I vertici della Chiesa ortodossa ucraina e della Chiesa greco-cattolica del Paese hanno sigillato l’intenzione di armonizzare definitivamente i propri calendari. E così hanno celebrato il Natale il 25 dicembre, anziché il 7 gennaio. Una scelta legata anche alla ripetuta benedizione della guerra da parte di Kirill
La guerra in Ucraina non ha risparmiato nemmeno la data del Natale. Nel 2022 sono aumentati notevolmente gli ortodossi ucraini che hanno festeggiato la nascita di Gesù il 25 dicembre secondo il calendario della Chiesa cattolica riformato nel 1582 da Gregorio XIII. Mentre, invece, la maggioranza del mondo ortodosso celebra il Natale il 7 gennaio seguendo il calendario giuliano. Fa eccezione, in particolare, il Patriarcato ecumenico di Constantinopoli che festeggia la nascita di Gesù insieme alla Chiesa di Roma. Una scelta, quella di numerosi ortodossi ucraini, che ha segnato una radicale presa di distanza dal Patriarcato di Mosca che, soprattutto attraverso la voce di Kirill, ha sempre sostenuto la guerra voluta dal presidente russo Vladimir Putin. Con un accordo firmato il 24 dicembre 2022, i vertici della Chiesa ortodossa ucraina e della Chiesa greco-cattolica del Paese hanno sigillato l’intenzione di armonizzare definitivamente i propri calendari.
Il segno eloquente di uno scisma in atto già prima dell’invasione russa dell’Ucraina, ma accentuato notevolmente dalla ripetuta benedizione della guerra da parte del Patriarcato di Mosca. Posizione, all’interno del cristianesimo, sempre respinta con forza da Papa Francesco che ha più volte e invano cercato di far ragionare Kirill ribadendogli che “la Chiesa non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù”. Non a caso, rivolgendo i tradizionali auguri natalizi alla Curia romana, Bergoglio ha affermato che “la guerra e la violenza sono sempre un fallimento. La religione non deve prestarsi ad alimentare conflitti. Il Vangelo è sempre Vangelo di pace, e in nome di nessun Dio si può dichiarare ‘santa’ una guerra”.
Una sottolineatura che Francesco ha voluto ribadire proprio perché da tempo c’è chi vuole tramutare il conflitto in Ucraina in una guerra santa all’interno del cristianesimo tra cattolici e ortodossi. Fin dall’inizio dell’invasione russa, il Papa ha avuto chiaro questo pericolo, agendo sempre per evitare che ciò potesse avvenire. Purtroppo, il sostegno incondizionato di Kirill alla guerra, anche con motivazioni a dir poco farneticanti, non ha contribuito a intensificare il dialogo. Nemmeno il faccia a faccia tra il Papa e il metropolita Antonij di Volokolamsk, presidente del Dipartimento degli affari esterni del Patriarcato di Mosca, avvenuto il 5 agosto 2022 in Vaticano, è riuscito a riportare gli ortodossi russi sulla strada del pacifismo evangelico.
Frattura, finora insanata, che ha fatto saltare per due volte il secondo faccia a faccia tra Francesco e Kirill dopo quello avvenuto a L’Avana il 12 febbraio 2016, mille anni dopo il grande scisma d’Oriente del 1054. In un primo momento, infatti, i due leader si sarebbero dovuti incontrare nuovamente nel giugno 2022 a Gerusalemme. “Mi rammarico – spiegò lo stesso Bergoglio – che il Vaticano abbia dovuto revocare un secondo incontro con il Patriarca Kirill, che avevamo programmato per giugno a Gerusalemme. Ma la nostra diplomazia ha capito che un incontro dei due in questo momento potrebbe creare molta confusione. Ho sempre promosso il dialogo interreligioso. Quando ero arcivescovo di Buenos Aires, ho riunito cristiani, ebrei e musulmani in un dialogo fruttuoso. È stata una delle iniziative di cui sono più orgoglioso. È la stessa politica che promuovo in Vaticano. Per me l’accordo è superiore al conflitto”.
