Una fila lunga centinaia di metri, fin dalle prime ore del mattino. Famiglie con bambini affrontano il freddo milanese per assicurarsi un pasto. Affitti, bollette e libri di scuola per i figli hanno prosciugato le casse. Per mangiare a Natale è necessario mettersi in coda e attendere il proprio turno, anche se si ha una casa e un lavoro. Non si era mai registrata un’affluenza così importante alla mensa dei poveri di Milano durante le festività natalizie, tra la vigilia e il 25 dicembre. Diecimila persone in due giorni, secondo la onlus Pane Quotidiano. Un numero impressionante riportato dalle pagine locali de Il Corriere della Sera che testimonia la condizione di povertà in cui versano i cittadini del capoluogo lombardo. “Iniziamo a fare fatica a reperire gli alimenti”, dichiara Luigi Rossi, amministratore delegato dell’associazione caritatevole laica che da anni si occupa di dare un sostegno, non solo attraverso il cibo, alla popolazione emarginata e in difficoltà.
Nel giorno della vigilia di Natale, alle 7 del mattino, prima ancora che si aprissero i cancelli della mensa gratuita in viale Toscana dove vengono distribuiti i pacchi di cibo, c’erano già duemila persone ad aspettare, in coda al freddo. Una lunga fila, composta anche da bambini. A chiedere un pasto perlopiù non sono persone senza fissa dimora, come accadeva in passato. Quest’anno sono molte le famiglie che si sono rivolte alla mensa dei poveri. Alla fine della giornata i pasti consegnati saranno quattromila.
Secondo i dati dell’associazione fondata a Milano nel 1898, l’affluenza registrata durante le festività non è un exploit episodico. Durante tutto il 2022 sono aumentate le erogazioni in tutte le sedi: per un totale di oltre 1,3 milioni di pasti. Una spia della povertà nel capoluogo lombardo che peraltro non include le altre organizzazioni ed enti che si occupano dei bisognosi.
Con una richiesta di questo tipo le associazioni fanno fatica a reperire la quantità di cibo necessaria: “Le aziende oggi stanno più attente ad avere pochi eccessi di produzione – commenta ancora Rossi -. Ci regalano meno rispetto alla domanda che è esplosa”. La fascia di popolazione bisognosa si è ampliata anche alle persone con un lavoro, soprattutto se precario e sottopagato. Non basta avere uno stipendio per non essere poveri.