Quando era ancora prefetto di Roma, l’attuale ministro degli Interni Matteo Piantedosi scriveva all’allora ministra Luciana Lamorgese per ribadire l’indispensabile ruolo dei lavoratori in somministrazione presso gli uffici prefettizi. Parole confermate anche dal suo successore e da altri prefetti che in queste settimane hanno incontrato le organizzazioni sindacali arrivate allo stato di agitazione sulla vertenza degli interinali in forze a questure e prefetture, ormai strutturalmente sotto organico. Dopo due anni di lavoro, i 1.150 dipendenti delle agenzie interinali Gi Group e Manpower sono in scadenza il 31 dicembre e per molti ancora non si è trovata una soluzione che garantisca la continuità necessaria a evitare che le regolarizzazioni dei lavoratori o i permessi di soggiorno per gli stranieri accumulino ritardi biblici tanto da portare a contenziosi che peseranno sulle casse dello Stato. E non parliamo di un’ipotesi, ma di una certezza.

Perché a parte i 177 interinali prorogati fino a marzo alla luce del conflitto in Ucraina e dedicati alle pratiche per la protezione internazionale dei profughi, sugli altri siamo in alto mare. E questo nonostante a il precedente governo avesse messo nero su bianco l’esigenza di nuovi interinali per le prefetture e li avesse fatti preselezionare a Manpower. Ma dall’arrivo del nuovo esecutivo nessuno li ha ancora assunti e adesso, almeno potenzialmente, sono in concorrenza con gli altri 582 interinali di Manpower in scadenza a fine mese. Più probabilmente, qualcuno dovrà dire loro “abbiamo scherzato”. Insomma, un vero caos e tuttavia coerente con la generale precarizzazione della pubblica amministrazione, che sempre meno assume a tempo indeterminato preferendo i contratti a termine (+ 59% secondo l’Istat) se non, appunto, quelli “in prestito”.

Facciamo un po’ di ordine. Il migliaio di lavoratori in agitazione è formato da 177 interinali di Gi Group impiegati presso le commissioni territoriali e la IV sezione immigrazione delle questure, dai 408 della medesima agenzia che presso la II sezione immigrazione delle questure e i 582 di Manpower in forza alle prefetture sul decreto Bellanova. I primi erano stati assunti per il progetto EmAs (Empowerment Asylum Commission), finanziato da fondi europei, a supporto delle questure su asilo a protezione internazionale. Il progetto è concluso e l’ultima proroga concessa loro termina il prossimo 27 marzo. Per gli altri 408 l’ancora di salvezza è arrivata solo ieri, a tre giorni dalla scadenza, con l’annuncio di una nuova gara il cui esito dovrà però garantirne l’assunzione. Ritardi che comunque non facilitano il lavoro delle questure. Quanto ai 582 delle prefetture, buio assoluto. E siccome l’Italia è ormai un paese che procede di emergenza in emergenza, di deroga in deroga e di precario in precario, i fondi vanno trovati di anno in anno.

E’ così per i 37 milioni di euro appena autorizzati in legge di Bilancio che gli Interni potranno spendere nel 2023 per circa 700 posti in somministrazione, senza che ancora si sappia alcunché sui tempi delle nuove gare. Con il rischio, tuttora in piedi per le prefetture, di perdere chi ha maturato due anni di esperienza e di dover formare da zero chi verrà forse a sostituirli. Non sono dettagli, perché tra questure e commissioni “parliamo di persone che coprono anche l’ordinaria amministrazione, e in loro assenza dovranno occuparsene agenti di polizia sottratti alla sicurezza e a loro volta prestati alla burocrazia”, spiega Daniel Zanda, segretario della FeLSA, la federazione lavoratori somministrati atipici e autonomi della Cisl che, insieme a Cgil e Uil lo scorso 21 dicembre hanno portato in piazza a Roma gli interinali del ministero degli Interni. Al governo i sindacati hanno chiesto “tempi certi e soluzioni ponte che garantiscano i lavoratori nell’attesa dei concorsi. Ma ci deve essere una forte clausola sociale che dia continuità al servizio e valorizzi l’esperienza maturata”, dichiara Zanda. L’ok del governo è arrivato ieri per i soli 408 da riassegnare alle questure, si spera in tempo utile.

E i 582 prestati alle prefetture per attuare il decreto 34/2020 della Bellanova sull’emersione del lavoro nero? Se possibile, le cose sono ancora più complicate e lo spreco di fondi pubblici è dietro l’angolo. Perché non c’è nulla all’orizzonte. Come anticipato, a luglio il governo Draghi aveva chiesto a Manpower di preselezionare altri 300 operatori per snellire i numeri del decreto flussi 2022, per la prima volta in dieci anni più sostanzioso dei precedenti, così com’è quello appena varato da Giorgia Meloni per il 2023, che supera gli 80mila ingressi di lavoratori immigrati. I fondi sono gli stessi ma in questo caso non si muove foglia. Peggio, con i 582 interinali che rivendicano l’esperienza maturata e il diritto di prelazione su quei 300 posti siamo all’ennesima guerra tra precari, figlia di una pubblica amministrazione a sua volta sempre più precaria, che penalizza la qualità dei servizi quando addirittura non li compromette del tutto. Come accade per le procedure sull’emersione del lavoro nero, tutt’altro che concluse.

Nelle prefetture delle principali città ci sono ancora migliaia di pratiche e i ritardi accumulati hanno già innescato molti ricorsi per inadempimento. Dal primo gennaio gli operatori incaricati delle pratiche saranno decimati dal licenziamento degli interinali e gli uffici accumuleranno altri ritardi che vedranno i tribunali amministrativi condannare il ministero degli Interni e Pantalone pagare per l’inadeguatezza di uno Stato precario. Una strategia al ribasso, che trasforma la pubblica amministrazione in un datore di lavoro che butta i soldi investiti nella formazione e spreca l’esperienza pur di usare lavoratori assunti con contratti deboli che non offrono garanzie per il futuro.

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