La stilista britannica aveva 81 anni. Un lutto pesantissimo per il mondo della moda che perde una creatrice eccentrica, ribelle e fuori da ogni schema
Addio a Vivienne Westwood. La stilista britannica aveva 81 anni. Un lutto pesantissimo per il mondo della moda che perde una creatrice eccentrica, ribelle e fuori da ogni schema. L’artista aveva iniziato a lavorare a 30 anni quando aveva aperto a Londra una boutique che era diventata un ritrovo della generazione punk. Nel corso degli anni la sua verve, il suo amore per i colori e le forme più strane le aveva permesso di imporsi e di marchiare con il suo carattere e stile le sue creazione provocatorie e innovative ma anche ispirate da costumi storici. Westwood non era solo talento, aveva studiato alla Harrow art school dove aveva frequentato corsi di moda e di design del gioiello. Prima di aprire il negozio Let it rock, che con gli anni aveva cambiato nome – era stata anche maestra.
Figlia d’una coppia di operai tessili del Derbyshire, inizia a disegnare abiti nel 1971 con il compagno Malcom McLaren, vendendoli negozio londinese al numero 430 di Kings Road, che avrebbe cambiato nome ed arredamento diverse volte rispecchiando l’evoluzione creativa del duo. Da Let it Rock a Too Fast To Live, Too Fast Too Die, quando le prime collezioni si ispiravano ai rockers fra cui la stilista aveva già fatto numerosi proseliti come Ringo Starr, fino ad arrivare all’esplicito Sex: con abiti di cuoio, magliette di gomma, catene e immagini ose’ che suscitano un tale scandalo da costringere la polizia a far serrare le saracinesche del negozio. Ma la futura dame Vivienne ed il compagno non si arrendono e nel ’76 riaprono i battenti dello store di culto, ribattezzandolo questa volta Seditionaires, gioco di parole fra seduzione e sedizione, con tanto di collezione omonima in grado di definire la cultura Punk. Sono gli anni in cui McLaren diventa impresario di una nuova band rivoluzionaria, i Sex Pistols, gruppo musicale simbolo del movimento punk che adotta il codice stilistico di Queen Viv, ovvero il concetto di moda come strumento di lotta contro l’establishment. A partire dalla stessa Elisabetta in persona, sbeffeggiata nell’urlo dell’immortale hit God Save The Queen. Nel 1981, la stilista sfila per la prima volta in passerella: la collezione s’intitola Pirates e inaugura una nuova stagione del suo linguaggio creativo, il New Romantic.
Dopo le creste, gli spilli e i chiodi dei ribelli anni 70, arrivano i corsetti, le crinoline, i panieri degli edonistici Eighties. Mentre l’ascesa dell’astro Westwood prosegue inarrestabile. Nel 1982 è la prima inglese dopo Mary Quant a essere accolta nel calendario delle sfilate di Parigi. Sarà proprio la Ville Lumiere il teatro della memorabile caduta – entrata negli annali della moda – di Naomi Campbell, inciampata sulle vertiginose zeppe delle platform di Vivienne “ideate per issare la bellezza femminile su un piedistallo”. Insignita del prestigioso Order of the British Empire (OBE) per i suoi meriti artistici la stilista dopo la cerimonia alza la gonna per mostrare un irriverente nude look. Il suo marchio diventa anche una piattaforma di comunicazione e d’impegno civile progressista all’insegna di slogan come “Make Love, not Fashion” o “Buy less, choose well, make it last”. E trasformata negli ultimi anni in veicolo di campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica su temi come la battaglia contro il consumismo estremo, per l’ambiente, contro gli effetti del cambiamento climatico, per la pace, in difesa della libertà di Julian Assange. Sfide condotte non solo a parole o a colpi di provocazioni, del resto, ma anche nelle scelte concrete di collezioni realizzate ormai con materiali e modalità di produzione eco-sostenibili. L’ultima sfilata era stata allestita il 2 ottobre scorso nella capitale francese. Lo spirito battagliero e l’irriverente senso dello stile le hanno permesso di essere e rimanere protagonista nella storia del costume.