In un secondo momento, invece, il Papa e il Patriarca si sarebbero dovuti incontrare nel settembre 2022 in Kazakistan in occasione del VII Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali. Ma Kirill preferì disertare questo appuntamento. “Non penso, però, che sia la fine di un canale di dialogo. Anzi, direi che ci sono tutti i segni per poter continuare e intensificare il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa russa”, fu il commento a caldo di monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca e presidente dei vescovi cattolici della Federazione Russa. “Certo, – aggiunse il presule – occorre più che trovare altri canali di dialogo, continuare con pazienza su quelli attuali. I leader cristiani hanno la potenzialità di tessere sentieri di pace. Il Papa sta riprendendo con forza questa prospettiva, soprattutto quando sottolinea il perdono. Io penso che i leader cristiani dovrebbero iniziare loro un cammino e un percorso di purificazione della memoria, di perdono reciproco e di accoglienza e potrebbero anche sedersi attorno ad un tavolo, anche al di là del Forum, per iniziare innanzitutto a guardarsi negli occhi e a vedersi nella prospettiva dell’eterno. Allora forse verrà anche il desiderio di essere degli autentici artigiani della pace, come dice il Papa”.
Un importante segnale di dialogo ecumenico tra cattolici e ortodossi è stata la veglia di preghiera per la pace che si è tenuta pochi giorni prima di Natale nella Basilica di San Nicola a Bari. A presiederla è stato il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Maria Zuppi: “Presentiamo la nostra domanda di pace con l’intercessione di san Nicola, che tanta devozione raccoglie in Ucraina e Russia”. Netta la posizione del porporato da sempre in prima linea per la pace: “Cosa può pensare san Nicola se non rattristarsi e chiedere nel nome di Dio di fermarsi? San Nicola non vuole la violenza e ordina la pace! Non si dica che non ci sono le condizioni! Quelle si trovano! La pace non è un sogno. È l’unica via per vivere! È la scelta, non una scelta. E la pace diventa preghiera, sofferta, per certi versi drammatica invocazione. Ma la pace è anche solidarietà per aiutare chi è colpito, perché la guerra senza nessuna pietà distrugge tutto, perfino gli ospedali, le scuole. La guerra uccide di freddo, di malattie non curate, di disperazione. Non smettiamo di aiutare, accogliere, mandare aiuti! Comunque fanno sentire che qualcuno si ricorda di loro, che non sono soli. Ed è già molto”.
Durante le celebrazioni natalizie, Francesco ha sempre ripetuto i suoi appelli per la fine del conflitto in Ucraina: “Rinnovo il mio augurio di pace: pace nelle famiglie, pace nelle comunità parrocchiali e religiose, pace nei movimenti e nelle associazioni, pace per quelle popolazioni tormentate dalla guerra, pace per la cara e martoriata Ucraina. Ci sono tante bandiere dell’Ucraina qui! Chiediamo la pace per questo popolo martoriato”. E ancora: “Pensiamo – parlando del Bambino Gesù – ai tanti bambini dell’Ucraina che soffrono, soffrono tanto, per questa guerra. In questa festa di Dio che si fa bambino, pensiamo ai bambini ucraini. Quando li ho trovati qui, la maggioranza non riesce a sorridere e quando un bambino perde la capacità di sorridere, è grave. Questi bambini portano su di sé la tragedia di quella guerra che è così inumana, così dura. Pensiamo al popolo ucraino, in questo Natale: senza luce, senza riscaldamento, senza le cose principali per sopravvivere, e preghiamo il Signore perché porti loro la pace il più presto possibile”. Parole, purtroppo, finora inascoltate, come tutti i numerosi appelli precedenti del Papa.
Twitter: @FrancescoGrana