di Pietro Francesco Maria de Sarlo
Tra le cose che porterà via con sé il 2022 c’è il Superbonus 110. Misura che non piaceva a Mario Draghi e ancor meno al neoministro Giancarlo Giorgetti, perché: “Mai nella storia una misura che costasse così tanto è andata a beneficio di così pochi” e i pochi sarebbero i più benestanti.
Certamente per ottenere il Superbonus 110 occorreva essere proprietari di case e quindi, per definizione, non poveri. Però il limite di spesa per unità immobiliare per l’Ecobonus era di 50 mila euro per singola unità indipendente e di 30-40 mila euro per unità nei condomini, in funzione della loro grandezza. Per il Sismabonus di 96mila euro per unità. Poco per ristrutturare immobili e ville di lusso.
Secondo uno studio del Censis la misura, tra agosto 2020 e ottobre 2022, ha prodotto circa 900mila posti di lavoro, persone che quindi non hanno avuto necessità del Reddito di Cittadinanza. E pensare che in tempi recenti si vincevano le elezioni promettendo un milione di posti di lavoro! Inoltre nessuna delle misure del Superbonus consentiva la ristrutturazione delle case, ma ben altro.
Partiamo dell’Ecobonus 110%. C’è il riscaldamento climatico. Compriamo energia da paesi di discutibile democrazia e vogliamo aumentare le estrazioni di gas con i rischi di subsidenza e terremoti, che ci hanno portato nel passato a fermarle. Una delle strade da percorrere è la riduzione dei consumi anche rendendo gli edifici autosufficienti dal punto di vista energetico. Secondo il citato rapporto del Censis (pag. 18) al 31/10/2022, si stima che l’Ecobonus 110% abbia ridotto i consumi di energia di 11.695 GWh/anno. Per Eon Energia ogni italiano consuma 4.454 kwh/anno. Per illuminare Roma servono 150 milioni di kwh.
Quindi l’EcoBonus 110 fa risparmiare ogni anno l’equivalente del consumo di 2.568.072 italiani o può illuminare Roma per 78 anni. Se così è, dovremmo considerare gli edifici come delle infrastrutture pubbliche, che possono potenzialmente produrre o far risparmiare energia facendo investimenti che hanno tempi di rientro che i privati non si possono permettere.
Il SismaBonus 110% serve invece per migliorare la risposta sismica degli edifici e, ovviamente, si poteva chiedere solo in zone sismiche. Anche qui si tratta di investimenti che raramente i privati hanno la possibilità di fare, perché occorre intervenire sulle strutture portanti – e inoltre le aree interessate riguardano specialmente i tanti paesi dell’Appennino ormai deserti e dove il valore commerciale degli immobili è nullo.
In questi paesi si sono spesi, si spendono e si spenderanno montagne di euro di fondi europei e del Pnrr per B&b, agriturismi e alberghi diffusi per attrarre turisti. Il vero asset di questi posti è costituito dagli emigrati e dai loro discendenti che amano passare dei periodi di vacanza nei luoghi di provenienza. Ma man mano che i parenti rimasti passano a miglior vita e che con il tempo le case diventano sempre più scomode e fatiscenti queste persone tendono a non tornare più.
Il SismaBonus ha rappresentato una forma intelligente per rivitalizzare questi luoghi in modo che con questa misura, oltre a mettere in sicurezza le case, qualcuno sia invogliato a spendere anche di suo per le cose che la misura non prevede (infissi nuovi, riscaldamenti se non presenti, ecc). Pare si preferisca, invece di fidelizzare chi trascorre già periodi di ferie in questi luoghi, cercare improbabili turisti finendo con l’avere paesi pieni di B&b e agriturismi deserti, case destinate a crollare e non solo al primo terremoto, e la perdita di un intero patrimonio culturale rappresentato dai nostri borghi montani, destinati così a scomparire.
Secondo Nomisma, a fronte di un costo di 38 miliardi, il Superbonus ha fruttato 124,8 miliardi, un valore pari al 7,5% del Pil, niente male come misura anticiclica. Dati sbagliati? Sarà. Ma io ho invece il sospetto che a Draghi e Giorgetti la misura non piaccia perché realizzata dal M5s.