Tirando in ballo il Fondo sociale europeo, da poco rifinanziato dalla Commissione europea con una nuova tranche per l'Italia, la premier lascia intendere che anche per i percettori occupabili del Rdc ai quali il governo saranno messe in campo risorse in grado di formare e trovare lavoro a chi entra in un centro per l'impiego. In realtà l'unico programma attualmente in campo è quello finanziato dal Pnrr, che tanto occupabili i percettori del Rdc non li considera
Ospite dell’Ordine dei giornalisti per la consueta conferenza stampa di fine anno, il premier Giorgia Meloni è tornata sulla questione della stretta al Reddito di cittadinanza inserita nella legge di Bilancio che verrà approvata domani col voto di fiducia del Parlamento. Rispondendo a una domanda di Avvenire ha spiegato le intenzioni del governo sul fronte delle politiche attive per i percettori di Rdc considerati occupabili e in quanto tali, dice la manovra, destinatari di sette mesi di sussidio al posto dei precedenti diciotto, compreso un semestre di formazione obbligatoria. “Vorrei che quando una persona si rivolge a un centro per l’impiego o a un’agenzia privata siano in grado di dirle dove c’è lavoro e chi mi darà la formazione necessaria”, è l’obiettivo dichiarato da Meloni. E allora il limite dei sette mesi, spiega, “risponde alla nostra volontà di affrontare la sfida di trovare loro un’occupazione e senza più mantenere anche persone perfettamente in grado di lavorare”. Ma quando entra nel merito delle risorse per la loro formazione finisce per confondere gli strumenti a disposizione, lasciando intendere che anche i 14 miliardi del Fondo sociale europeo siano già a disposizione per finanziare da subito la riqualificazione dei disoccupati del Rdc.
“Il Fondo sociale europeo è dedicato totalmente alla formazione”, dice Meloni in conferenza stampa, citando vecchie e nuove risorse che con la nuova tranche approvata dalla Commissione lo scorso 18 novembre portano la dote per l’Italia a 14,4 miliardi di euro. Come ha precisato il presidente del Consiglio, fino ad oggi il nostro Paese è stato agli ultimi posti in Europa per capacità di utilizzo di un Fondo. Ma anche a voler cambiare passo, per intercettare i disoccupati e finanziare la loro riqualificazione, questi fondi necessiteranno di progetti coerenti che sta innanzitutto alle regioni presentare perché, come dice il dettato costituzionale, la responsabilità sulla formazione è loro. E siccome il 2023 è l’ultimo anno per il Reddito di cittadinanza, che nel 2024 verrà sostituito da qualcos’altro non meglio precisato, la formazione alla quale il governo può obbligare i disoccupati del Rdc è la stessa alla quale sono già obbligati oggi, quella del programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (Gol) che andrà a regime proprio quest’anno e che è finanziato con 4,4 miliardi Ue legati agli obiettivi del Pnrr. Insomma, oggi cosa siamo in grado di mettere in campo per tentare di trovare un lavoro a chi perderà il Rdc tra sette mesi e, ricordiamo, lo percepisce non in quanto disoccupato ma perché è in povertà assoluta?
Il beneficiario occupabile, secondo la nuova definizione del governo che esclude i nuclei con figli minori o persone disabili e tutti gli over 60, è da sempre obbligato ad attivarsi presso i centri per l’impiego, pena la decadenza dal sostegno al reddito. I cpi profilano le persone con un colloquio di orientamento che, questa la novità di Gol, inserisce i disoccupati in quattro diversi cluster (percorsi, ndr) a seconda della loro distanza dal mercato del lavoro. Come conferma l’ultimo monitoraggio dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, (Anpal), la maggior parte di coloro che il governo considera occupabili lo sono meno di tutti gli altri disoccupati, e infatti nel 65% dei casi finiscono negli ultimi due cluster, quelli dedicati a disoccupati “lontani dal mercato con competenze non adeguate ai fabbisogni richiesti” o ancora ai “casi di bisogni complessi, con ostacoli che vanno oltre la dimensione lavorativa e prevedono l’attivazione di servizi educativi, sociali, socio-sanitari e di conciliazione”. Non solo, le regioni dove risiede la maggioranza dei percettori del Rdc sono anche le più rappresentative dei due cluster. A ben vedere, quindi, chi poi così occupabile non è vive nel Mezzogiorno dove le opportunità di lavoro sono più scarse. Sempre che il corso di formazione di sei mesi che seguiranno non faccia miracoli, il rischio che alla fine dei sette mesi di Rdc concessi dal governo la maggior parte si ritrovi ancora senza lavoro e definitivamente privo di un sostegno al reddito è alto. Fino ad ora, ha denunciato più volte la Caritas, il Reddito di cittadinanza ha raggiunto circa 1,8 milioni di famiglie in povertà assoluta, ma solo il 47% di chi ne ha bisogno. Qualunque sarà la misura di contrasto alla povertà che sostituirà il Reddito di cittadinanza nel 2024, nel frattempo quella percentuale sembra destinata a scendere ancora perché già ad agosto di quest’anno molti non avranno di che vivere.