata (…) in un momento in cui l’Europa fatica a ridurre le sue importazioni di energia dalla Russia. Il fatto che investiamo qui dipende principalmente da quanto l’Europa sarà attrattiva e competitiva”. Il contributo di solidarietà a carico dei produttori è una delle misure concordate dal consiglio a settembre per alleggerire l’onere sui consumatori finale. I proventi dovrebbero infatti essere usati per alleviare il costo delle bollette di famiglie e imprese o investito nello sviluppo di energie rinnovabili. La nuova tassa entrerà in vigore dal 31 dicembre e prevede un prelievo di almeno il 33% sugli utili che superino almeno del 20% i profitti medi del periodo 2018 – 2021. Nel 2023 Exxon potrebbe dover pagare circa 2 miliardi di euro. Una misura analoga (con prelievo al 35%) è stata varata in novembre dal Regno Unito