Assistita dall'avvocato Elisabetta Costa di Padova, la donna si trova ora nel carcere femminile di Montorio Veronese, in attesa dell’udienza di convalida davanti al gip. Continua a non dire nulla. Non ha confessato ed è apparsa distaccata
La bugia dell’assassina. Quando la badante alle 8 del mattino ha suonato alla porta della villetta a San Martino di Lupari (in provincia di Padova), martedì 27 dicembre, ad aprire è stata Diletta Miatello in persona, 51 anni, la figlia della coppia di anziani, che aveva ucciso la madre e ridotto in fin di vita il padre. “Stanno ancora riposando” ha detto, senza far entrare la donna, riuscendo così a ritardare di qualche ora la scoperta di ciò che era accaduto nel salotto al piano terra e nella camera matrimoniale al primo piano. All’interno della casa c’era sangue dappertutto, pezzi di vasi e suppellettili, i segni di una feroce aggressione che secondo il medico legale era già avvenuta qualche ora prima. Potrebbe avere usato i cocci dei vasi per infierire sui genitori, che al volto presentano ferite da taglio, mentre il padre ha subito uno sfondamento cranico causato da un oggetto contendente. Diletta ha rimandato indietro la badante che poi, interrogata dai carabinieri, ha detto: “Se mi avesse fatta entrare avrebbe ucciso anche me”. Quella bugia è una delle prove che hanno spinto il sostituto procuratore Marco Brusegan a firmare il provvedimento di fermo per omicidio volontario e tentato omicidio, aggravati dal rapporto di sangue con le vittime, nei confronti di Diletta. La madre Maria Angela Sarto aveva 84 anni ed era una maestra in pensione, il padre Giorgio Miatello ha 89 anni e aveva lavorato come rappresentante di carburanti. È sempre in prognosi riservata all’ospedale di Padova, intubato e sedato.
La testimonianza della badante è preziosa perché ha consentito di ricostruire il movente di tanta violenza incontrollata. Uno scatto d’ira dovuto probabilmente al fatto che i genitori non avessero provveduto a ritirare i soldi per dare a Diletta la “mancetta”, una somma di denaro per le sue spese, visto che era disoccupata, anche se risiedeva nella stessa casa, conducendo però una vita autonoma. La collaboratrice domestica ha messo a verbale: “Il signor Giorgio aveva difficoltà a camminare a causa di un infortunio in casa e non è riuscito a prelevare denaro contante. Lo avrebbe dovuto portare l’altra figlia, Chiara. Quando Diletta ha capito che i genitori non potevano darle i soldi ha probabilmente perso la testa”. Una versione plausibile, considerando che in casa i litigi per questioni economiche erano all’ordine del giorno, visto che Diletta era separata da alcuni anni e nel 2009 aveva lasciato il lavoro di vigile urbano ad Asolo, trovando occupazioni saltuarie come barista.
La spiegazione non aveva però convinto la badante che si era messa in contatto per telefono con la secondogenita della coppia, Chiara, sposata e residente a Cittadella. Alle 13 aveva raggiunto l’abitazione dei genitori, aveva aperto la porta e si era trovata di fronte all’orrore. Per questo ha subito detto alla colf: “E’ stata mia sorella”. Intanto Diletta era fuggita a bordo della propria Fiat Panda di colore rosso, poi rintracciata dai carabinieri a Romano d’Ezzelino (in provincia di Vicenza) parcheggiata davanti all’albergo “Cubamia”, dove aveva dichiarato di voler pernottare per due giorni. Il tentativo di fuga è il secondo elemento su cui si basa il fermo deciso dal magistrato. Il terzo elemento è costituito dal fatto che ha spento il cellulare, per rendersi irrintracciabile.
Assistita dall’avvocato Elisabetta Costa di Padova, la donna si trova ora nel carcere femminile di Montorio Veronese, in attesa dell’udienza di convalida davanti al gip. Continua a non dire nulla. Non ha confessato ed è apparsa distaccata. La badante ha confermato: “Lei è fredda, glaciale, diceva pochissime parole. Quando ero in casa se ne stava nella sua parte di abitazione. Non c’erano state violenze fisiche contro i genitori, ma verbali sì. Una volta ero presente quando erano intervenuti l’ambulanza e i carabinieri”. Diletta, che ha un figlio, affidato al marito da cui è separata, ha una laurea triennale in Psicologia ed era in cura al Centro di salute mentale di Cittadella. Originaria di Schio (in provincia di Vicenza) anni fa si era candidata alle comunali di Bassano con la “Liga Veneta”, ottenendo appena quattro preferenze.